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domenica 15 ottobre 2017

Blade Runner 2049 (Denis Villeneuve, 2017)

Più che nell'originale, in Blade Runner 2049 pesa la sceneggiatura: resta a valle il vero motore del film, la sua ragion d'essere. È chiaramente il risultato di vari copioni scritti lungo molti anni, e di ciascuno di essi non si è riuscito a stralciare tutto, dimodoché il copione definitivo parte zavorrato dalle versioni precedenti, per arrivare alla durata finale e non proprio giustificata. Molte situazioni partono sulla carta già vecchie e sullo schermo stentano a trovare una loro autonomia. Pesa molta fantascienza cinematografica e videoludica degli ultimi tre decenni; pesa tra tutti un film fantasma, che è A.I. di Stanley Kubrick.
Villeneuve viene chiamato a risolvere e trasfigurare il tutto, e ci riesce quasi sempre, ma non riesce a snaturare e soprattutto a sostituirsi al chimerico testo di partenza. Di suo ci mette l'incontestabile visionarietà di spazi immensi e tuttavia indecifrabili; esalta rime esterne (con il primo Blade Runner) e interne. Gli si chiede di risolvere l'anonimo testo hollywoodiano in versi, con un occhio a Stalker e Solaris. Ma – ed era già il problema dell'originale, scavalcato negli anni dall'immaginario collettivo – le parole a fine verso che Villeneuve si ritrova a disposizione appartengono al registro di "fiore", "cuore", "amore". Con Tarkovskij le parole erano altre. O meglio: erano a malapena "parole".

lunedì 1 marzo 2010

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

IX — THE CRACK-UP

Tre palline antistress a chi riconosce il titolo del film da cui ho estratto questo fotogramma. Nuove immagini si materializzeranno giovedì e sabato, ma ogni volta una pallina rotolerà in un tombino.
AGGIORNAMENTO (giovedì 4 marzo): Nuova crepa. Due palline antistress e passa la paura.
AGGIORNAMENTO (sabato 6 marzo): Terza immagine. Una pallina antistress.

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La partita si è conclusa senza vincitori.
Il film da riconoscere era Solaris (Andrej Tarkovskij, 1972).
La prossima sfida si terrà lunedì 8 marzo.

giovedì 19 giugno 2008

Bistecche 3

La mia coscienza vuole la vittoria dei vegetariani nel mondo, e il mio subconscio langue per una fetta di carne saporita. Io che cosa voglio?
Lo Scrittore (Anatolij Solonitsyn) in Stalker (Andrej Tarkovskij, 1979).

lunedì 12 maggio 2008

Bicchieri

Il giorno in cui l'uomo di cui vorrei dimenticare il nome (come diceva sempre Borges a proposito di Perón) presenta la lista dei suoi ministri al Presidente della Repubblica, un illustre editorialista di un prestigioso quotidiano conclude così il suo commento: "Quando si comincia un’opera complicata è d’obbligo e non solo cortese guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno". Secondo me il bicchiere è completamente vuoto perché gli italiani se lo sono bevuto tutto e dentro c'era il loro cervello (e magari il midollo se lo sono tracannato "alla spina"), ma il punto non è questo. Il punto è che "guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno" mi sembra alquanto incomprensibile per chi il cervello non se l'è ancora bevuto tutto. Scusa, rileggi e pensa: "guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno". Il bicchiere, la parte...: ma che è? Bisogna mettersi di profilo? Il bicchiere è pieno se lo vedi da sinistra, ma se ti sposti a destra è vuoto? Ma che razza di bicchieri hanno gli illustri editorialisti di prestigiosi quotidiani? "Guardare il bicchiere dalla parte dove è pieno"... Dove è pieno che? Il bicchiere? Ma per godere di sì bella vista si deve spostare l'osservatore o il bicchiere? E se è il bicchiere, in che senso va spostato? E spostandolo, non c'è il rischio di rovesciarne il contenuto dalla parte dove è pieno per poi ritrovarsi con due o più parti del bicchiere che allora comunque lo guardi, ti giri e te lo rigiri da tutte le parti, apparirà sempre vuoto sopra e sotto le parti del suddetto bicchiere? E poi pieno di che? Più ci penso, a 'sta storia del bicchiere con le parti piene e quelle vuote e quelle che chissà, più mi sembra di vedere un bicchiere alla Escher, tipo ipercubo o tesseratto. Un iperbicchiere, un bicchieratto anche un po' bischero, un metabicchierino birichino, con tante, infinite parti, in alcune dimensioni della realtà piene, in altre vuote, parti di un tutto, a parte tutto, o di un tutto, almeno, in parte...




P.S.: La poesia letta dalla bambina dotata di inutili poteri telecinetici nella scena finale di Stalker credo sia stata scritta da Arseni Tarkovskij, padre del regista:

Amo gli occhi tuoi, amica mia,

il loro gioco splendido di fiamme

quando li alzi all’improvviso

e come un fulmine celeste

guardi veloce tutto intorno.


Ma c’è un fascino più forte.

Gli occhi tuoi rivolti in basso

negli attimi di un bacio appassionato

e fra le ciglia semichiuse,

del desiderio il cupo e fosco fuoco.


(Nei sottotitoli francesi del film, il primo verso è: "Amo gli occhi tuoi, amico mio" e a questo punto non garantisco più nulla, io non parlo il russo, scusami pardòn.)

AGGIORNAMENTO (22 marzo 2009): Da una dacia d'orrore in una taiga di noia giunge voce che la poesia sia di Fëdor Ivanovič Tjutčev. Insomma, c'è chi popola uno spazio di immagini, di province, di reami eccetera eccetera. A me tocca accontentarmi di errori, svarioni e refusi. Basta non guardare specchi e bicchieri e siamo a cavallo, come diceva Calamity Jane.