Prevedo che l'uomo si rassegnerà a imprese ogni giorno più atroci; presto non vi saranno più che guerrieri e banditi; dò loro questo consiglio: l'esecutore di un'impresa atroce immagini d'averla già compiuta, s'imponga un futuro che sia irrevocabile come il passato.
Jorge Luis Borges, Finzioni ("Il giardino dei sentieri che si biforcano"), Einaudi, Torino 1955, p. 82.
Jorge Luis Borges, Finzioni ("Il giardino dei sentieri che si biforcano"), Einaudi, Torino 1955, p. 82.
Qualche nota in margine a questo post.
Sul sito del "Nouvel observateur", 29 marzo sera, un breve articolo sull'esito dell'incontro Sarkozy-Cameron colpisce la mia attenzione. Firmato da Vincent Jauvert, in un capoverso entra leggermente in collisione con la linea del settimanale francese, che ho già esposto sommariamente. Dice:
- Il y est affirmé que l'intervention militaire a permis de sauver des 'centaines de milliers de personnes d'une catastrophe humanitaire annoncée'. D'où vient ce chiffre très important? Mystère.
Sì, lo so. Nel link che ho messo sopra questo capoverso non lo trovi. Era il primo punto "strano" della dichiarazione franco-britannica, secondo Jauvert. Dopo poche ore è sparito.
(Ieri mattina, da commentatore, gli ho chiesto gentilmente spiegazioni. Non so proprio cosa mi ha preso, tanto più che i commenti del nouvelobs sono un mix di spam e preoccupante spazioazzurro. Per il momento non ho avuto risposta.)
Quand'è che ho cominciato a dubitare di quel che leggevo sui giornali (soprattutto di centrosinistra, se non nettamente a sinistra, come "il manifesto") e vedevo in tv? Quando vidi le fosse scavate nella sabbia, davanti al Mediterraneo? Forse sì, non ricordo. Ricordo invece la reazione vergognosa che ebbi di fronte all'editoriale di Vittorio Zucconi, l'indomani, su "la Repubblica". Vittorio Zucconi, per molti giorni, firmò gli editoriali sulla Libia. Mi chiedevo perché, con quali credenziali. (E dire che a me Zucconi sta pure simpatico.) E ricordo ancora di non esser riuscito a trattenermi dal notare la strana costruzione dell'articolo, una "littérature du ressassement" (ma da "roman de gare", con un'ideuzza ripetuta ad libitum pur essendo già mediocre in partenza), l'assurdità di un editoriale che girava freneticamente in tondo, come il trito criceto nell'annosa ruota, per arenarsi esausto su un'immagine grottesca:
Se non ci fosse la maledetta spiaggia, soltanto grigia e malinconicamente fuori stagione e fuori tempo, come nel finale dei film di Fellini. Quale governo rispettabile oserà mai più farsi fotografare mentre ossequia e bacia il macellaio di Tripoli, ci si chiedeva ieri? Quale turista, per quanto disperato, oserà mai affondare la paletta in quella sabbia.
Era il 24 febbraio. La paletta mi faceva ridere. Sardonicamente, ma ho riso. Mi sentivo peggio di Jünger a Parigi, questa è la verità. Da un canto. Ma va detto a mia misera difesa che dall'altro canto, forse, qualcosa non mi tornava.
Il giorno dopo (25 febbraio) leggo, sempre su "Repubblica", un articolo di Vincenzo Nigro, l'inviato di "Repubblica" a Tripoli.
Addio paletta di piccoli Burke & Hare, addio maledetta spiaggia tripolitanriminese, addio turista disperato: "F for Fake". Ma nella chiusa tutto viene miracolosamente riesumato: un capolavoro di prestidigitazione che avrebbe ricevuto il plauso di Orson Welles.
