Un film da consigliarti che forse non hai visto.
La Traque di Serge Leroy, 1975.
Tirato giù alla cieca solo per l'alta quotazione in rete, perché che io sappia il regista non ha combinato nulla di memorabile.
Notevolissimo, ma occhio: è veramente tosto.
Vademecum senza spoiler:
1) All’inizio c'è una scena sconvolgente, tutti i personaggi (tranne uno, anzi una) all'osteria che mangiano, sembra una scena alla Chabrol solo che diversamente da Chabrol non si capisce nulla di quello che dicono (anche perché buona parte della conversazione tratta in media res di questioni notarili), siamo quasi dalle parti del documentarismo rurale alla Georges Rouquier di Farrebique. Quindi, e vale direi per tutto il film, come spesso con i francesi, audaci contrariamente agli italiani nell'uso della presa diretta:
2) Va visto con i sottotitoli (già compresi nelle versioni anche ad alta qualità circolanti in rete), ma soprattutto:
3) Bisogna tener presente che tutti gli attori del film sono l'esatto contrario del cinema verità, del documentarismo, ecc. Si tratta di attori navigatissimi e più che noti al pubblico francese dell'epoca. Ritroverai, e riconoscerai di certo Lonsdale, scommetto Marielle, forse Crauchet, addirittura un Michel Constantin; ma posso assicurarti che io, pure "cinéphile" francese dal 1981 circa, quindi solo dall'età di dieci anni circa, li ho colti tutti e subito tranne uno.
Quest'ultimo punto è cruciale, direi, per la lettura corretta del film, molto bello ma durissimo, ripeto come ultima avvertenza.
Il parco attori è quello strapopolare su cui lavorava Buñuel nei suoi ultimi film: i Pierre Maguelon, i Julien Bertheau, i Jean Rochefort, ecc. ecc.
Questa scommessa buñueliana non è mai stata sufficientemente sottolineata, forse perché un po' era la norma del cinema d'autore francese, dal Gabin (sarebbe meglio dire dai Gabin) di Renoir alla Bardot di Godard alla Marceau di Zulawski (indipendentemente dagli esiti), e forse perché la principale caratteristica del cinema francese, almeno secondo me che va detto non sono particolarmente ferrato nelle letture nazionalistiche della storia cinematografica, è proprio quella di saper rinnovare costantemente e da sempre il proprio parco attori in tutti i modi possibili, coprendo tutte le possibilità e permettendo dunque ogni permutazione e contaminazione.