giovedì 5 giugno 2008

Penélope, detta Pe, a Calcutta



Da Roberto Bolaño, “I miti di Chtulhu”, ne Il gaucho insostenibile (traduzione di Maria Nicola), Sellerio, Palermo 2006, pp. 176-177:


La vicenda di Penélope Cruz in India è all’altezza dei nostri più insigni prosatori. Penélope, detta Pe, arriva in India. Visto che le piace il colore locale, che le piace l’autenticità, va a mangiare in uno dei peggiori ristoranti di Calcutta o di Bombay. Così racconta Pe. Uno dei peggiori o uno di quelli che costano meno o uno dei più popolari. Sulla porta vede un bambino affamato che a sua volta non le toglie gli occhi di dosso. Pe si alza ed esce e chiede al bambino cosa vuole. Il bambino le chiede se può avere un bicchiere di latte. Strano, perché Pe non sta bevendo latte. In ogni caso la nostra attrice si fa dare un bicchiere di latte e lo porta al bambino, che rimane sulla porta. Subito il bambino beve il bicchiere di latte sotto lo sguardo attento di Pe. Quando ha finito, racconta Pe, lo sguardo di gratitudine e di felicità del bambino le fa pensare alla quantità di cose che lei possiede e di cui non ha bisogno, anche se su questo Pe si sbaglia, perché tutto, assolutamente tutto quel che possiede, le è indispensabile. Dopo qualche giorno Pe ha una lunga conversazione filosofica ma anche di ordine pratico con madre Teresa di Calcutta. A un certo punto Pe le racconta questa storia. Parla del necessario e del superfluo, dell’essere e del non essere, dell’essere in relazione a e del non essere in relazione a, a cosa? e come? in fin dei conti cos’è questa storia dell’essere? essere se stessi? Pe si confonde. Madre Teresa, nel frattempo, non la smette di aggirarsi come una donnola reumatica per la stanza o sotto il portico che le ripara entrambe, mentre il sole di Calcutta, sole balsamico e insieme sole dei morti viventi, sparge i suoi raggi estremi calamitato già dal ponente. Ecco, ecco, dice madre Teresa di Calcutta, e poi mormora una cosa che Pe non riesce a capire. Cosa? dice Pe in inglese. Sii te stessa. Non preoccuparti di sistemare il mondo, dice madre Teresa, aiuta, aiuta, aiutane uno, porgi un bicchiere di latte a uno soltanto e questo basterà, adotta un bambino, soltanto uno, e questo basterà, dice madre Teresa, in italiano e con evidente malumore. Al cader della sera Pe torna in albergo. Si fa una doccia, si cambia d’abito, si mette qualche goccia di profumo ma non riesce a togliersi dalla testa le parole di madre Teresa di Calcutta. Al momento del dolce, di colpo, l’illuminazione. Tutto sta nel privarsi di un pizzico microscopico dei suoi risparmi. Tutto sta nel non tormentarsi. Se dai a un bambino indiano dodicimila pesetas all’anno starai già facendo qualcosa. Non tormentarti e non farti problemi di coscienza. Non fumare, mangia frutta secca e non farti problemi di coscienza… Il risparmio e il bene sono indissolubilmente uniti.

Rimangono alcuni enigmi a fluttuare come ectoplasmi nell’aria. Se Pe aveva mangiato in un ristorante che costava così poco, com’è che non le è venuta una gastroenterite? E perché Pe, che i soldi li ha, andava a mangiare precisamente in un ristorante di quel genere? Per risparmiare?


Repetita iuvant: Roberto Bolaño, “I miti di Chtulhu”, ne Il gaucho insostenibile (traduzione di Maria Nicola), Sellerio, Palermo 2006, pp. 176-177:

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Non è che dai Proci mangiasse meglio

Stenelo ha detto...

Non c'è dubbio, gaffeur. Ma se avesse usato la nuova tecnologia co-resistium di L'Oréal, la tela le sarebbe venuta più solida. Vorrà dire che Penelope NON valeva?
Alt

Anonimo ha detto...

Aspetto il doveroso omaggio al grande Dino. Oggi mi sono cadute le braccia : in un telegiornale hanno citato come suoi film " Il sorpasso" e "Pane, amore, e...". Ora, a parte "il sorpasso", forse c' erano altri film da ricordare!

Stenelo ha detto...

Ci sto lavorando. Torna tra mezz'ora. E fai le mie condoglianze a Scortichini.
Alt

Anonimo ha detto...

straziami...

Stenelo ha detto...

Forse, domani, su un autorevole giornale:

Quando leggerai la presente lettera io sarò già in viaggio con la corriera delle dodici e guarantagingue. Separarci definitivamente è l’unica cosa. Mi sono accorto che il nostro amore ci stava portando ingonzapevolmente su una brutta china, come tante volte si legge sulla cronaca degli amanti diabolici. Metti al fuoco questa mia: la fiamma la brucerà come io per te. Ma è meglio spegnere tutto, puntini puntini, addio per sempre, tuo Marino.
Lettera di Marino (Nino Manfredi) a Marisa (Pamela Tiffin) in Straziami ma di baci saziami (Dino Risi, 1968).

Ma il più bello lo tengo per noi: torna tra mezz'ora (tecnologia permettendo), appena prima del Martini.
Alt