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martedì 31 marzo 2015

Rampini nel vuoto

Nella notte del 30 marzo 2015, durante la trasmissione "Piazza Pulita" condotta da Corrado Formigli si poteva ascoltare l'intervento di tale Severgnini, non ricordiamo su quale tema comunque di scarso interesse per gli studiosi.

 

 Pronta la risposta di Federico Rampini, all'epoca editorialista del defunto quotidiano "la Repubblica", in collegamento satellitare da New York.
Questa è una provocazione sul futuro diciamo digitale. Severgnini ha detto una cosa interessante – sì – citando crozza [impossibile ritrovare oggi il significato del lemma "crozza"], cioè, la tachipirina, no? Be', guardate che in America già adesso il primo medico di famiglia è diventato google. Nel senso che l'americano medio quando ha dei sintomi influenzali prima di tutto va sul motore di ricerca google consulta l'enciclopedie mediche e si fa l'autodiagnosi poi semmai va dallo specialista. Ora questo non è attenzione a… a non essere a non demonizzare queste innovazioni perché attraverso eh… il motore di ricerca attraverso l'accesso al sapere che ci offre internet si sono anche evitati molti errori medici. Perché…
Intervento di C. Formigli: "Allora fermiamoci qui."
F. Rampini e C. Formigli [in coro] : "… la classe medica a volte sbaglia. / Fermiamoci qui Rampini."

Pochi anni dopo, ritroviamo F. Rampini nella struttura fortificata di Edonia, ricostruita in seguito alla sanguinosa guerra civile. Rampini sta perorando, in uno spazio circolare, in gilé rosso e mutandoni ascellari. Quegli unici indumenti nonché il corpo sono ricoperti di chiazze marroni, verdastre, o di transopaco unto. Si rivolge a una platea che solo lui conosce, ripetendo gli argomenti ascoltati in quella notte dell'inizio primavera 2015: il futuro diciamo digitale, "crozza", l'enciclopedie, ecc. Gli studiosi sembrano concordi nel rimandare l'intera (auto?)rappresentazione nonché il turbinare caotico di parole e sintagmi alla "libertà d'espressione", valore abbastanza riconosciuto negli anni che precedettero il cataclisma mondiale, di cui la guerra civile in Edonia fu solo una delle periferiche e trascurabili propaggini. Molti hanno notato la strana distorsione sonora, in cui le parole di Rampini si trovano ripetute, non tanto in "loop" ma con un effetto eco: "provocazione… cazione… azione…; autodiagnosi… diagnosi… gnosi…; americano medio… nomedio… dio…".
Improvvisamente la macchina da presa, con un repentino zoom verticale all'indietro, abbandona Rampini al suo appassionato intervento rivelando più precisamente lo spazio: un gigantesco tubo di lamiera qua e là arrugginito e trasudante umidità, di diametro congruo ma non ragguardevole, culminante in una ringhiera. Attorno a quella ringhiera: i mostri.
 Non sono mostri. Sono esseri umani. Gli ultimi esemplari? Mai dire mai, la nostra, dobbiamo prenderne atto, è una lotta che durerà secoli. Seminudi, scheletrici, inzaccherati di ogni possibile lordura, si aggirano intorno al tubo-baratro e ridono orrendamente, piangono, si strappano i capelli. Primi piani fulminei, quasi subliminali: quella bocca parzialmente sdentata e i denti rimasti accusano carie devastanti eppure quella bocca è ilare, quei piedi dai quali scoppiano vesciche con effetti sonori mai registrati dagli archivi di missaggio, una mano che strizza freneticamente e senza costrutto un'appendice floscia e sgocciolante (ma di cosa?) tra due cosce assurdamente adipose e forse purulente. Molti si sporgono verso il fondo, verso l'origine di quell'oscuro richiamo: non demonizzare… monizzare… are… Alcuni di essi sporgono l'ano cosparso di emorroidi e spruzzano misere gocce di feci verso la latrina gigantesca al centro della quale si staglia l'oratore Rampini (così si spiegano le sue molte chiazze?). Non intenzionalmente, si badi (è importante): il loro corpo rachitico è continuamente scosso da convulsi accessi di tosse, dilatando lo sfintere e provocando l'involontaria espulsione.
Ma costoro stanno realmente guardando in fondo a quel fosso? Stanno ascoltando? È ancora possibile garantire un'intenzionalità in questa sarabanda di cui gli odierni ricercatori rintracciano echi iconografici di Dürer, di Charcot, di Tod Browning, di Lovecraft e del film "Alien 3" (secondo l'audace interpretazione di HGVG XII tutti gli esseri viventi della struttura edoniana sarebbero cloni di "Danny Webb")? E ancora: questo ennesimo, fastidioso ma comunque in medio termine condannato bubbone di umanità provvede al proprio sostentamento? E come? Forse ricorrendo al cannibalismo? Oppure dobbiamo prendere in considerazione l'assurda eresia di JHGYE XYV, che dietro Rampini si illude di intravedere un rettangolo di luce, a livello del suolo, dal quale – ma è solo un'illazione pseudoaccademica – verrebbe passato "del cibo" non meglio determinato, in modo tale da assicurare la preservazione del "corpo Rampini" e quindi del valore "libertà di pensiero"? Abbiamo seri motivi di dubitarne.

