Su Nemico pubblico si è scritto a sufficienza, o forse troppo. La scena in cui Cagney spiaccica mezzo pompelmo sulla faccia di Mae Clarke, per sconvolgente che potesse sembrare nel 1931, ormai è stata analizzata più volte di quella della scalinata d'Odessa nella Corazzata Potemkin di Eisenstein. E non si può certo dire che abbia altrettanto valore: quando si vede il film la scena è già finita prima ancora che si faccia in tempo a dire "Ah, ecco la famosa scena in cui…". (Tra parentesi, va detto che da questa scena Cagney fu ossessionato per anni, quando era letteralmente costretto a fuggire dai ristoranti, perché clienti faceti pagavano i camerieri perché servissero mezzi pompelmi al suo tavolo.)
Andrew Bergman, James Cagney, Milano Libri Edizioni, Milano 1976, p. 19.
Andrew Bergman, James Cagney, Milano Libri Edizioni, Milano 1976, p. 19.
— SCENE MADRI. Questa non la dimenticherò mai, neppure quando a ottant'anni suonati uscirò di casa in mutande per non fare tardi a scuola. Cimino fu il più grande regista della sua generazione, che se ti azzardi a criticare esco la rivoltella con sei colpi nel tamburo e uno in canna e vediamo un po' who's laughing.
— C'è John Savage che avrebbe poi perso le gambe trainato da un elicottero. C'è John Cazale che, dopo essersi guardato in faccia in uno specchio crepato, sarebbe morto (ma davvero) per un cancro alle ossa e perché si ostinava a non capire che "questo è questo". C'è Christopher Walken che diventa in breve tempo uno zombie. E poi c'è De Niro che non muore mai, ma è come se.
Cimino non è un grandissimo regista, ma questo è un grande film. Prendi pure la rivoltella. Ne ho una anch'io.
Dialogo con un amico maltese su fb.
In Paura nella città dei morti viventi di Lucio Fulci si vede una donna vomitare sangue, poi le viscere, infine la totalità dell’intestino. Per questa scena è stato necessario un trucco. Da un lato c’è un’attrice che sputa sangue e pezzi di carne. Dall’altro c’è una bocca artificiale, ripresa in dettaglio, nel momento in cui vengono espulsi i metri di trippa. Lo diciamo per rassicurarvi e per spiegarvi alcuni “trucchi del mestiere” (come si dice nel gergo pittoresco degli artisti) davanti ai quali, senza di noi, rimarreste a bocca aperta, e perplessi.
Jean-Patrick Manchette, Les Yeux de la momie, Rivages / Ecrits noirs, Paris 1997, p. 324.
7 commenti:
Interiora per interiora, è meglio alla parmigiana...
È completamente OT, Bowman: il tuo è un documentario antropologico, non c'è nessun trucco. Qui si parla di ficscion, invece.
Sarà, ma il trait d'union tra i primi 2 film e l'ultimo lo trovo flebile. Il pot, secondo me, è troppo pourri. E pourri per pourri, continuo a preferire la trippa alla garibaldina (imho, ovviamente).
PS: il trucco c'è pure là. A meno che non pensi che nel pot di bombolo ci sia davvero materia fecale.
PPSS: il capthcha è stica. Giuro.
È vero, l'ultimo filmato è troppo raffinato rispetto ai primi due, rischia di far scappare il lettore, terrorizzato all'idea che la prossima volta gli infligga "Otone" di Straub-Huillet.
No, nel tuo filmato non c'è nessun trucco, solo pigra fotografia della realtà italiana. Una sorta di cinéma-vérité. E come detta il terzo paragrafo della "Dichiarazione del Minnesota", "Il Cinema Verità confonde fatti e verità e così facendo passa l’aratro sulle pietre".
Per il captcha ti credo. Il prossimo sarà "bucio", per spirito bipartisan.
No way, Al Gore non è la mia tazza di tè e non lo compro manco se è in svendita in quei negozietti "tutto a 2 euro", tra una padella e un profumo.
Trucidate a parte, è una sbobba noiosetta, ma a cui Tarantino deve la scena di "Kill Bill vol. 2" in cui Uma Thurman finisce sepolta viva. La scena riprende paro paro l'inizio di questo Fulci. Ma "Zombi 2" ha un paio di momenti gagliardi e "L'aldilà" è un bel film, quasi.
P.S.: Il buffo è che (come tu ben sai) nemmeno Manchette l'aveva visto.
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