lunedì 28 settembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXVII — LA PERPETUA

Un centrino se riconosci il film da cui è tratto questo fotogramma. Nuovi indizi giovedì e sabato.
AGGIORNAMENTO (giovedì 1° ottobre): Nuovo fotogramma. Se il titolo non fosse già preso lo avrei intitolato No se culpe a nadie.
AGGIORNAMENTO (sabato 3 ottobre): Nuovo fotogramma, ovvero Se questa è una donna che visse due volte.

perpetua.jpg



P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso il notaio Altamante Fruzzetti e possono essere consultate qui.

ATTENZIONE: la partita si è conclusa sabato 3 ottobre alle 14.49. arcomanno si piazza in testa alla graduatoria.
Il film da riconoscere era L'inquilino del terzo piano (Le Locataire, 1976) di Roman Polanski. Pecché? Pecché me so' scassat'!

Oh.
La prossima sfida si terrà lunedì 5 ottobre.

Magara.
A seconda del riporto di Schifani.

L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
arcomanno: 15 centrini.
afasol: 14 centrini.
bianca: 7 centrini.
maxeramax: 3 centrini.
YagaBaba: 3 centrini.
gegio: 3 centrini.
Andrea: 2
centrini.

lunedì 21 settembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXVI — BALLI SPAZIALI

Tre padelle in teflon a chi riconosce il film da cui è tratta questa sequenza. Nuovi indizi giovedì (por dos padellas) e sabato (por una padellata, da sbattere sulla cabeza), se nessuno ha trovato la soluzione.


P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso il notaio Altamante Fruzzetti e possono essere consultate qui.

ATTENZIONE: la partita si è conclusa mercoledì 23 settembre alle 14.25. arcomanno si piazza in poleposiscion, accanto ad afasol (a proposito, che fine ha fatto?)
La sequenza è estratta da
I diafanoidi vengono da Marte (Antonio Margheriti, 1966), secondo film della tetralogia dedicata alla base spaziale Gamma 1, che ispirò Kubrick (non solo per 2001: Odissea nello spazio).

La prossima sfida si terrà lunedì 28 settembre.


L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
afasol: 14 padelle in teflon.
arcomanno
: 14 padelle in teflon.
bianca: 7 padelle in teflon.maxeramax: 3 padelle in teflon.
YagaBaba: 3 padelle in teflon.
gegio: 3 padelle in teflon.
Andrea: 2
padelle in teflon.

martedì 15 settembre 2009

Dunque que?

Stamattina sono capitato su queste parole, nel sito della "Stampa":

Milly Carlucci - voto: 8
Si è impegnata a rendere le ragazze-ragazze e non soltanto un lato A corredato di lato B. Una donna che lavora per le donne, con umanità. Peccato per i tempi un po' lenti.

Non ho capito, e quindi ci son già tornato sopra due volte. Forse mi affascina, è il mio piccolo monolito quotidiano. In effetti il testo è granitico, inscalfibile, imperscrutabile. Perfetto, a suo modo. Un dettaglio che mi colpisce è che sia addirittura firmato. Sopra e sotto (sarà quello il lato A e il lato B? o si tratta di un asse perpendicolare al lato A e al lato B?). Sopra: "Miss Italia 2009, le pagelle di A. Comazzi" (corsivo iniziale del nome e cognome.) Sotto, in neretto: "Pagelle a cura di Alessandra Comazzi". Le ha curate lei, le pagelle. Ci ha messo molta cura, un po' d'affetto, forse persino l'amore, che dev'essere un po' il lato A o B delle donne-donne che lavorano per le donne, magari fin da ragazze-ragazze. Una maestra unica, a suo modo. Niente da fare, leggo e non ci capisco letteralmente un cazzo. Anche questa ha una sua oscura bellezza, soprattutto nella chiusa nominale, con quel "dunque", rampino nel vuoto:

Salsomaggiore - voto: 8 Una quieta, elegante cittadina termale che resta discreta anche di fronte alle miss. Un po' di curiosità, ma tanto sano realismo emiliano. Dunque, organizzazione.

lunedì 14 settembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXV — CORRERE DA SOLI