domenica 11 gennaio 2015

Fly me

– What in fact has been created? An international community. A perfect blueprint for world order. When the sides facing each other suddenly realize that they're looking into a mirror, they'll see that this is the pattern for the future.
– The whole world as the Village?


– That is my dream. What's yours?

martedì 26 agosto 2014

It's not personal. It's strictly business

Copincollo qui rielaborandole appena alcune mie riflessioni circa il video di James Foley, scritte a caldo nelle ore che sono seguite alla sua diffusione (tranne l'ultimo punto preceduto da asterischi, di oggi) in una conversazione a più voci che si può leggere interamente qui. Ho rivisto il video varie volte e ho cambiato idea varie volte, fino al punto in cui naturalmente non si hanno più idee. Prendi questo post come una sorta di storify.
Una sola considerazione preliminare: nei minuti successivi alla notizia si è immediatamente attivata in rete la gara allo statement "io non lo guarderò". Un amico retwittava alcune di queste dichiarazioni di fede nolente. Gli scrissi per due volte consecutive, con un'insistenza singolare per le nostre modalità di scambio, dicendogli che il video, stavolta, ci toccava vederlo. Capivo e condividevo la sua rabbia, ma sentivo anche che qualcosa non andava. L'indomani hanno iniziato a manifestare il medesimo atteggiamento giornalisti e opinionisti della comunicazione mainstream. Poi sono arrivati gli editoriali. L'informazione italiana, insomma, ci teneva a comunicare a tutti che non avrebbe studiato la fonte, non avrebbe visto il video (alcuni si son spinti iperbolicamente ad affermare che rifiutavano persino di guardare un solo frame), non avrebbe analizzato nulla, e quindi informava i lettori che si considerava libera dal dovere di fornire qualsivoglia informazione che non riguardasse se stessa e i propri "stati d'animo". Questa giunzione tra rete e mezzi di comunicazione, tra l'io del social network e quello della carta stampata, mi sembra chiudere in bellezza l'estate.

Gli snuff movie, nel nostro immaginario (ché nessuno li ha mai visti) puntano sulla continuità temporale, sul dettaglio cruento in bella mostra, su ciò che viene rappresentato e non sul modo in cui viene rappresentato. Puntare sul modo crea una distanza: perché volerla creare, qui? Non ci dovrebbe essere un alternarsi tra immagini iniziali graffiate "alla Grindhouse" (il discorso di Obama), come se appartenessero a un passato remoto, e immagini iperrealiste e patinatissime. In parole povere, uno snuff movie non è girato da De Palma. Questo video, invece, sembra girato da De Palma.

Se non guardi il video, inorridisci; ma se lo guardi, tutto è congegnato in modo da farti interrogare sulla sua fabbricazione.

L'interpretazione di "Le Monde" sarebbe che si è scelta una forma in qualche modo "soft" per non dissuadere eventuali nuove reclute. Di mio aggiungo la possibilità che le nuove tecnologie permettano ormai di ottenere in modo facile e rapido una qualità standard, che proprio in quanto tale si trova sganciata da qualsiasi intenzionalità: una forma insignificante, insomma (scienza senza coscienza ecc.). La maggior parte dei film oggi è così. Un tempo una carrellata poteva essere "oscena", "morale", ecc. Oggi la stragrande maggioranza di esse non è nulla. Ambedue le interpretazioni non spiegano però tutte le stranezze del video. Le stranezze restanti potrebbero essere spiegate da una soluzione agghiacciante, modello "fucilazione di Mario Cavaradossi".

