lunedì 9 giugno 2008

Orson Welles — Un fogliettone

II
DOMENICA, 30 OTTOBRE 1938: MAMMA, LI MARZIANI!

A New York sono le otto di sera: tra euforia per la ripresa economica e timori per l’avvenire (la crisi di Monaco risale ad appena trentacinque giorni prima), l’America si prepara per la festa di Halloween. Sulla CBS risuonano le note dell’orchestra di Ramon Raquello, che interpreta La Paloma e La Cumparsita. Alle 20h03 un comunicato interrompe la musica: dall’Osservatorio Mont Jennings di Chicago il professor Farrell ha appena avvistato un’esplosione di gas incandescente proveniente da Marte e diretta verso la Terra. Un fenomeno naturale, assicura l’eminente professore dell’Osservatorio di Princeton, Richard Pierson. L’orchestra riprende a suonare Stardust (“Polvere di stelle”). Poco dopo arriva la notizia di una scossa sismica nei pressi di Princeton, mentre su Marte continuano a verificarsi strane deflagrazioni.
Sono le 20h12: sul canale NBC il ventriloquo Edgar Bergen e la sua marionetta Charlie McCarthy hanno appena concluso la puntata della trasmissione più seguita d’America, The Chase and Sanborn Hour. Gli ascoltatori, all’incirca nove milioni di persone, si sintonizzano su CBS. All’oscuro di tutto, capiscono presto che sta avvenendo qualcosa di assai preoccupante: al posto di Orson Welles e del suo Mercury Theatre, si avvicendano vertiginosamente e nella confusione più totale bollettini sempre più angoscianti. L’inviato speciale Carl Phillips si trova a Grovers Mill, una fattoria sperduta del New Jersey, vicino a Trenton, dove si è appena schiantato un meteorite dal diametro di trenta metri. Il giornalista fatica a descrivere quel che vede, balbetta e incespica sulle parole. Tra brusio del microfono, sirene della polizia, rumori della folla e interviste ai contadini esterrefatti, le notizie sono frammentarie e approssimative.


Ricordano la più celebre (fino allora) diretta radiofonica, quando invece di atterrare dolcemente, il 6 maggio dell’anno prima l’Hindenburg si sfracellò al suolo con tutti i suoi passeggeri. Solo che stavolta non si tratta di uno zeppelin caduto dal cielo, ma di qualcosa venuto dallo spazio profondo, e la tesi dell’asteroide comincia a sembrare inverosimile, dato che l’oggetto è ricoperto di metallo, probabilmente extraterrestre. Persino il professor Pierson non sa più che pesci prendere.
Il sospetto diventa certezza quando la cupola della meteora si apre: alle 20h16 la CBS offre all’America sbigottita il resoconto precisamente commosso del primo incontro con esseri venuti da un altro pianeta. Si tratta di mostri ripugnanti, che l’emozione di Phillips rende ancora più chimerici: grandi come orsi, con tentacoli al posto delle braccia e occhi da rettile. Alle 20h19 Phillips sente un rombo provenire dal cratere. Pochi secondi dopo vede una fiammata inghiottire le prime file di astanti. Tra grida d’orrore, l’incendio divora uomini, alberi, fattorie, automobili… Eroicamente, Phillips descrive tutto, mentre il fuoco si avvicina sempre più al radiocronista. Poi, il silenzio.
Alla CBS un presentatore annuncia che è stato perso il contatto radio con Grovers Mill. Un’interruzione musicale tenta di placare gli animi, ma è ormai chiaro a tutti che qualcosa non va. Infatti, poco dopo il presentatore riprende a parlare: a Grovers Mill sono morte 40 persone.
I marziani stanno invadendo la Terra.