Da Bab Al-Aziziya o dal luogo in cui si ripara, Gheddafi comunque sta provando a dare gli ultimi ordini. Carri armati sono stati visti in marcia verso Misurata, a Zawia si è combattuto, dicono che bombe e missili dell'esercito avrebbero colpito i ribelli, 40 morti e anche una moschea distrutta. Da qui, dalla "calma" di Tripoli è difficile, impossibile verificare, sapere, conoscere i dettagli: in albergo confermano che verso Zawia l'esercito, o i mercenari che siano, si preparano a difendere la strada verso Tripoli. Non c'è nessun modo per confermare i racconti di chi ha visto miliziani entrare negli ospedali a uccidere i rivoltosi feriti e ricoverati. Nessuna conferma nemmeno sulla nazionalità dei mercenari (italiani? Sembra impossibile).
Un libico, arrivando con noi in aereo, guardava le foto delle fosse in cui sono state sepolte alcune delle vittime. "Non è una fossa comune, è uno dei cimiteri di Tripoli, vicino al mare, si vedono anche le sepolture più vecchie in secondo piano". Ma ormai è chiaro: nella guerra contro Gheddafi ci sono tante notizie diffuse senza controllo, rilanciate e trasformate in fatti veri.
Tante delle cose di cui accusano Gheddafi oggi sono clamorosamente false. Ma nei 40 anni del suo regno migliaia di ribelli nelle fosse comuni ci sono finiti per davvero: presto qualcuno potrebbe andare a scavare quelle vere. A rovistare nel passato di un regime che questa sera, a Tripoli, ormai sembra senza futuro.
Vertigini temporali, ancora una volta, spiagge dai sentieri che si biforcano. Storpiando l'amico Hayao Yamaneko, "se le immagini del presente sono truccate, usa le immagini vere del passato". Tanto la DeLorean dell'informazione funziona anche invertendo la freccia del tempo, come insegna Martin Amis: back to the past.
26 febbraio. Nigro comincia a essere davvero a disagio. Questo articolo lo lessi sul cartaceo, non avevo accesso alla rete.
I racconti che da Tripoli rimbalzano su Reuters e sulle tivù parlano di decine di morti. È inutile, è impossibile chiedere di andare a controllare, verificare negli ospedali. Una rivoluzione che crolla è pericolosa e bugiarda, una rivoluzione che arriva non è attendibile, e di sicuro usa tutta la disinformazione, le bugie che può inventarsi per rovesciare il regime. Cattive informazioni nella notizia dell' aeroporto militare sotto il controllo dei ribelli, così come bocconi avvelenati sulle fosse comuni in riva al mare che invece sono il triste cimitero di Tayura. […] Troppo tardi il regime si è accorto di alcuni errori, tra cui quello degli ultimi giorni: aver provato a tener fuori i grandi media stranieri, le odiate Al Jazeera e Al Arabiya. [Nigro non pensa o omette di ricordare che Al Jazeera è di proprietà del Qatar, che pare abbia qualche interesse a veder cadere Gheddafi] Dovevano evitare piazza Tahrir, ma è stato un autogol. Dall' estero, parlando al telefono con i libici, inventando e ingigantendo quello che è successo per davvero, i network arabi hanno accelerato la decomposizione del regime. Non è vero che i cacciabombardieri abbiano colpito indiscriminatamente i quartieri di Fashlun, Siahia, Gerganesh: abbiamo visto, ci siamo fatti raccontare le case, le strade, e non ci sono i segni dei bombardamenti. Gli aerei hanno lavorato sulla strada di Misurata contro colonne di ribelli che adesso sembrano di nuovo in marcia verso la capitale.
In questo contesto l'ultima frase è un'ipotesi assolutamente verosimile, ma senza riscontri. Nigro non è sulla strada di Misurata e visto quel che ha appena scritto sorprende l'assenza di fonti. Quel "sembrano" spostato più avanti, tuttavia, mi suona come un'ammissione-lapsus. Ma comunque si noti la differenza che Nigro suggerisce tra i bombardamenti aerei indiscriminati contro i civili (falsi, all'epoca) e quelli contro persone armate (verosimili, ripeto).