Ripeto, il modello potrebbe essere il filmato vero/finto finto/vero di De Palma, più che le serie tv. In soldoni: gli aguzzini chiedono alla vittima di pronunciare un testo/testamento distintamente, dopodiché lo decapiteranno per finta. E così avviene (la lama che non convince, l'assenza di sangue). Quindi lo decapitano davvero. Moglie piena e botte ubriaca: l'attore ha recitato bene, ora possiamo sbarazzarcene.

La fattura curatissima, ripeto, potrebbe essere legata alle esigenze descritte da "Le Monde", oppure essere frutto di una qualità indifferente, celibe. O un mix delle due cose. (O altro, certo: l'unica cosa sicura è che quella fattura è indiscutibile.)

Ho appena rivisto il video e non credo più all'ipotesi "macchina celibe". È costruito troppo bene, l'intenzionalità è evidente e solida. Colpisce, tra l'altro, l'uso perfettamente calibrato di tre registri d'immagini successivi. Prima la dichiarazione ufficiale di Obama, graffiata artificialmente come se fosse una vecchia vhs, reperto del passato ritrovato dagli alieni: i sogni telepatici inviati dall'avvenire in Prince of Darkness, le immagini mentali di Fino alla fine del mondo. Quindi gli infrarossi delle operazioni militari segrete, anch'esse con il loro retaggio storico e televisivo (ma anch'esse sembrano sfruttate con la consapevolezza delle successive destrutturazioni, compiute appunto da un De Palma e da altri). Infine la verità: spogliata di ogni orpello, "nuda": un mare di sabbia con due uomini al centro, sotto una luce metafisica, iperrealista. Gus Van Sant, mettiamo. I tre registri sono convenzionali, ovviamente, ma in qualche modo ancora efficaci. Ma perché siano efficaci, chi ha costruito il video deve sapere che sono convenzionali (come dire: deve sapere, ad esempio, che il "registro della verità" non è "la verità").

Quel che si ricerca, forse, è appunto l'immagine-archetipo, mentale, diciamo junghiana (se preferite: kubrickiana; Shining è il miglior film della storia sui fantasmi perché è girato da uno che ai fantasmi non crede affatto). Un artefatto assoluto, insomma: quindi fuori dallo spazio e dal tempo. Non colpisce nessuno e colpisce tutti. Tra pochi anni nessuno ricorderà il video di Pearl. Questo is here to stay, come il rock and roll versione horror dell'autoradio di Christine. Produce stupore, paura e recondita ammirazione. Una tragedia greca di due minuti, insomma. Le leggiamo ancora.

Penso che sia un prodotto occidentale, o che comunque attinga a piene mani al linguaggio cinematografico occidentale. È una "nostra" produzione. Il che non significa che non sia roba "loro". Noi, loro. Il problema (che il video curiosamente conferma) è che dei protagonisti del filmato (quel nero che parla da solo all'inizio, quel giornalista di cui si eran perse le tracce da due anni, il tizio incappucciato), per non parlare dei loro rapporti, conflitti, ecc., noi non sappiamo assolutamente nulla. È appunto un assoluto minimale.

C'è un'idea universale, assoluta. Non so neppure se sia un'idea dell'Islam. Io ci vedo l'Idea e basta. L'archetipo. Si può anche chiamarlo Vuoto, o Nulla, se si preferisce.

In questo senso, i due discorsi, quello di Obama e quello del condannato (peraltro il secondo è espresso in un inglese impeccabile, scritto e limato, con tutti gli effetti al posto giusto: si percepiscono tutti i nessi logici, si vedono i punti e virgola), ignorando tutto quello che ho scritto tra parentesi potrebbero essere sostituiti dalla lettura dell'elenco telefonico. Mi chiedo se l'effetto principale cambierebbe.

