sabato 6 ottobre 2012

Le Repas de bébé

Moi, je connais de jolies histoires. Et je fais de belles cocottes en papier !

Mi sono accorto che Mon oncle è un film senza primi piani. Il vocabolario di Tati pare non conoscerli. Ormai una scelta del genere mi pare più audace (o tignosa) di quella di un Chaplin che disdegna il sonoro. Il massimo di avvicinamento ai personaggi è in queste due inquadrature. Entrambe vedono il bambino in identica posizione: annoiato.


Per certi versi è come se Tati perseguisse deliberatamente la visione non antropocentrica dei primi Lumière, forse passando attraverso l'esperienza percettiva del circo (di cui non so nulla). Di tutti i personaggi di Mon oncle, Hulot è il meno visibile e Tati vuole che sia così: si piega, si volta, mette la mano davanti alla faccia appena ne ha l'occasione e a volte sfidando la cosiddetta naturalità (infatti non è natura ma cultura). Forse anche in reazione all'eccessivo protagonismo chapliniano (penso in particolare a Tempi moderni e al Grande dittatore), anticipando e oltrepassando l'aspetto programmatico di un Film keatonbeckettiano. Il corpo fisico di Hulot, il suo sfumare progressivamente nell'indistinto (sempre meno corpo), fino all'astrattezza (sempre meno fisico), diventa insomma il manifesto (locandina del suo aiuto regista Pierre Etaix) dell'immagine cinematografica secondo Tati. L'occhio dello spettatore non è guidato, non è diretto: non a caso l'evoluzione dell'opera tende alla bidimensionalità, alla composizione pittorica non figurativa, in modo sempre più netto e a volte arduo se non faticoso (Trafic, alcune parti di Playtime). Monsieur Hulot attraversa questi spazi, ma in modo sempre meno "umano", e il nostro sguardo, che vorrebbe seguirlo, si perde nelle figure geometriche, nei poligoni colorati dello schermo. Più che di miopia, si potrebbe parlare di strabismo. Infatti era tutto previsto fin dai primordi: il leader Jacques Tati è un chiodo.

[Quando pubblicai il post qui c'era un video ora irreperibile. Quelli di StudioCanal sono completamente idioti.
La sequenza è comunque celeberrima: imprevisto giorno di festa al villaggio, il volenteroso postino Tati si propone non richiesto di dirigere "i lavori", ci sono "cose" da allestire, montare, costruire in fretta e furia. Tra queste, piantare un chiodo nell'estremità di un'asse di legno. Lui tiene fermo il chiodo sull'asse, un compaesano ripreso di spalle si presta a colpirlo con il suo martellone. E lo manca. Il chiodo è enorme, è il chiodo più grande della storia dell'umanità. E però lo manca: son cose che capitano. Allora Tati dice riproviamo. E quello lo manca di nuovo. Allora Tati lo guarda, e grazie a un primo piano scopriamo il volto del nostro martellatore. È completamente strabico. Pas d'problème: basta dirgli di colpire con il martello sull'estremità opposta, no? Lui esegue diligente, sbaglia come da copione, colpisce il chiodo ed ecco fatto. Semplicità.]

NOTE SPARSE:
1. Attraverso soluzioni non così diverse, si ritrova la medesima sensazione in alcune sequenze dei film di Jerry Lewis e in particolar modo nell'assolutamente folle Ragazzo tuttofare.
2. Andrea-Emilio Rizzoli mi fa notare: "Ricordo un suo cameo in un Truffaut (probabilmente Domicile conjugal) dove cercava di entrare in un vagone della metro, indeciso tra un ingresso e l'altro. Pochi secondi di arte assoluta". Me ne ero completamente dimenticato. Ho trovato la scena. Ho pensato "uh, ma quello non sembra Tati". Ma dato quel che si diceva poteva benissimo essere Tati, appunto, perché in qualche modo "non si somiglia". Ho cercato in un libro su Truffaut: l'attore che interpreta Tati che interpreta Hulot si chiama Jacques Cottin. QED. (Fatte ulteriori ricerche. Vertiginoso, per usare un aggettivo roso dalle tarme.)
3. «La grand-mère dit: "Je vais me servir de la margarine X". Et le grand-père qu'on représente répond: "Mais tu es folle! A nos âges, on ne change pas nos habitudes!"» (professeur Y). E quindi, a progresso concluso, il futuro apparterrà ai cani, come insegna Simak. Intanto il furbissimo nipotino John Landis raccatta l'accendisigaro della "car of tomorrow" sull'autoroute: e chiede a Belushi di riscaraventarlo dal finestrino della bluesmobile.

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