A questa sequenza ho tolto l'audio e un paio di inquadrature troppo rivelatrici.
Chi riconosce il titolo del film intascherà tre tessere del PD.
AGGIORNAMENTO (giovedì 17 settembre): un indizio si nasconde nel secondo commento a questo post. In palio restano due tessere.
AGGIORNAMENTO (sabato 19 settembre): mentre Renato Brunetta (attuale ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione) invita gentilmente la "sinistra per male" ad andare a "morire ammazzata", quella "perbene" si dedica alla sua attività preferita, il suicidio: ormai è diventata esperta, non è la prima volta che ci prova.
Accorciato il montaggio, ripristinato il sonoro, al PD resta solo una tessera. La conserva gelosamente, come una sacra reliquia.



P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso il notaio Altamante Fruzzetti e possono essere consultate qui.

LA PARTITA SI È CONCLUSA SENZA VINCITORI.
LA SEQUENZA, CHE ORA MOSTRO PER INTERO, ERA TRATTA DA NOSTRA SIGNORA DEI TURCHI (CARMELO BENE, 1968).
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ LUNEDÌ 21 SETTEMBRE.

domenica 13 settembre 2009

Ultimo gioco in città: come a Bucarest, la sera (+ bonus frame)

Tutto quello che ci raccontavano del comunismo era una bugia; ma il peggio è che tutto quello che ci raccontavano del capitalismo era vero.
Serguei (Serge Riaboukine), ex cosmonauta sovietico ne I lunedì al sole (Fernando León de Aranoa, 2002).

D'ora in poi il gioco sarà reloaded ogni lunedì. Il quiz in corso resta quindi aperto ancora un giorno. Ne approfitto per concedere un ultimo indizio.

martedì 8 settembre 2009

Dacci un Taglio

Ora suoneremo il prossimo brano, il… musicale… c’erano tre… brani musicali, questo è il terzo… terzo brano… un pezzo… lo riconoscerete subito, è facile, è… è di Chopin… è preso… è nello stile della Marcia… Marcia militare, che è molto… molto facile da riconoscere, quindi… per piacere ascoltate e sono sicuro che riconoscerete… vi ho per così dire dato la risposta ma è… è Chopin.
Da trent’anni Jimmy Gator (Philip Baker Hall) conduce un celebre quiz televisivo; ora sta per avere un collasso cardiaco in diretta in Magnolia (P.T. Anderson, 1999).

domenica 6 settembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXIV — DELL'ULTIMO ORIZZONTE

La quarta dimensione, diceva, contiene le altre tre dimensioni e conferisce loro, incidentalmente, il loro valore reale, cioè annulla la dittatura delle tre dimensioni, e annulla, pertanto, il mondo tridimensionale che conosciamo e in cui viviamo. La quarta dimensione, diceva, è la ricchezza assoluta dei sensi e dello Spirito (con la maiuscola), è l'occhio (con la maiuscola), cioè l'Occhio, che si apre e annulla gli occhi, che confrontati con l'Occhio sono appena due poveri orifizi di fango, fissi nella contemplazione o nell'equazione nascita-apprendistato-lavoro-morte, mentre l'Occhio risale il fiume della filosofia, il fiume dell'esistenza, il fiume (rapido) del destino.
Roberto Bolaño, 2666, traduzione di Ilide Carmignani, Adelphi, Milano 2008, pp. 396-7.

Il gioco riprende: tre dimensioni a chi riconosce il titolo di questo film.
AGGIORNAMENTO (mercoledì 9 settembre): Due fotogrammi, due dimensioni: Flatlandia. Approfondire non serve a niente, tanto le apparenze non ingannano mai, anche se Paco Coelho sostiene che "[…] non tutto sembra ciò che realmente poi, a ben vedere, dovrebbe, o potrebbe, sembrare" (L'aura del divino che è in noi illumina l'aura celeste fino alla beatitudine che guida alla dimensione dell'armonia, ed. Stacchia, Misterbianco 2007).
AGGIORNAMENTO (venerdì 11 settembre): Nuovo fotogramma. È ora di fare il punto della situazione. Per esistere una dimensione basta e avanza.
AGGIORNAMENTO (domenica 13 settembre): Bonus frame. Il gioco resta aperto fino a lunedì mattina. Watch the skies, folks, non il dito.





