
Il giorno in cui l'uomo di cui vorrei dimenticare il nome (come diceva sempre Borges a proposito di Perón) presenta la lista dei suoi ministri al Presidente della Repubblica, un illustre editorialista di un prestigioso quotidiano conclude così il suo commento: "Quando si comincia un’opera complicata è d’obbligo e non solo cortese guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno". Secondo me il bicchiere è completamente vuoto perché gli italiani se lo sono bevuto tutto e dentro c'era il loro cervello (e magari il midollo se lo sono tracannato "alla spina"), ma il punto non è questo. Il punto è che "guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno" mi sembra alquanto incomprensibile per chi il cervello non se l'è ancora bevuto tutto. Scusa, rileggi e pensa: "guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno". Il bicchiere, la parte...: ma che è? Bisogna mettersi di profilo? Il bicchiere è pieno se lo vedi da sinistra, ma se ti sposti a destra è vuoto? Ma che razza di bicchieri hanno gli illustri editorialisti di prestigiosi quotidiani? "Guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno"... Dove è pieno che? Il bicchiere? Ma per godere di sì bella vista si deve spostare l'osservatore o il bicchiere? E se è il bicchiere, in che senso va spostato? E spostandolo, non c'è il rischio di rovesciarne il contenuto dalla parte dove è pieno per poi ritrovarsi con due o più parti del bicchiere che allora comunque lo guardi, ti giri e te lo rigiri da tutte le parti, apparirà sempre vuoto sopra e sotto le parti del suddetto bicchiere? E poi pieno di che? Più ci penso, a 'sta storia del bicchiere con le parti piene e quelle vuote e quelle che chissà, più mi sembra di vedere un bicchiere alla Escher, tipo ipercubo o tesseratto. Un iperbicchiere, un bicchieratto anche un po' bischero, un metabicchierino birichino, con tante, infinite parti, in alcune dimensioni della realtà piene, in altre vuote, parti di un tutto, a parte tutto, o di un tutto, almeno, in parte...
P.S.: La poesia letta dalla bambina dotata di inutili poteri telecinetici nella scena finale di
Stalker credo sia stata scritta da Arseni Tarkovskij, padre del regista:
Amo gli occhi tuoi, amica mia,
il loro gioco splendido di fiamme
quando li alzi all’improvviso
e come un fulmine celeste
guardi veloce tutto intorno.
Ma c’è un fascino più forte.
Gli occhi tuoi rivolti in basso
negli attimi di un bacio appassionato
e fra le ciglia semichiuse,
del desiderio il cupo e fosco fuoco.(Nei sottotitoli francesi del film, il primo verso è: "Amo gli occhi tuoi,
amico mio" e a questo punto non garantisco più nulla, io non parlo il russo, scusami pardòn.)
AGGIORNAMENTO (22 marzo 2009): Da
una dacia d'orrore in una taiga di noia giunge voce che la poesia sia di
Fëdor Ivanovič Tjutčev. Insomma, c'è chi popola uno spazio di immagini, di province, di reami eccetera eccetera. A me tocca accontentarmi di errori, svarioni e refusi. Basta non guardare specchi e bicchieri e siamo a cavallo, come diceva Calamity Jane.