 ***

Ieri sera per una serie di cortocircuiti ho avuto per la prima volta il sospetto di un'altra stranezza, circa quel video. Vado subito al dunque: l'idea è la scarsa presenza di un messaggio religioso o pseudoreligioso che dir si voglia. A verifica compiuta, l'impressione è confermata ma resta tale o è comunque difficilmente argomentabile a parole. Nelle didascalie (sfondo nero iniziale, sottotitolo dell'immagine del bombardamento), il termine "Islamic State" appare 2 volte, "Muslims" 1 volta. Nel discorso di Foley non è rintracciabile alcun termine appartenente al registro religioso. (In alto a sinistra compare un piccolo logo, con una sorta di moschea sovrastata dall'inevitabile mezzaluna; il logo è spesso coperto da una bandiera svolazzante: è piccolo, ripeto, per posizione e dimensioni non deve distrarre l'attenzione dello spettatore; deve, sostanzialmente, passare inosservato.) Quando parla il terrorista incappucciato, abbiamo: "Islamic State" (2 volte), "Islamic Caliphate" (2 volte); "Islamic Army" (1 volta), "Muslims" (3 volte). Tutte queste occorrenze sono meri dati di fatto, non dichiarazioni di fede (dice "Islamic State" perché è un dato di fatto, così come immagino che sia un dato di fatto che le vittime dei bombardamenti USA fossero musulmane; o se si vuole esser più severi, siamo di fronte a una fraseologia di tipo performativo: nel momento in cui io pronuncio "Islamic State", lo Stato Islamico nasce ed è). Mai la parola "cristiani", mai "miscredenti", "infedeli", "guerra santa", "jihad", eccetera. In compenso, l'oscura e pesantissima accusa fatta agli USA di essere andati "far out of your way to find reasons to interfere with our affairs", laddove l'espressione volutamente ambigua "our affairs" sposa (e quindi condivide) un immaginario tipicamente occidentale, più precisamente americano o di stampo mafioso. Una dichiarazione politica scritta da Michael Corleone, per intenderci: e infatti anche lì la religione era usata sfacciatamente come copertura. 
(Non dimentichiamo che per l'americano medio la saga del Padrino è un po' la sua Iliade: e che se inizialmente la famiglia Corleone doveva raccontare metaforicamente, attraversandolo, il ventesimo secolo degli Stati Uniti, Coppola piegò il progetto fino a farlo diventare anche, com'era naturale che fosse, la storia di Hollywood.)

sabato 11 gennaio 2014

Make 'em laugh Dieudonné

Dieudonné è davvero un comico mediocre ma quando oggi ha detto a proposito di Ariel Sharon: "Après une longue carrière militaire et politique, il a fait le choix de se tourner vers le dialogue avec les Palestiniens", confesso di essermi fatto una bella risata.
Lo so che è una castroneria ma Dieudonné non è mica uno storico, non è mica il Presidente della Repubblica francese.
È solo un comico.


venerdì 22 novembre 2013

Ou peut-être hier, je ne sais pas.

In una famiglia si litiga, poi si arriva alla sintesi.
Alessandra Moretti, deputato PD, oggi da "Otto e mezzo" di Lilli Gruber.


lunedì 9 settembre 2013

though I don't know why

"CNN cannot independently verify the authenticity of these videos but we’re reporting on them because we have verified the Obama administration is showing them to members of congress as they hope to build a case to support military strikes against the Assad regime."
 Jake Tapper, CNN, 7 settembre 2013.



giovedì 5 settembre 2013

sabato 8 dicembre 2012

Les Gens d'en face

Mio nonno aveva svariati fratelli e sorelle. Non ne ho conosciuto nessuno (uno l'ho intravisto da ragazzino) e di loro so poco. Ora sono tutti morti. So che a parte una di loro furono tutti resistenti, ma credo che solo una abbia ammazzato con le proprie mani. Il giorno della fine del fascismo, almeno così mi hanno raccontato, sfila su un carro per le vie di Roma. Arrivati a piazza Venezia, due giovani soldati sotto il famoso balcone puntano il fucile contro il camion. Tutti scendono e scappano. Lei invece si dirige dritta verso quei due, strappa loro il fucile di mano e molla due ceffoni a ciascuno.
1990. Da quel che so, lei soffriva di una grave forma di depressione. Il marito, uno storico, si era rotto una gamba e veniva a medicarlo un'infermiera. Un giorno l'infermiera suonò alla porta. Invece di aprirle, la mia prozia preferì buttarsi dalla finestra. Credo che abitassero al quarantesimo piano.

