mercoledì 29 novembre 2017

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sabato 18 novembre 2017

lunedì 13 novembre 2017

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lunedì 23 ottobre 2017

venerdì 20 ottobre 2017

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domenica 15 ottobre 2017

Blade Runner 2049 (Denis Villeneuve, 2017)

Più che nell'originale, in Blade Runner 2049 pesa la sceneggiatura: resta a valle il vero motore del film, la sua ragion d'essere. È chiaramente il risultato di vari copioni scritti lungo molti anni, e di ciascuno di essi non si è riuscito a stralciare tutto, dimodoché il copione definitivo parte zavorrato dalle versioni precedenti, per arrivare alla durata finale e non proprio giustificata. Molte situazioni partono sulla carta già vecchie e sullo schermo stentano a trovare una loro autonomia. Pesa molta fantascienza cinematografica e videoludica degli ultimi tre decenni; pesa tra tutti un film fantasma, che è A.I. di Stanley Kubrick.
Villeneuve viene chiamato a risolvere e trasfigurare il tutto, e ci riesce quasi sempre, ma non riesce a snaturare e soprattutto a sostituirsi al chimerico testo di partenza. Di suo ci mette l'incontestabile visionarietà di spazi immensi e tuttavia indecifrabili; esalta rime esterne (con il primo Blade Runner) e interne. Gli si chiede di risolvere l'anonimo testo hollywoodiano in versi, con un occhio a Stalker e Solaris. Ma – ed era già il problema dell'originale, scavalcato negli anni dall'immaginario collettivo – le parole a fine verso che Villeneuve si ritrova a disposizione appartengono al registro di "fiore", "cuore", "amore". Con Tarkovskij le parole erano altre. O meglio: erano a malapena "parole".

domenica 8 ottobre 2017

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giovedì 28 settembre 2017

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mercoledì 6 settembre 2017

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giovedì 3 agosto 2017

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venerdì 9 giugno 2017

domenica 21 maggio 2017

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lunedì 8 maggio 2017

No More Mr. Nice Guy: Macron al Louvre

– I expected someone like you. What did you expect? Are you an assassin?
– I'm a soldier.
– You're neither. You're an errand boy, sent by grocery clerks, to collect a bill.

Ai francesi non è stato concesso neppure un giorno di tregua.

Ieri sera, nella messinscena del Louvre, il frastornante "Inno alla gioia" era un trattamento Ludovico imposto a tutta una nazione: il vostro No espresso alla luce del giorno al fascismo di Le Pen si è tramutato al calare del sole in un Sì alla "Costituzione" europea che avevate rigettato nel 2005. "Statece": inchiodati davanti alla tv, con gli occhi sbarrati e il volume a manetta.
La strana camminata – dalla lentezza troppo a scatti per essere ieratica ma priva di umorismo montypythonesco – di una silhouette sfacciatamente bassa compensata da un'ombra sfacciatamente lunga, dove tutti hanno visto Napoleone e forse solo io il William Harford di Eyes Wide Shut cui si aprono finalmente none porte della Legge grazie a un "Fidelio" assegnato a forza da milioni di elettori.
Il volto lunare del prescelto e l'apice di una piramide divina in congiunzione astrale e perfettamente simmetrica ottenuta grazie a un'angolatura dal basso e centrale.
Il tutto in un'oscurità cosmica, nel buio notturno di un ritorno allo spazio riservato ai re, ai tempi in cui torpide Lady Lyndon firmavano assegni a rampanti avventurieri.

Chiaro: non fosse morto, riconosceremmo subito il regista di queste immagini. È lo stesso che girò lo sbarco sulla Luna.

Invece la messinscena è firmata dai comunicatori della campagna di Macron. A un certo punto anche i canali televisivi francesi si sono sentiti in dovere di dare l'informazione, con un brevissimo sottotitolo: "that's entertainment".
È come se i registi dell'incoronazione di Emmanuel Macron avessero avuto un'intuizione. Il nostro candidato viene attaccato come l'uomo dei banchieri, della mano invisibile del potere, del falso, della massoneria, dei produttori di Armstrong che a scatti poggia il piede sulla Luna in uno studio hollywoodiano.
Allora noi li prendiamo in contropiede. Li mandiamo in cortocircuito: eccolo, il caro vecchio Ludwig Van; eccola, l'orgia misterica di tutti i Palazzi della finanza; eccola, l'alba dell'umanità; eccola, la notte di tutte le Républiques. E quindi li lasciamo "radicalizzarsi": la massoneria, la piramide, Dio, la Luna, il dito, la notte, la moglie anziana, il tizio con il berretto, Beethoven. Si facciano esplodere in rete.

Una novità: in analoghe messinscene recenti, i personaggi e i canovacci comportavano sempre una componente comica, la battuta, "l'ironia" d'ordinanza, a volte la "simpatica" cialtronaggine, nella peggiore delle ipotesi il ghigno. Il film Macron al Louvre è plumbeo, è il "No more mister Nice Guy" di un horror di Wes Craven che lo psicopatico "fritto" sulla sedia elettrica minacciava sarcastico al mondo intero: prima di reincarnarsi, complice la rete elettrica, su tutti i televisori domestici. È stato invece paragonato nelle ultime ventiquattr'ore a Mitterrand al Panthéon (regia di Serge Moati), ma stranamente non ho sentito nessuno che ricordasse cosa ci facesse nel 1981 il presidente neoeletto al mausoleo: andava a raccogliersi davanti alla tomba di Jean Moulin. Tra Mitterrand e il "sacro" c'era una storia precisa. La storia raccontata dal film era falsa, come si scoprì negli anni, ma qualcosa in quel preciso momento raccontava. Tra Macron e la Piramide non c'è alcuna storia: una pagina bianca. O meglio, riempita di simboli decapitati (i re) o fasulli (icone date in pasto ai complottisti).

Vivo da quarant'anni a Parigi, uno spettacolo così sinistro non l'ho mai visto in tutta la storia politica francese.
Un giorno, a bocce ferme, accantonati i codici Da Vinci e dando per scontato l'allunaggio, di questa oscenità spero che si potrà parlare.



– They told me that you had gone totally insane, and that your methods were unsound.
– Are my methods unsound?

– I don't see any method at all, sir.

venerdì 14 aprile 2017

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