P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso il notaio Altamante Fruzzetti e possono essere consultate qui. Se ne hai il coraggio, vai a giocare nell'andere Seite.

ATTENZIONE: la partita si è conclusa domenica 13 settembre alle 12.47. Ancora una volta, Bianca ha trovato la soluzione: il film da riconoscere era Gli invasori spaziali (Invaders from Mars, 1953) dello scenografo William Cameron Menzies. Un bambino è convinto che un'astronave sia atterrata oltre il colle che vede dalla finestra. Ma si scontra con l'incredulità di genitori e autorità. È tutto frutto di un sogno o gli abitanti della cittadina sono posseduti dagli alieni del pianeta rosso? Anche se non esistono prove certe, pare che inizialmente il film fosse pensato per essere proiettato in 3D.
AGGIORNAMENTO (16.30): Solo ora scopriamo che sull'altro tavolo da gioco anche maxeramax aveva trovato la soluzione, sebbene con tre ore di ritardo rispetto a Bianca. Oggi mi sento generoso e ho deciso — in via del tutto eccezionale, finita e trasparente — di premiare anche lui: per la sua
onestà, per la sua assiduità e per la sua complicatissima facilità.

La prossima sfida si terrà lunedì 14 settembre.


L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA

afasol: 14 dimensioni.
arcomanno : 11 dimensioni.
bianca: 7 dimensioni.maxeramax: 3 dimensioni.
YagaBaba: 3 dimensioni.
gegio: 3 dimensioni.
Andrea: 2
dimensioni.

sabato 22 agosto 2009

Robba da froci

In memoria ho un sms di Sandra. È il mio prozac. Ancora mi capita di rileggerlo quando l'umore peggiora, o nelle lunghe sere romane, quelle in cui per un impegno o un altro non riesco a tornare nella mia tana di Ceppaloni.
Quasi d'istinto mi ritrovo a tirar fuori il telefonino dalla tasca della giacca e ad armeggiare con la tastiera. «Messaggio», «archivio», «apri»: è così che non avendone mai fatto uso, ho imparato a somministrarmi una dose giornaliera di antidepressivo.
«Clem ti prego, non mollare, pensa a Elio e a quanto ha bisogno di te. Pensa a Pelle e Alessia. Pensa a Sascha, che ha solo noi. E pensa a me, che non so se sopravviverò a tutte queste cattiverie.»
Clemente Mastella (con Marco Demarco), Non sarò clemente — Memorie dell'ultimo democristiano, Rizzoli, Milano 2009, p. 7.

Del resto, figlio mio, sta' in guardia: si fanno dei libri in numero infinito; molto studiare è una fatica per il corpo.
Ecclesiaste 12:14



NOTA: Mario Clemente Mastella, nato a Ceppaloni il 5 febbraio 1947, è passato alla Storia per aver recitato una bellissima poesia di Pablo Neruda al Senato della Repubblica Italiana, durante la XV Legislatura. Quando si scoprì che la poesia (splendida, davvero) era in realtà firmata da Martha Medeiros, le istituzioni vennero sconvolte da cima a fondo, e l'errore filologico provocò l'immediata caduta del Governo Prodi (di cui il suddetto M.C. Mastella era stato fino a pochi giorni prima ministro della Giustizia).
Nel libro (dedicato "a Sandra" e uscito recentemente presso i tipi milanesi della Rizzoli solo perché sotto le vaghe stelle di Ceppaloni non sono rintracciabili case editrici), di cui abbiamo riportato sopra l'incipit, il suddetto M.C. Mastella rivela che quella poesia alquanto struggente in realtà gli era stata suggerita da Sergio Marchionne, il quale gli aveva assicurato che il suddetto P. Neruda ne era l'autore.
Il crollo del Governo Prodi sarebbe quindi imputabile al suddetto S. Marchionne? In ogni caso quella poesia è davvero molto, ma molto bella.

venerdì 21 agosto 2009

Figli di Marx e

Questo è whisky, sulle bottiglie c'è scritto così, ma sembra quasi-cola.
Don Rafael Acosta (Fernando Rey) nel Fascino discreto della borghesia (Luis Buñuel, 1972).



