Copincollo qui rielaborandole
appena alcune mie riflessioni circa il video di James Foley, scritte a
caldo nelle ore che sono seguite alla sua diffusione (tranne l'ultimo
punto preceduto da asterischi, di oggi) in una conversazione a più voci
che si può leggere interamente qui. Ho
rivisto il video varie volte e ho cambiato idea varie volte, fino al
punto in cui naturalmente non si hanno più idee. Prendi questo post come
una sorta di storify.
Una
sola considerazione preliminare: nei minuti successivi alla notizia si è
immediatamente attivata in rete la gara allo statement "io non lo
guarderò". Un amico retwittava alcune di queste dichiarazioni di fede
nolente. Gli scrissi per due volte consecutive, con un'insistenza
singolare per le nostre modalità di scambio, dicendogli che il video,
stavolta, ci toccava vederlo. Capivo e condividevo la sua rabbia, ma
sentivo anche che qualcosa non andava. L'indomani hanno iniziato a
manifestare il medesimo atteggiamento giornalisti e opinionisti della
comunicazione mainstream. Poi sono arrivati gli editoriali.
L'informazione italiana, insomma, ci teneva a comunicare a tutti che non
avrebbe studiato la fonte, non avrebbe visto il video (alcuni si son
spinti iperbolicamente ad affermare che rifiutavano persino di guardare
un solo frame), non avrebbe analizzato nulla, e quindi informava i
lettori che si considerava libera dal dovere di fornire qualsivoglia
informazione che non riguardasse se stessa e i propri "stati d'animo".
Questa giunzione tra rete e mezzi di comunicazione, tra l'io del social
network e quello della carta stampata, mi sembra chiudere in bellezza
l'estate.
Gli
snuff movie, nel nostro immaginario (ché nessuno li ha mai visti)
puntano sulla continuità temporale, sul dettaglio cruento in bella
mostra, su ciò che viene rappresentato e non sul modo in cui viene
rappresentato. Puntare sul modo crea una distanza: perché volerla
creare, qui? Non ci dovrebbe essere un alternarsi tra immagini iniziali
graffiate "alla Grindhouse" (il discorso di Obama), come se
appartenessero a un passato remoto, e immagini iperrealiste e
patinatissime. In parole povere, uno snuff movie non è girato da De
Palma. Questo video, invece, sembra girato da De Palma.
Se non guardi il video, inorridisci; ma se lo guardi, tutto è congegnato in modo da farti interrogare sulla sua fabbricazione.
L'interpretazione
di "Le Monde" sarebbe che si è scelta una forma in qualche modo "soft"
per non dissuadere eventuali nuove reclute. Di mio aggiungo la
possibilità che le nuove tecnologie permettano ormai di ottenere in modo
facile e rapido una qualità standard, che proprio in quanto tale si
trova sganciata da qualsiasi intenzionalità: una forma insignificante,
insomma (scienza senza coscienza ecc.). La maggior parte dei film oggi è
così. Un tempo una carrellata poteva essere "oscena", "morale", ecc.
Oggi la stragrande maggioranza di esse non è nulla. Ambedue le
interpretazioni non spiegano però tutte le stranezze del video. Le
stranezze restanti potrebbero essere spiegate da una soluzione
agghiacciante, modello "fucilazione di Mario Cavaradossi".
Ripeto,
il modello potrebbe essere il filmato vero/finto finto/vero di De
Palma, più che le serie tv. In soldoni: gli aguzzini chiedono alla
vittima di pronunciare un testo/testamento distintamente, dopodiché lo
decapiteranno per finta. E così avviene (la lama che non convince,
l'assenza di sangue). Quindi lo decapitano davvero. Moglie piena e botte
ubriaca: l'attore ha recitato bene, ora possiamo sbarazzarcene.
La
fattura curatissima, ripeto, potrebbe essere legata alle esigenze
descritte da "Le Monde", oppure essere frutto di una qualità
indifferente, celibe. O un mix delle due cose. (O altro, certo: l'unica
cosa sicura è che quella fattura è indiscutibile.)
Ho
appena rivisto il video e non credo più all'ipotesi "macchina celibe". È
costruito troppo bene, l'intenzionalità è evidente e solida. Colpisce,
tra l'altro, l'uso perfettamente calibrato di tre registri d'immagini
successivi. Prima la dichiarazione ufficiale di Obama, graffiata
artificialmente come se fosse una vecchia vhs, reperto del passato
ritrovato dagli alieni: i sogni telepatici inviati dall'avvenire in Prince of Darkness, le immagini mentali di Fino alla fine del mondo. Quindi gli infrarossi delle operazioni militari segrete,
anch'esse con il loro retaggio storico e televisivo (ma anch'esse
sembrano sfruttate con la consapevolezza delle successive
destrutturazioni, compiute appunto da un De Palma e da altri). Infine la
verità: spogliata di ogni orpello, "nuda": un mare di sabbia con
due uomini al centro, sotto una luce metafisica, iperrealista. Gus Van
Sant, mettiamo. I tre registri sono convenzionali, ovviamente, ma in
qualche modo ancora efficaci. Ma perché siano efficaci, chi ha costruito
il video deve sapere che sono convenzionali (come dire: deve sapere, ad
esempio, che il "registro della verità" non è "la verità").