Mia nonna era nata in Germania ed era ebrea. Nel '33 si dissero che era meglio espatriare. Lei andò in Italia, il fratello in America. La sorella più giovane emigrò a Londra. Durante la guerra si guadagnò da vivere facendo la saldatrice per la RAF, forse fu proprio uno dei "suoi" aerei che rase al suolo la casa di famiglia, a Berlino. È ancora viva e il suo secondo nome è Estrella.


Grazie alla rete, ho scoperto pochissimi anni fa che Stenelo era lo pseudonimo di un altro fratello di mio nonno. Io credevo di chiamarmi così per motivi religiosi (Stenelo figlio di Capaneo, bestemmiatore di Dio). Anche lui si era sposato con un'ebrea tedesca, lei ho fatto in tempo a conoscerla.
Roma fine anni Settanta, retate a gogo. Mio cugino, figlio di Stenelo, mi raccontò di esser stato fermato dalla polizia, per strada, e portato in commissariato. Cominciano a torchiarlo: "Tua madre è ebrea? Eh? Una puttana, eh? Quanti cazzi succhia, eh?". Puntandogli il dito contro, facendolo indietreggiare. Quel poliziotto conosce il tipo che ha di fronte: lombrosianamente, prima o poi risponderà con le cattive, in famiglia siamo abbastanza maneschi e mio cugino può permetterselo: è un armadio, con pugni grossi come incudini. Il poliziotto vuole esattamente quello. Come tutti, mio cugino avrà fatto anche lui qualche fesseria, nella sua vita, ma quella volta non commette l'errore di non guardare dietro di sé: dove lo aspetta, invitante, una finestra, naturalmente aperta. Lui l'ha scampata.


Il 28 luglio 1993, a mezzanotte e otto, mi trovavo a Roma, zona Monteverde vecchio, nel grande appartamento dei miei nonni, ambedue scomparsi. Sentii un forte boato, questo lo ricordo. Non ricordo cosa pensai al momento, probabilmente nulla, e neppure se dopo pochi minuti scoprii quel che era successo perché lo vidi in televisione (credo non funzionasse più) o perché mi telefonò mio cugino, sempre lui. Via del Velabro, certo. Ci vive suo fratello, con la vecchia madre. Pochi minuti dopo siamo lì. La polizia ha già bloccato il quartiere: "Non si può passare". "Come non si può passare, testa di cazzo, lì ci abita mia madre, ti spacco la faccia."
A mezzanotte e otto il cugino del Velabro era per strada e stava infilando la chiave nella toppa del portone. L'autobomba si trovava a pochi metri di distanza. Rientrando, ci era passato davanti una manciata di secondi prima. Il soffio lo ha catapultato all'indietro. Scardinato, il portone pesantissimo è stato proiettato in avanti. Se gli fosse cascato addosso, probabilmente mio cugino sarebbe morto. Se l'è cavata senza un graffio.
Saliamo all'appartamento. Fa buio pesto, in tutta la zona è saltata l'elettricità. Andiamo nella stanza della mia prozia. Tranquilla, in camicia da notte. Ricordo le torce nell'oscurità, e la voce di uno dei figli: "Fortuna che già dormiva invece di leggere seduta, sennò la mamma ce l'eravamo giocata". E il fascio di luce a sciabolare la parete, una trentina di centimetri sopra il letto: un Seurat di schegge di vetro conficcate nel muro, sparate nella stanza dalla finestra esplosa.


La mia prozia morì sette anni dopo. Ricordo che mi recai alla camera ardente, ed entrai nel momento esatto in cui ne usciva Luciano Violante. All'epoca era Presidente della Camera, e il suo discorso d'insediamento è rimasto tristemente celebre. Un Presidente della Camera "non dovrebbe mai agire come se stesse scrivendo la Storia". Non so se la sua presenza risultasse gradita. Ma è anche vero che non puoi sceglierti i dirimpettai e a volte sei costretto a mangiarti la minestra, sperando che non sia cicuta.

sabato 27 ottobre 2012

E cadde il Silenzio. Tanto si rialza sempre.

ho deciso non mi ricandido sono obbligato a restare in campo


lunedì 1 ottobre 2012

EVER DREAM STO QUA?