Purtroppo sul sito di "Repubblica" l'articolo di Nigro (la cui importanza è testimoniata dal richiamo sulla prima pagina del cartaceo) è indicizzato malissimo. Forse quel giorno non apparve sul sito o più probabilmente ci restò pochissimo, non posso saperlo. Fatto sta che se copi qualsiasi passo e lo incolli virgolettandolo su google ottieni solo quattro risultati (o nove, dipende dal passo citato). E uno di essi rimanda al sito di "Repubblica". Il che è quantomeno strano, se si considera che la rete è un ricettacolo di mammolette pacifiste, complottisti balbuzienti e dietrologi disperatamente alla ricerca del segreto che tramuti in oro la quinta acqua del bollito.
Ed è un peccato perché tra tutti gli articoli di Nigro che ho letto, questo mi sembrava il più documentato, il più interessante, il più onesto.
Il 18 marzo torna Vittorio Zucconi. E chiude definitivamente la questione.
In Libia, come in Egitto, era la voce di una gioventù cresciuta nel sogno di Internet, non nella aspirazione al gilet al tritolo, a chiedere aiuto. A dimostrare di essere pronta a pagare con il proprio sangue la liberazione, mentre qualcuno osava ironizzare sull´esistenza di fosse comuni o distinguere fra sepolture individuali o di massa.
Niente ironia: lo ordina Zucconi. Strano divieto, lanciato da un giornalista che ho spesso apprezzato per la capacità di destreggiarsi nell'arte dell'ironia, che puntella una carriera di articoli sul nulla siderale (buffi costumi locali statunitensi, piccoli cruccetti del nerd, simpatica vita da nonno).
Niente ironia, siamo d'accordo. Ma le notizie? "Non capisco, non si sente!…" Il rumore del Mediterraneo è assordante. In ogni caso la richiesta è maleducata, fortuna che ormai la fa solo "qualcuno": come si permette, come "osa" chiedermelo? Io sono una persona seria, un professionista, per i poveracci che vanno a pesca di notizie c'è Paparazzo.
Visto il tono preferisco ubbidire. Ed è per questo che non ho intitolato il post "Porca paletta".
(1) Lascia sbalorditi, sul sito del quotidiano (diretto proprio da Zucconi) l'assenza assoluta di articoli di esperti. Per settimane la geopolitica si è ridotta a un link che rimandava al sito di "Limes", dello stesso gruppo editoriale. Pochi giorni dopo l'intervento militare il link è stato tolto dalla pagina. Si aspetta ancora il suo ritorno. Forse quel che vi si trova non conforta la linea del giornale, espressa in chiari termini in questa riunione di redazione.
Sul sito del "Nouvel observateur", 29 marzo sera, un breve articolo sull'esito dell'incontro Sarkozy-Cameron colpisce la mia attenzione. Firmato da Vincent Jauvert, in un capoverso entra leggermente in collisione con la linea del settimanale francese, che ho già esposto sommariamente. Dice:
- Il y est affirmé que l'intervention militaire a permis de sauver des 'centaines de milliers de personnes d'une catastrophe humanitaire annoncée'. D'où vient ce chiffre très important? Mystère.
Sì, lo so. Nel link che ho messo sopra questo capoverso non lo trovi. Era il primo punto "strano" della dichiarazione franco-britannica, secondo Jauvert. Dopo poche ore è sparito.
(Ieri mattina, da commentatore, gli ho chiesto gentilmente spiegazioni. Non so proprio cosa mi ha preso, tanto più che i commenti del nouvelobs sono un mix di spam e preoccupante spazioazzurro. Per il momento non ho avuto risposta.)
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Quand'è che ho cominciato a dubitare di quel che leggevo sui giornali (soprattutto di centrosinistra, se non nettamente a sinistra, come "il manifesto") e vedevo in tv? Quando vidi le fosse scavate nella sabbia, davanti al Mediterraneo? Forse sì, non ricordo. Ricordo invece la reazione vergognosa che ebbi di fronte all'editoriale di Vittorio Zucconi, l'indomani, su "la Repubblica". Vittorio Zucconi, per molti giorni, firmò gli editoriali sulla Libia. Mi chiedevo perché, con quali credenziali. (E dire che a me Zucconi sta pure simpatico.) E ricordo ancora di non esser riuscito a trattenermi dal notare la strana costruzione dell'articolo, una "littérature du ressassement" (ma da "roman de gare", con un'ideuzza ripetuta ad libitum pur essendo già mediocre in partenza), l'assurdità di un editoriale che girava freneticamente in tondo, come il trito criceto nell'annosa ruota, per arenarsi esausto su un'immagine grottesca:
Se non ci fosse la maledetta spiaggia, soltanto grigia e malinconicamente fuori stagione e fuori tempo, come nel finale dei film di Fellini. Quale governo rispettabile oserà mai più farsi fotografare mentre ossequia e bacia il macellaio di Tripoli, ci si chiedeva ieri? Quale turista, per quanto disperato, oserà mai affondare la paletta in quella sabbia.
