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sabato 12 settembre 2020

"LA COSA" > "il coso" (sulla serie "Dark")

La parabola in tre stagioni della serie germanonetflixesca Dark è a suo modo emblematica della narrazione per immagini semoventi del primo quarto di secolo. Sarebbe da pubblicarci un libro che non scriverò, o un post lunghissimo che vado elaborando da giorni e che per un improvviso rinsavimento ho deciso di risparmiarmi.

Due punti, quasi sinonimi.

1: "Narrazione per immagini semoventi" non sta a sostituire "film e serie tv" per aulico e imbarazzante vezzo. È che l'immagine semovente qui è mero "media": al suo posto potrebbero esserci parole (un libro), disegni (un fumetto), addirittura un anziano narratore davanti al tuo caminetto. Non cambierebbe nulla, conta solo la sceneggiatura, tutto progressivamente si riduce a essa, si appiattisce su di essa. Non c'è nulla di male (io stesso ho visto con moderato piacere l'integrale della serie, cosa che non mi capita spesso, se la serie è lunga come questa e se il piacere è moderato), ma va detto usando i giusti termini. Non "film"; non "serie tv". "Narrazione per immagini semoventi."

2: La sceneggiatura di cui stiamo parlando, quella della "narrazione per immagini semoventi", ha al suo centro quello che Hitchcock chiamava "MacGuffin". Nel libro-intervista con Truffaut, Hitchcock lo definiva come l'esatto contrario di qualsiasi centro di qualsiasi circonferenza pascaliana. Il mero, irrisorio, pretesto della sceneggiatura: piani segreti di un'arma micidiale, complotto di nostalgici del nazismo, nei Cinquanta primeggiava L'URANIO (variante mitologicamente minacciosa: "il plutonio"). Proprio nei Cinquanta Barthes scriveva le sue Mythologies (Miti d'oggi), e volendo potremmo dire che il "MacGuffin" nel cinema era l'equivalente del "mana" barthesiano in politica: in altri termini, così come nella "grammatica africana", "il Destino" è "il coso della Storia", nel cinema "l'uranio" è il coso della sceneggiatura.
Ridurre il motore della sceneggiatura a "il coso" permette alla sceneggiatura di raccontare un'altra storia, o addirittura di raccontare l'opposto di quanto implicato da "il coso". Esempio. Il direttore di un'agenzia pubblicitaria viene scambiato per un altro (che non esiste: è "un coso" per eccellenza, un "metacoso") e vede la sua vita sconvolta: tutto a causa di un "coso": una statuetta, se non ricordo male? con dentro dei microfilm? son sempre meno sicuro della mia memoria: eppure Intrigo internazionale è forse il film che ho visto più volte in tutta la mia vita. È che "il coso" lo dimentichi subito, e sempre. Serve ad azzerare il senso e la direzione (infatti dichiarata assurda fin dal titolo originale: North by Northwest non significa assolutamente nulla). La sceneggiatura è libera di raccontare questo: quel direttore si annoiava a morte, la sua vita non aveva senso, ora la rischia ma almeno si diverte come un pazzo.
Con Truffaut Hitchcock non si spinge così avanti, ma siccome è nato in Europa e non in America ("Mi chiamo John Ford. Faccio western.") è più loquace. Ciò detto, avendo conosciuto il successo planetario dopo essere andato in America, non la dice tutta.
Il MacGuffin permette di liberare la sceneggiatura. Ma se sei Hitchcock (o se sei bravo, non c'è bisogno di essere il più bravo di tutti, come Hitchcock) puoi fare un salto ulteriore, e liberarti persino della sceneggiatura. Rincorrendo forme, geometrie, oggetti, feticismi spettacolari e collettivi: non ricercando un'astrattezza, ma fabbricando una storia fatta esclusivamente, o quasi, di immagini semoventi. Una storia che non sia quella raccontata dalla sceneggiatura.

Passando dalla prima alla seconda stagione, e infine alla terza, Dark si concentra ossessivamente, patologicamente, oserei dire "analmente", sul "coso". È come dicevo e credo, una caratteristica di molta narrazione per immagini semoventi degli ultimi venticinque anni. Quando dico così penserai a Nolan (non ho visto Tenet e gradirei non saperne nulla finché lo vedrò), ma in realtà nei film di lui che reputo migliori il meccanismo non è esattamente quello o non si riduce esattamente a quello: Inception (che non reputo tra i suoi film migliori) non si riduce alla sua trottolina. Forse, il tempo non essendo sempre galantuomo, The Usual Suspects è esattamente la gif animata (l'immagine semovente ridotta a se stessa e in loop) di Spacey che soffia sulla mano. Forse. Di sicuro c'è che "il coso" mi ha un po' stufato, se mi mostrate un film che è un film, una serie tv che è una serie tv, un fumetto che è un fumetto e un racconto al caminetto che è un racconto al caminetto lo preferisco.