Every night, all over the world, hundreds of people see sto qua in their dreams. If sto qua appears in your dreams too, or if you have any information that can help us identify him, please contact us: http://www.stoqua.org


I never see sto qua in my dream. But it must be said that he is really gigantic and scary that I feel little every time I see him.
(Arcomanio, Catanzaro, Italy)

Sto qua tiptoes to my room every night. Then I fall asleep to dream my dreams of sto qua. In dreams, I walk with sto qua. In dreams, I talk to sto qua. In dreams, sto qua is mine.
(Gudrun Ouallalla, Oslo, Netherlands)

One, two, sto qua's coming for you... :-D
(Arkancelo, Budapest, Turkey)

If you ever hear this song http://www.youtube.com/watch?v=xDXT7wC9jrc call immediately STO-QUA-666.
(Michel Mières, Montcuq, France)

venerdì 3 agosto 2012

Inermi e cordiali

Che la recessione incombesse sulle teste di milioni di inermi e cordiali individui Samuel lo aveva capito dal fatto che, tanto per fare un esempio, quasi da un giorno all’altro i ristoranti alla moda (Indochine, Cipriani...), dove fino a qualche tempo prima era necessario prenotare con una decina di giorni di anticipo, avevano sempre dei coperti vuoti.
Alessandro Piperno, Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2012.


mercoledì 21 marzo 2012

Le Franc national

@Lahcen3m oui le nourrir avec un bon cassoulet et le gazer ensuite
filippi60
il y a 1 heure

C est quoi ce titre bande de salopards !!!!
Pourquoi pas un Cowboy tant que vous y etes !!!!
EuropeIsrael

Orlan aggratis (ffrap!)

Devo filmare quello che mi piace, non le cose brutte.
Gli stilisti espongono le loro collezioni in un museo di Firenze... E perché devo andare a filmare? C’è una pazza che si mette in mostra con le sue operazioni di chirurgia plastica dentro un museo… E chi se ne importa!
Nanni Moretti (Nanni Moretti) in Aprile (Nanni Moretti, 1998).

Outputonly o gustidimmerda? Votate! Snob, ma sarà la tua passione per le immagini orrorifiche che ti influenza. Complimentoni vivissimi. Un genio. È molto interessante tutto ciò. Ma perché lo scrivi in questo thread? Oh, non iniziate a trollare qui, superstar (e superstarri) mancati. È lecito, ma non è molto gentile. Capito cosa intendo? Trovo abbastanza antipatico e spocchioso l'atteggiamento di alcuni che, in FF, si comportano un po' come il Papa o come una superstar. Certo, io ho espresso il mio pensiero. È una curiosità scientifica. Capito cosa intendo? Se qualcuno non si evolve dai quattordici ai cinquant'anni, temo sia ben difficile che lo farà dai cinquant'anni al momento della sua morte, il significato sta tutto lì. La morte non l'ho mica inventata io, eh. Capito cosa intendo? Spero che uno più ferrato di me su 'ste cose possa darti una risposta, perché io zero, mi spiace! Capito cosa intendo? Se avessi voluto mandare a cagare qualcuno specificatamente avrei scritto "Ma vai a cagare". Capito cosa intendo? Bravaaaaaaaaaaa!!!! Biiiis! Biiiiiiissss! Ma quale modesta opinione, tu sei la mia luce :). Fa un po' presuntuosetto snob megalomane. Basta, ora la pianto, che tanto hai già spiegato tutto tu :) (Grazie) Non è come "La gente cammina perché ha le gambe", è molto peggio. Ahahahahahah ah sì? Ma complimenti! E poi, cos'altro? La tua leccornia preferita è la pupù? Il sentimento più amorevole per te è l'odio? Capito cosa intendo? E' che proprio non riesco a sopportare gli arroganti e chi se la tira. No, mi spiace, le prove in mio possesso non sono valide a causa di alcuni vizi proceduarli ;) Capito cosa intendo? Raga, è impo: capito cosa intendo? Blablablabla ma non c'è prova che blablablabla. Ho capito, grazie per la spiegazione, è molto interessante tutto ciò. Essere incoerenti è un corto circuito drammatico tra la propria esperienza di vita, tra ciò che si è acquisito e si è scelto e tra il proprio spirito critico (fondamentale in un essere umano). E' come vivere continuamente avulsi da se stessi e dalla propria vita (intesa come esperienza accumulata e come sequenza di apprendimento, soprattutto morale). Capito cosa intendo? E' essere in balia di altro e non orientati da ciò che si è. Un conto è se mi dite: "So che mangiare la torta con la panna mi fa ingrassare e mi fa venire il diabete, ma sono incoerente e goloso e me la magno". Ok, va be'. Capito cosa intendo? Oppure: "So tutto della medicina dello sport, l'ho studiata a menadito, ma sono pigro e conduco vita sedentaria". Ok. E' umano (è coerente con la natura umana). Capito cosa intendo? Evidentemente i due mojito che aveva ingurgitato gli avevano annebbiato il raziocinio. Tu sei la mia luce :)
Padre snaturato.
Ladro-assassino.
Pedofilo.
:-) ;-)))))