Quel che si ricerca, forse, è appunto l'immagine-archetipo, mentale, diciamo junghiana (se preferite: kubrickiana; Shining
è il miglior film della storia sui fantasmi perché è girato da uno che
ai fantasmi non crede affatto). Un artefatto assoluto, insomma: quindi
fuori dallo spazio e dal tempo. Non colpisce nessuno e colpisce tutti.
Tra pochi anni nessuno ricorderà il video di Pearl. Questo is here to stay, come il rock and roll versione horror dell'autoradio di Christine. Produce stupore, paura e recondita ammirazione. Una tragedia greca di due minuti, insomma. Le leggiamo ancora.
Penso
che sia un prodotto occidentale, o che comunque attinga a piene mani al
linguaggio cinematografico occidentale. È una "nostra" produzione. Il
che non significa che non sia roba "loro". Noi, loro. Il problema (che
il video curiosamente conferma) è che dei protagonisti del filmato (quel
nero che parla da solo all'inizio, quel giornalista di cui si eran
perse le tracce da due anni, il tizio incappucciato), per non parlare
dei loro rapporti, conflitti, ecc., noi non sappiamo assolutamente
nulla. È appunto un assoluto minimale.
C'è
un'idea universale, assoluta. Non so neppure se sia un'idea dell'Islam.
Io ci vedo l'Idea e basta. L'archetipo. Si può anche chiamarlo Vuoto, o
Nulla, se si preferisce.
In
questo senso, i due discorsi, quello di Obama e quello del condannato
(peraltro il secondo è espresso in un inglese impeccabile, scritto e
limato, con tutti gli effetti al posto giusto: si percepiscono tutti i
nessi logici, si vedono i punti e virgola), ignorando tutto
quello che ho scritto tra parentesi potrebbero essere sostituiti dalla
lettura dell'elenco telefonico. Mi chiedo se l'effetto principale
cambierebbe.
***
Ieri
sera per una serie di cortocircuiti ho avuto per la prima volta il
sospetto di un'altra stranezza, circa quel video. Vado subito al dunque:
l'idea è la scarsa presenza di un messaggio religioso o pseudoreligioso
che dir si voglia. A verifica compiuta, l'impressione è confermata ma
resta tale o è comunque difficilmente argomentabile a parole. Nelle
didascalie (sfondo nero iniziale, sottotitolo dell'immagine del
bombardamento), il termine "Islamic State" appare 2 volte, "Muslims" 1
volta. Nel discorso di Foley non è rintracciabile alcun termine
appartenente al registro religioso. (In alto a sinistra compare un
piccolo logo, con una sorta di moschea sovrastata dall'inevitabile
mezzaluna; il logo è spesso coperto da una bandiera svolazzante: è
piccolo, ripeto, per posizione e dimensioni non deve distrarre
l'attenzione dello spettatore; deve, sostanzialmente, passare
inosservato.) Quando parla il terrorista incappucciato, abbiamo:
"Islamic State" (2 volte), "Islamic Caliphate" (2 volte); "Islamic Army"
(1 volta), "Muslims" (3 volte). Tutte queste occorrenze sono meri dati
di fatto, non dichiarazioni di fede (dice "Islamic State" perché è un
dato di fatto, così come immagino che sia un dato di fatto che le
vittime dei bombardamenti USA fossero musulmane; o se si vuole esser più
severi, siamo di fronte a una fraseologia di tipo performativo: nel
momento in cui io pronuncio "Islamic State", lo Stato Islamico nasce ed
è). Mai la parola "cristiani", mai "miscredenti", "infedeli", "guerra
santa", "jihad", eccetera. In compenso, l'oscura e pesantissima accusa
fatta agli USA di essere andati "far out of your way to find reasons to
interfere with our affairs", laddove l'espressione volutamente
ambigua "our affairs" sposa (e quindi condivide) un immaginario
tipicamente occidentale, più precisamente americano o di stampo mafioso.
Una dichiarazione politica scritta da Michael Corleone, per intenderci:
e infatti anche lì la religione era usata sfacciatamente come copertura.
(Non dimentichiamo che per l'americano medio la saga del Padrino è un po' la sua Iliade:
e che se inizialmente la famiglia Corleone doveva raccontare
metaforicamente, attraversandolo, il ventesimo secolo degli Stati Uniti,
Coppola piegò il progetto fino a farlo diventare anche, com'era
naturale che fosse, la storia di Hollywood.)