Era il 24 febbraio. La paletta mi faceva ridere. Sardonicamente, ma ho riso. Mi sentivo peggio di Jünger a Parigi, questa è la verità. Da un canto. Ma va detto a mia misera difesa che dall'altro canto, forse, qualcosa non mi tornava.
Il giorno dopo (25 febbraio) leggo, sempre su "Repubblica", un articolo di Vincenzo Nigro, l'inviato di "Repubblica" a Tripoli.
Addio paletta di piccoli Burke & Hare, addio maledetta spiaggia tripolitanriminese, addio turista disperato: "F for Fake". Ma nella chiusa tutto viene miracolosamente riesumato: un capolavoro di prestidigitazione che avrebbe ricevuto il plauso di Orson Welles.
Da Bab Al-Aziziya o dal luogo in cui si ripara, Gheddafi comunque sta provando a dare gli ultimi ordini. Carri armati sono stati visti in marcia verso Misurata, a Zawia si è combattuto, dicono che bombe e missili dell'esercito avrebbero colpito i ribelli, 40 morti e anche una moschea distrutta. Da qui, dalla "calma" di Tripoli è difficile, impossibile verificare, sapere, conoscere i dettagli: in albergo confermano che verso Zawia l'esercito, o i mercenari che siano, si preparano a difendere la strada verso Tripoli. Non c'è nessun modo per confermare i racconti di chi ha visto miliziani entrare negli ospedali a uccidere i rivoltosi feriti e ricoverati. Nessuna conferma nemmeno sulla nazionalità dei mercenari (italiani? Sembra impossibile).
Un libico, arrivando con noi in aereo, guardava le foto delle fosse in cui sono state sepolte alcune delle vittime. "Non è una fossa comune, è uno dei cimiteri di Tripoli, vicino al mare, si vedono anche le sepolture più vecchie in secondo piano". Ma ormai è chiaro: nella guerra contro Gheddafi ci sono tante notizie diffuse senza controllo, rilanciate e trasformate in fatti veri.
Tante delle cose di cui accusano Gheddafi oggi sono clamorosamente false. Ma nei 40 anni del suo regno migliaia di ribelli nelle fosse comuni ci sono finiti per davvero: presto qualcuno potrebbe andare a scavare quelle vere. A rovistare nel passato di un regime che questa sera, a Tripoli, ormai sembra senza futuro.
Vertigini temporali, ancora una volta, spiagge dai sentieri che si biforcano. Storpiando l'amico Hayao Yamaneko, "se le immagini del presente sono truccate, usa le immagini vere del passato". Tanto la DeLorean dell'informazione funziona anche invertendo la freccia del tempo, come insegna Martin Amis: back to the past.
26 febbraio. Nigro comincia a essere davvero a disagio. Questo articolo lo lessi sul cartaceo, non avevo accesso alla rete.