(Poi adoro le contaminazioni: per esempio il vecchio John Houseman che davanti a un falò sulla spiaggia racconta storie di pirati fantasmi nella nebbia non è un racconto. È un film.)


Se ho scelto la scena iniziale di The Fog (John Carpenter, 1980), non è solo per i motivi spiegati sopra e per le coincidenze lampanti: l'orologio iniziale, il ressassement di date rimandanti a remoti calendari, i volti di bambini "molto molto anni Ottanta", la spiaggia come la foresta, la fotografia lunare, la cittadina che all'apparire dei primi titoli (tra i più lunghi della storia del cinema, sia detto per inciso) prefiguriamo leopardianamente interminata, sovrumana e profondissima, di là da quella duna.
È anche perché quasi mezzo secolo prima John Houseman, il vecchio che racconta nel prologo, fu determinante nel successo della prima parte della carriera (radiofonica) di Orson Welles; e non secondario artefice dell'inizio della seconda, che parte con Citizen Kane: film considerato cruciale nella definizione di che cos'è un film (un film sonoro, si badi, che è cosa particolarmente difficile, un po' come quando Borges diceva che scrivere poesia è più facile che scrivere prosa, anche se Borges era migliore prosatore di quanto fosse buon poeta). E su quella crucialità non mi sento onestamente di dissentire.

lunedì 20 ottobre 2008

3 X 3: Saul, Bernard, Alfred.

Per me è un po' un'epifania: il leone su quell'insolito sfondo verdastro, il ruggito già coperto da un minaccioso rullo di tamburi, quella pioggia incrociata di verticali e diagonali, a simulare una misteriosa geometria della condizione umana, piuttosto uno schema di parole incrociate dove si incasellano i titoli di testa, anzi la facciata di un grattacielo. Avevo 12-13 anni, e forse il film rimase incastonato nella mia memoria perché quella sera mi ci portò mia madre (una sala dei "7 parnassiens"), l'indomani dovevo andare in colonia per un mese, e stavolta non c'era niente da fare, ero spacciato, come provavano le etichette col mio nome inesorabilmente cucite sui miei vestiti. Credevo che questo sarebbe stato l'ultimo film che avrei visto in vita mia, e probabilmente era vero (ma anche no).






Banalità in corpo minore. Qui si assiste a un doppio e incrociato movimento. Da una parte, Hitchcock realizza tre film e chiede ai complici Saul Bass e Bernard Herrmann di comporre titoli e musiche all'altezza dell'opera; dall'altra, lo spettatore assiste a una promessa fatta di sublimi astrazioni — suoni e figure geometrici — che Hitchcock dovrà mantenere, dandole corpo. L'operazione riesce, e si ottengono non tre capolavori, bensì tre manifestazioni divine (grazie alla trinità artigianale). Oggi forse succede ancora, ma di certo è alquanto raro.

domenica 8 giugno 2008

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

I — THE INCONSTANT GARDENER

Sono fiero di annunciare l'inaugurazione di un nuovo gioco. È bello e dura poco.
Il concetto non è originalissimo, ma del resto tutto è stato già scritto, ormai i giochi sono fatti (e rien va, come diceva lo spiantato gambler di Saint-Vincent): si tratta di riconoscere il titolo del film dal video che presentiamo (in altri casi potrà trattarsi di un pezzo sonoro, di un frammento di dialogo, di una singola immagine o addirittura del sadico dettaglio di un fotogramma).
Tempo: una settimana, quando verrà presentato un nuovo quiz (nel periodo estivo la regolarità non è garantita, perché all play and no beach umbrella makes Alt sunburned). Il primo a indovinare verrà dichiarato vincitore, e gli ultimi saranno gli ultimi. Non riceverà nessun premio, e a volte neppure i complimenti della giuria. Dovrà pazientare. Alla fine dell'anno, verranno conteggiate le vittorie settimanali. Colui che avrà accumulato il maggior numero di vittorie verrà dichiarato "vincitore dell'anno", perché la matematica non è un'opinione, e gli altri saranno gli altri. Il vincitore dell'anno sarà esposto al pubblico il giorno dell'epifania, con le calze tutte rotte e il cappello alla romana.

Astenersi cinetecari bolognesi e furbetti del cinemino; benvenuti rabbiosi cinofili e lucciole di Pomezia.
Il regolamento del gioco è depositato presso il notaio e si svolge anche su un altro tavolo.


ATTENZIONE: LA PARTITA SI È CONCLUSA SULL'ALTRO TAVOLO DA GIOCO ALLE 15.24.
LA VINCITRICE: ADLIMINA, CHE COME SUO SOLITO QUI LO NEGA E LÌ LO DICE.

L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
adlimina: 1 punto.
LA PROSSIMA SETTIMANA IL GIOCO SI FARÀ MOLTO PIÙ DURO, MA LA SOLUZIONE VARRÀ DUE PUNTI.