lunedì 17 agosto 2009

Due 666

Quella notte, mentre Liz Norton dormiva, Pelletier ricordò una sera ormai lontana in cui lui ed Espinoza avevano visto un film del terrore nella camera di un albergo tedesco.
Il film era giapponese e in una delle prime scene comparivano due ragazze adolescenti. Una di loro raccontava una storia. La storia era su un bambino che stava trascorrendo le vacanze a Kobe e voleva uscire in strada a giocare con gli amici proprio alla stessa ora in cui alla televisione davano il suo programma preferito. Così il bambino metteva una cassetta per registrare il programma e poi usciva. Il problema a quel punto stava nel fatto che il bambino era di Tokyo e a Tokyo il suo programma andava in onda sul canale 34, mentre a Kobe il canale 34 era vuoto, cioè era un canale dove non si vedeva nulla, solo nebbia televisiva.
E quando il bambino, rientrando a casa, si sedeva davanti al televisore e metteva la cassetta, invece del suo programma preferito vedeva una donna con la faccia bianca che gli diceva che stava per morire.
E nient'altro.
E poi squillava il telefono e il bambino rispondeva e sentiva la voce della stessa donna che gli domandava se per caso credeva che si trattasse di uno scherzo. Una settimana dopo trovavano il corpo del piccolo in giardino, morto.
E tutto questo lo raccontava la prima adolescente alla seconda adolescente e a ogni parola che pronunciava sembrava morire dal ridere. La seconda adolescente era notevolmente spaventata. Ma la prima adolescente, quella che raccontava la storia, dava l'impressione di essere lì lì per rotolarsi sul pavimento dal ridere.
E allora, ricordava Pelletier, Espinoza aveva detto che la prima adolescente era una psicopatica da quattro soldi e che la seconda adolescente era una cogliona, e che quel film avrebbe potuto essere un buon film se la seconda adolescente, invece di fare smorfie piagnucolose e una faccia tremendamente angosciata, avesse detto alla prima di starsene zitta. E non in modo dolce ed educato, ma piuttosto tipo: «Zitta tu, figlia di puttana, di cosa ridi? Ti eccita raccontare la storia di un bambino morto? Godi a raccontare la storia di un bambino morto, brutta succhiacazzi immaginaria?».
E cose del genere. E Pelletier ricordò che Espinoza aveva parlato con tale veemenza, imitando persino la voce e le espressioni che la seconda adolescente avrebbe dovuto assumere davanti alla prima, che lui aveva ritenuto più opportuno spegnere la televisione e andarsene a bere qualcosa al bar con lo spagnolo prima di ritirarsi ognuno nella sua stanza. E ricordava anche di aver provato affetto per Espinoza, un affetto che rievocava l'adolescenza, le avventure rigorosamente condivise e i pomeriggi in provincia.
Roberto Bolaño, 2666, traduzione di Ilide Carmignani, Adelphi, Milano 2007, pp. 47-9.