lunedì 19 marzo 2012

Basta un clic (un clic e basta)

Ancora oggi, a distanza di secoli, ricordo il brivido che corse lungo la mia schiena di ragazzino al fulmineo gesto di Desailly, quando infila la mano nel taschino della giacca per inforcare gli occhiali: a ricostituire un contegno borghese prima di avvicinarsi alla balaustra, per osservare dall'alto del terrazzo Dorléac che si allontana per sempre.
Ma solo oggi ho notato il clic che fanno gli occhiali estratti dal taschino, un clic al contempo preciso e innaturale – gli occhiali non fanno clic – nel quale è racchiusa l'idea stessa di quel film, la visione del mondo e del cinema di François Truffaut.

mercoledì 21 settembre 2011

Telefott

La culona è inchiavabile, crucca e cozza.
E io ho barzellette da riferire
e mille intercettazioni da bloccare prima di cantare.
Mille intercettazioni da bloccare prima di cantare.







giovedì 5 maggio 2011

Barakobama: operazione Geronimo

Questi uomini formavano la cerchia intima di Stalin: erano il gruppo con la “carnagione del Cremlino” (terrea, con chiazze livide), lavoravano con lui tutto il giorno e bevevano con lui tutta la notte. Dobbiamo figurarci le loro facce intorno alla tavola imbandita per cena, o allo sfarfallio del proiettore del cinema privato […] Kruscev racconta che Stalin era appassionato soprattutto di western: “Di solito ne parlava male e ne dava una valutazione ideologica appropriata, ma poi ne ordinava immediatamente di nuovi”.
Martin Amis, Koba il Terribile — Una risata e venti milioni di morti (trad. di Norman Gobetti, Einaudi, Torino 2003), pp. 105 e 161.




Milovan Gilas venne invitato al cinema del Cremlino, e notò che “per l’intera durata della proiezione Stalin si produceva in commenti ad alta voce, reagendo di fronte a quanto accadeva sullo schermo come fanno gli ignoranti che scambiano la messinscena artistica con la realtà”.
Ibid., p. 161.

martedì 7 settembre 2010

Odissee a proprie spese

Avrei tante cose da dire. Al popolo italiano, e non solo.
Vittorio Lodi (credo) a Mirabello.

C'è un leader, c'è una squadra, c'è un'identità politica e un popolo che ci segue, convenuto a proprie spese nella sperduta Mirabello in una domenica d'estate. Qualcuno ha dubbi?
Adolfo Urso.



giovedì 5 agosto 2010

Niente da vedere niente da nascondere

— Cambia il tempo…
— Ti prego, cara Giulia: non essere sempre così didascalica.
Giulia (Dominique Blanchar) e Corrado (James Addams) ne L'avventura (Michelangelo Antonioni, 1960).