Alle 20h19 il New Jersey è sotto legge marziale. Alle 20h24 viene riesumato il corpo carbonizzato di Phillips. Alle 20h26 gli alieni, con robot a tre gambe alti come grattacieli e muniti di raggio termico e gas letale, controllano la metà dello Stato. Le linee di comunicazione tra la Pennsylvania e l’Atlantico sono impraticabili, le ferrovie tra New York e Philadelphia distrutte. Le autostrade sono intasate dalla gente in fuga, e la polizia e i riservisti non riescono a contenere il panico. Alle 20h27, invece di rassicurare gli americani, il comunicato del Ministero degli Interno accresce l’allarme. Intanto i cilindri spaziali continuano a precipitare sugli Stati Uniti: prima in Virginia (20h29), poi ancora nel New Jersey. Sulle Watchung Mountains, alle 20h31 inizia la battaglia decisiva tra esercito e marziani. In meno di quattro minuti l’artiglieria e l’aviazione americana vengono sbaragliati. Alle 20h36 arriva l’ordine di sgomberare il New Jersey. Alle 20h37 i mostri sono alle porte di New York. Con la voce rotta dall’emozione, un anonimo cronista racconta quanto sta succedendo, in quelli che forse saranno gli ultimi minuti della storia della radio. Dal tetto dell’emittente, vede salpare navi gremite di profughi, ascolta l’inno liturgico salire dalla cattedrale mentre, all’orizzonte, cinque robot attraversano l’Hudson come fosse un ruscello. Migliaia di persone si buttano nell’East River. Scene analoghe avvengono a Chicago, Saint Louis, Buffalo… I fumi tossici si avvicinano al cronista: cento metri… cinquanta metri… Silenzio.
Un radioamatore tossicchia il suo vano appello: “2X2L chiama CQ… 2X2L chiama CQ… New York… Qualcuno mi sente? C’è qualcuno?… 2X2L…”


Alle 20h41, la CBS decise che era ora di finirla. Un presentatore annunciò, con perfetta sobrietà: “State ascoltando la CBS che vi presenta Orson Welles e il Mercury Theatre on the Air in un adattamento originale della Guerra dei mondi di H.G. Wells”. Presa in corso dalla maggior parte degli ascoltatori, la trasmissione aveva gettato nel panico circa 1.750.000 persone. Erano fuggite di casa seminude, a piedi o in automobile, avevano intasato i centralini dei commissariati, cercato rifugio in cantina, nelle chiese, nelle foreste. Fu al contempo il più grande scherzo del secolo e il fenomeno che rivelò al mondo il potere delle comunicazioni di massa, di cui La guerra dei mondi divenne al contempo l’emblema e la critica definitivi. E pensare che ancora pochi minuti prima di andare in onda, Welles, John Houseman e il Mercury Theatre erano convinti che la sceneggiatura — improvvisata a partire da un brogliaccio di Howard Koch — fosse pessima (fino all’ultimo momento si chiesero infatti se non fosse meglio sostituirla con Lorna Doone). Per salvare la faccia, si eran detti che presentare il tutto come un concitato radiogiornale, ispirandosi al resoconto della catastrofe dell’Hindenburg, fosse la soluzione più onorevole.


Alla fine della trasmissione, l’America ascoltò una voce dall’educata ironia (la stessa di Pierson, del comandante Smith, del capitano Lansing, di un ufficiale d’artiglieria pesante, di un operatore radio e del cronista new-yorchese) annunciare: “Signore e signori, qui parla Orson Welles, che abbandona le vesti del suo personaggio per assicurarvi che La guerra dei mondi non ha altro significato che il divertimento che voleva essere. Il Mercury Theatre, a suo radiofonico modo, si è coperto con un lenzuolo per sbucare da un cespuglio e dire BUH!. […] È così che abbiamo annientato il mondo davanti alle vostre orecchie, e distrutto da cima a fondo la CBS. Spero tirerete un sospiro di sollievo scoprendo che stavamo scherzando, e che ovviamente le istituzioni sono sempre funzionanti. Quindi, arrivederci a tutti, e non dimenticate, per piacere, per i prossimi giorni, la terribile lezione di stasera. L’invasore orribile, incandescente, globuloso del vostro salotto è l’abitante di una zucca vuota. Se suonano alla vostra porta e non c’è nessuno, non è un Marziano. È Halloween”.


Già allora, Welles era un prestigiatore professionista, e durante la guerra divertì i soldati americani tagliando in due Marlene Dietrich; inventò molti trucchi, alcuni dei quali tutt’ora imitati dagli illusionisti. Ma quella del 30 ottobre 1938 rimase, è indubbio, la sua migliore falsificazione, e la più celebre. Quel giorno l’America scoprì di aver dato i natali a un genio. Orson Welles aveva appena 23 anni. Quando il 7 dicembre 1941 la radio annunciò che l’aviazione giapponese aveva distrutto la base di Pearl Harbor, molti credettero a una sua ennesima burla.
Welles non raggiunse mai più un simile livello di popolarità, ma all’epoca non poteva immaginare che con l’arrivo a Hollywood, la sua carriera di protagonista della cultura avrebbe iniziato a declinare. Nei quarant’anni seguenti, il credito acquistato in meno di un decennio si logorò poco a poco. Una traversata del deserto senza fine, durante la quale Welles scoprirà che la sua vera passione era il cinema e si imporrà contro tutti, compreso se stesso, come il più grande cineasta di tutti i tempi. (CONTINUA…)

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