Parlò di nuovo con Rosa Maria Medina. Stavolta la aspettò seduto sul gradino della porta di casa. Quando la ragazza arrivò gli chiese scandalizzata perché non aveva suonato il campanello. Ho suonato, disse Epifanio, mi ha aperto tua madre e mi ha invitato a bere un caffè, ma poi è dovuta andare a lavorare e io sono rimasto ad aspettarti qui. La ragazza lo invitò a entrare ma Epifanio preferì rimanere seduto fuori, perché faceva meno caldo che dentro, a quanto pare. Le chiese se fumava. La ragazza prima rimase in piedi, da una parte, e poi si sedette su un sasso piatto e gli disse che non fumava. Epifanio contemplò il sasso: era molto strano, a forma di sedia, ma senza schienale, e il fatto che la madre o qualcuno della famiglia l'avesse messo lì, in quel giardinetto, era segno di buon gusto e persino di tatto. Chiese alla ragazza dove era stato trovato il sasso. L'ha trovato mio padre a Casas Negras, disse Rosa Maria Medina, e l'ha portato fin qui di peso. È là che hanno rinvenuto il corpo di Estrella, disse Epifanio. Lungo la strada, disse la ragazza chiudendo gli occhi. Mio padre ha trovato questo sasso proprio a Casas Negras, a una festa, e se ne è innamorato. Era fatto così. Poi gli disse che suo padre era morto. Epifanio volle sapere quando. Un mucchio di anni fa, disse la ragazza con una smorfia di indifferenza. Epifanio accese una sigaretta e le chiese di raccontargli di nuovo, come voleva, le uscite che faceva la domenica con Estrella e con l'altra, come si chiama?, Rosa Màrquez. La ragazza iniziò a parlare, con lo sguardo fisso sulle poche piante in vaso che sua madre teneva nel minuscolo giardino, anche se ogni tanto alzava gli occhi e lo guardava come per valutare se quello che gli raccontava era utile o solo una perdita di tempo. Quando ebbe finito Epifanio aveva chiara una cosa sola: che non uscivano soltanto la domenica, a volte andavano al cinema il lunedì o il giovedì, o a ballare, dipendeva tutto dai turni della maquiladora, che erano flessibili e obbedivano a protocolli di produzione incomprensibili per gli operai. Allora cambiò le domande e volle sapere come si divertivano il martedì, per esempio, se era quello il giorno libero della settimana. La routine, secondo la ragazza, era simile, anzi da un certo punto di vista era anche meglio perché i negozi in centro erano tutti aperti, cosa che non accadeva nei giorni festivi. Epifanio strinse un po'. Volle sapere qual era il loro cinema preferito, a parte il Rex, a quali altri cinema erano andate, se qualcuno aveva abbordato Estrella in qualche posto, quali negozi visitavano, anche se non entravano e restavano fuori a guardare le vetrine, quali bar frequentavano, il loro nome, se qualche volta erano state in una discoteca. La ragazza disse che non erano mai state in discoteca, che a Estrella non piacevano quei posti. Ma a te sì, disse Epifanio. A te e alla tua amichetta Rosa Màrquez sì. La ragazza non volle guardarlo in faccia e disse che a volte, quando uscivano senza Estrella, andavano nelle discoteche in centro. Ed Estrella no? Estrella non le aveva mai accompagnate? Mai, disse la ragazza. Estrella voleva sapere dei computer, voleva imparare, voleva fare strada, disse la ragazza. Sempre computer, computer di qua e computer di là, non mi bevo una parola di quello che dici, bocconcino, disse Epifanio. Io non sono il suo bocconcino di merda, disse la ragazza. Per un po' stettero lì senza dirsi nulla. Epifanio fece una risatina e poi si accese un'altra sigaretta, là, seduto sul gradino, contemplando il viavai della gente. C'è un posto, disse la ragazza, ma non ricordo più dove, è in centro, è un negozio di computer. Ci siamo andate un paio di volte. Rosa e io l'aspettavamo fuori, entrava solo lei e si metteva a parlare con un tipo molto alto, davvero altissimo, molto più di lei, disse la ragazza. Un tipo molto alto, e poi?, disse Epifanio. Alto e biondo, disse la ragazza. E poi? Be', Estrella all'inizio sembrava entusiasta, intendo la prima volta che entrò a parlare con quell'uomo. Da quanto mi disse era il padrone del negozio e sapeva un sacco di cose sui computer e per di più si vedeva che aveva soldi. La seconda volta che andammo a trovarlo Estrella uscì arrabbiata. Le chiesi cos'era successo ma non volle dirmi nulla. Eravamo noi due sole e poi andammo alla fiera nel quartiere Veracruz e dimenticammo tutto. E questo quando è successo, bocconcino?, disse Epifanio. Le ho già detto che non sono il suo bocconcino di merda, sfacciato, disse la ragazza. Quando è successo?, disse Epifanio, che iniziava già a vedere un tipo molto alto e molto biondo che camminava nell'oscurità, in un lungo corridoio buio, su e giù, come se stesse aspettando lui. Una settimana prima che la ammazzassero, disse la ragazza.
Roberto Bolaño, 2666**, traduzione di Ilide Carmignani, Adelphi, Milano 2008, pp. 156-8.