— Vieni, cara!
— Eh, sto controllando il soffritto…
— Ma vieni, cazzo! Corri!!
— Ma che c'è?!
— C'è Minzolini! Corri! Minzolini, cazzo, vieni!!! Corri…
— …
— …

Non è la prima volta che mi capita. Sarà almeno un anno che mi porto dietro questa sensazione, senza riuscire a darle un nome.
Ma perché grido così.
La vanità dell'urgenza, quasi dovesse veramente succedere qualcosa, e per salvare una miserabile rotella cipollina si perdesse chissà quale messaggio in codice, l'occhiolinata definitiva, la gestualità massonica dell'unirsi, incrociarsi, aggrovigliarsi di quegli artigli. Appuntarlo, inchiodarlo come una spaventosa farfalla rinchiusa in un quadro-bacheca, badando a non ritrovarsi tra i piedi quell'impiastro di Jerry Lewis.
Quelle dita, soprattutto. Cogliere il maneggio fuggente. Come quell'indimenticabile rotear di polso dell'ascensorista Shirley nell'Appartamento. E quando accade, soprattutto: avere un complice, accanto. Un testimone oculare.
Quindi, il ricadere dell'attenzione, schiacciata dall'evidenza del tutto. La compattezza scomposta di quegli "editoriali" ti vota al fallimento, sempre, lasciandoti con la certezza che il particolare essenziale ti è sfuggito, anche stavolta. Semplicemente perché non c'era.

L'indomani sono in auto, e mi vengono addosso colline, vigneti e olivi, ce n'è uno smisuratamente alto, come certi alberi del nordovest americano, dove non sono mai stato. Un carrello in avanti (quelli laterali sono un'esclusività del solitario di Croisset), e di colpo penso, e aggravando il satori con un'emissione pomposa dico ad alta voce: "Minzolini è un paesaggio".(1)
O un tramonto. Stai lì a guardarlo, ma con i nervi tesi, mai sereno ("sono sereno" era la frase preferita dei politici un attimo prima del tintinnar di manette, questo lo ricordo come fosse ieri). Ci fosse un raggio verde, chi può mai dire? E in quel caso, l'opportunità di brillare, vedendolo per primo in un istante preciso, indimenticabile, collocabile nello spazio della memoria, lasciando un'indelebile incisione nell'immaginario altrui: "Guarda! Hai visto?!". Oppure pensare che la tua ansia insoddisfatta partecipi dell'orizzonte, modificandolo nel delirio solipsistico riservato ai bambini o a certi tedeschi ("C’è un tale in Germania, uno tipo Fritz. O Werner. Ha questa teoria: se vuoi fare un test, tipo perché i pianeti girano attorno al sole, di cosa sono fatte le macchie solari, perché l’acqua esce dal rubinetto, insomma queste cose devi guardarle. Ma quando le guardi, a guardarle le cambi. E a quel punto non sai più cosa è successo, o cosa sarebbe successo se non ci avessi ficcato il naso. Si chiama 'Principio d’indeterminazione'. Sembra un delirio, ma persino Einstein dice che quel tale ci ha preso").
E invece. Niente da vedere niente da nascondere. Minzolini è arte concettuale. Nei dettagli non si nasconde nulla: non è mica Dio. Solo un fatto estetico: l'imminenza di una rivelazione che non si produce. Queste cose devi guardarle. Come un guardiano di polli renitente, che quando scrisse di libri e muraglie si immaginava cieco (era solo una finzione premonitrice).
Allora "the horror… the horror…"? La battuta sarebbe davvero azzeccata, credo, ma solo se a pronunciarla fosse un indolente, annoiatissimo George Sanders. Sogni d'oro, sweet cesspool.


1) E in auto c'è anche una bambina di otto anni. A proteggerla da Avatar, che ha già visto con me, ci pensa Bondi. Ma chi la salverà, se nel futuro dovesse ricordare, suo malgrado, "questo carrello contro natura"?

giovedì 10 giugno 2010

La finestra sul vuoto



C'è un pericolo che venga messo un bavaglio sulla bocca di giornalisti, sulla bocca anche di politici che vogliono parlare basandosi su informazioni della magistratura e dei giornalisti. Detto questo […] il bavaglio ce lo mettiamo noi con le nostre mani, prima ancora che venga la legge. Il rischio bavaglio non è qualcosa che sta davanti a noi. Noi siamo già una nazione, dal punto di vista della memoria, "imbavagliata". Ma ci siamo imbavagliati da soli.
Barbara Spinelli su "Repubblica RadioTv", 8 giugno 2010. (Integralmente qui.)