I racconti che da Tripoli rimbalzano su Reuters e sulle tivù parlano di decine di morti. È inutile, è impossibile chiedere di andare a controllare, verificare negli ospedali. Una rivoluzione che crolla è pericolosa e bugiarda, una rivoluzione che arriva non è attendibile, e di sicuro usa tutta la disinformazione, le bugie che può inventarsi per rovesciare il regime. Cattive informazioni nella notizia dell' aeroporto militare sotto il controllo dei ribelli, così come bocconi avvelenati sulle fosse comuni in riva al mare che invece sono il triste cimitero di Tayura. […] Troppo tardi il regime si è accorto di alcuni errori, tra cui quello degli ultimi giorni: aver provato a tener fuori i grandi media stranieri, le odiate Al Jazeera e Al Arabiya. [Nigro non pensa o omette di ricordare che Al Jazeera è di proprietà del Qatar, che pare abbia qualche interesse a veder cadere Gheddafi] Dovevano evitare piazza Tahrir, ma è stato un autogol. Dall' estero, parlando al telefono con i libici, inventando e ingigantendo quello che è successo per davvero, i network arabi hanno accelerato la decomposizione del regime. Non è vero che i cacciabombardieri abbiano colpito indiscriminatamente i quartieri di Fashlun, Siahia, Gerganesh: abbiamo visto, ci siamo fatti raccontare le case, le strade, e non ci sono i segni dei bombardamenti. Gli aerei hanno lavorato sulla strada di Misurata contro colonne di ribelli che adesso sembrano di nuovo in marcia verso la capitale.
In questo contesto l'ultima frase è un'ipotesi assolutamente verosimile, ma senza riscontri. Nigro non è sulla strada di Misurata e visto quel che ha appena scritto sorprende l'assenza di fonti. Quel "sembrano" spostato più avanti, tuttavia, mi suona come un'ammissione-lapsus. Ma comunque si noti la differenza che Nigro suggerisce tra i bombardamenti aerei indiscriminati contro i civili (falsi, all'epoca) e quelli contro persone armate (verosimili, ripeto).
Purtroppo sul sito di "Repubblica" l'articolo di Nigro (la cui importanza è testimoniata dal richiamo sulla prima pagina del cartaceo) è indicizzato malissimo. Forse quel giorno non apparve sul sito o più probabilmente ci restò pochissimo, non posso saperlo. Fatto sta che se copi qualsiasi passo e lo incolli virgolettandolo su google ottieni solo quattro risultati (o nove, dipende dal passo citato). E uno di essi rimanda al sito di "Repubblica". Il che è quantomeno strano, se si considera che la rete è un ricettacolo di mammolette pacifiste, complottisti balbuzienti e dietrologi disperatamente alla ricerca del segreto che tramuti in oro la quinta acqua del bollito.
Ed è un peccato perché tra tutti gli articoli di Nigro che ho letto, questo mi sembrava il più documentato, il più interessante, il più onesto.
Il 18 marzo torna Vittorio Zucconi. E chiude definitivamente la questione.
In Libia, come in Egitto, era la voce di una gioventù cresciuta nel sogno di Internet, non nella aspirazione al gilet al tritolo, a chiedere aiuto. A dimostrare di essere pronta a pagare con il proprio sangue la liberazione, mentre qualcuno osava ironizzare sull´esistenza di fosse comuni o distinguere fra sepolture individuali o di massa.
Niente ironia: lo ordina Zucconi. Strano divieto, lanciato da un giornalista che ho spesso apprezzato per la capacità di destreggiarsi nell'arte dell'ironia, che puntella una carriera di articoli sul nulla siderale (buffi costumi locali statunitensi, piccoli cruccetti del nerd, simpatica vita da nonno).
Niente ironia, siamo d'accordo. Ma le notizie? "Non capisco, non si sente!…" Il rumore del Mediterraneo è assordante. In ogni caso la richiesta è maleducata, fortuna che ormai la fa solo "qualcuno": come si permette, come "osa" chiedermelo? Io sono una persona seria, un professionista, per i poveracci che vanno a pesca di notizie c'è Paparazzo.
Visto il tono preferisco ubbidire. Ed è per questo che non ho intitolato il post "Porca paletta".
(1) Lascia sbalorditi, sul sito del quotidiano (diretto proprio da Zucconi) l'assenza assoluta di articoli di esperti. Per settimane la geopolitica si è ridotta a un link che rimandava al sito di "Limes", dello stesso gruppo editoriale. Pochi giorni dopo l'intervento militare il link è stato tolto dalla pagina. Si aspetta ancora il suo ritorno. Forse quel che vi si trova non conforta la linea del giornale, espressa in chiari termini in questa riunione di redazione.
5 commenti:
Sten. Ieri ho sentito che tutti i giornalisti lì prendono le notizie da Al Jazeera. Ed Al Jazeera prende le notizie da Youtube. Tubi di Hibraim, ad esempio.(non è stentube, purtroppo). Che devo dirty ? La realtà è quella che vuoi vedere. Pensa che non so chi è il nostro ministro degli Esteri.
Comunque. Gheddafi ha urlato in tv che li sarebbe andati a massacrare casa per casa. E quello era Gheddafi. Almeno, credo.
Il nostro ministro degli esteri è Franco Frattini (anche se io lo chiamo Frittini) ed ecco quello che penso di lui.
Ma secondo me la soluzione da lui confusamente proposta meritava qualcosa di più che un'alzata di spalle. Probabilmente Gheddafi avrebbe rifiutato, e ora è di certo troppo tardi.
Penso anche che in questo caso Francia, Germania, Gran Bretagna e Usa abbiano dato prova di follia non chiedendo all'Italia di partecipare alla teleconferenza.
Pieno accordo con te, Sten. Quella proposta andava comunque discussa, ed era molto condivisibile. (Fatta qualche giorno prima, magari). Sten, noi non ci vogliamo rendere conto di un problema. Ci trattano come cani rognosi. Hanno ragione. Nessun altro popolo avrebbe un Presidente del Consiglio così. Ed io sono attorniato di persone che non si rendono più conto che quello è un Presidente del Consiglio che RAPPRESENTA l'Italia nel mondo. No. E' un pazzo, un comico, un burlone. Ed allora preferisco gli Zombie. Posso, a volte, trovarmi in disaccordo con loro. Ma, ancora, ragionano.
Repubblica, che se non telefona a Caracciolo difficilmente si orienta fuori dai patri confini, ne ha uno buono. Si chiama Bernardo Valli. Da quando l'ha mandato a coprire la rivolta i toni sono cambiati. Per il resto, un reporter sta ad un editorialista come Jimi Hendrix sta a Red Ronnie (ed il blogger è il tizio che si porta dietro il computer alle feste degli amici per infastidisce il prossimo con le sue playlist...).
Purtroppo le mie conoscenze musicali (più o meno ferme a Elvis Presley) non mi permettono di apprezzare i paragoni. Direi che esistono reporter, editorialisti e blogger pessimi, mediocri, eccellenti. Ormai servono tutti e tre. No, il problema qui che pongo è un altro, non si tratta di dir male di nessuno, né di Nigro (che lavora in condizioni difficili e più di altri suoi colleghi quasi sempre chiusi nell'albergo ha almeno l'onestà di ricordarlo ogni qualvolta gli è possibile, esplicitamente, o tra le righe) né addirittura di Zucconi (che non disprezzo affatto, ripeto). Il punto, almeno per me, è che in un momento essenziale di formazione dell'opinione pubblica, la certezza di stare nel giusto mi è sembrata inversamente proporzionale al numero di argomenti, di prove e di fatti addotti a suffragare tale certezza. Una parte di queste prove, di questi fatti, si sono rivelati falsi. La maggioranza di quel che restava non è stata mai veramente verificata. La colpa non è di Nigro, piuttosto di una linea editoriale messa in avanti rispetto a tutto il resto. Se ti vai a vedere la riunione di "Repubblica" che ho linkato nella nota alla fine del post (riunione resa pubblica dallo stesso sito di "Repubblica") non potrai fare a meno di notare che il direttore, piuttosto che chiedere ai suoi caporedattori "Bene, oggi che notizie abbiamo?" sembra unicamente preoccupato di annunciare la posizione che il giornale ha deciso di adottare. A questo punto, mi dirai, poco importa: ci informeremo seguendo i quotidiani briefing militari, e siccome siamo intelligenti faremo la tara e capiremo qualcosa di quel che sta succedendo laggiù.
…
Sì, solo che da quando è cominciata questa guerra tu ne hai visti, di briefing militari?
Parliamoci chiaro: ricordi forse una guerra così "al buio", negli ultimi sessant'anni?
P.S.: Comunque sforzandosi qualcosa da leggere si trova.
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