I bambini ci guardano; e noi esegeti, noi
camarlinghi dell’estetica cinematografica, maneggiamo camorri verbali
come valido e messaggio; estendiamo, fino a non capirci più nulla, i
participiali vibrante e allucinante (rampini nel vuoto), e alimentiamo il debole pensiero con troppo comode atmosfere e suggestioni. Leo Pestelli, Parlare italiano, Longanesi & C., Milano 1967, p. 44.
Non
è tanto che scoprano solo ora il piano sequenza. È che scoprendolo
male, senza porsi il problema di sapere cosa sia, le
questioni che implica, quando è nato, come si è sviluppato e infine come
è morto ECCO il punto è che lo scoprono da morto. Ricordo mesi fa una
conversazione in un social network, qualcuno sosteneva che un
virtuoso e lungo movimento di macchina girato al computer in
non so quale produzione Marvel non fosse neppure
lontanamente paragonabile, mettiamo, all'inizio de L'infernale Quinlan. E
non lo è, si badi, a monte ma anche a valle (e a valle
i commentatori digrignavano, lanciando "rampini nel vuoto"). Portando
all'estremo quel discorso, direi che ormai il pianosequenza è un
espediente kitsch, da sbruffoni maleducati, e probabilmente persino un De Palma
oggi lo userebbe solo in quel senso (ma in realtà credo che lo
abbia sempre fatto). Ma come, nel 2015 giri due ore e mezza senza mai tagliare
e te ne vanti pure? Forse i piani sequenza che salvo sono ormai solo quelli
"fantasticati in diretta" e che "in realtà" comportano un numero notevole
di stacchi.
P.S.: La prima immagine della sequenza (inizia prima, ed è proprio l'inizio la parte più bella, ma purtroppo in rete non si trova intera) è un omaggio all'ultima scena di Barry Lyndon. Pochi giorni fa mi son reso conto che probabilmente in tutta l'opera di Kubrick non si trova un solo piano sequenza. Forse non era nel suo character.
ecco, vedi, lei era una bella pazzesca, infatti gli americani diventavano matti, si appiccicavano le sue foto dappertutto, sì, i manifesti, sì brava! è proprio quella che hai visto in quel film pazzesco di evasione bellissimo, bellissimo forse no ma diciamo bellissimo per il momento, ecco, nella realtà la appiccicavano persino sui bombardieri, infatti lei era una bomba, di una donna veramente molto sensuale si dice ora che è una bomba non a caso, non a caso, poi, cioè non poi prima di questo ha fatto un filmetto, non un brutto film ma insomma un filmetto dove cantava pure con una chioma nera però luminosa, insomma i capelli ma come una nappa di colore scuro abbagliante sul volto, nero luminoso capisci, forse se ci fosse stato il colore avrebbe avuto dei riflessi rossi, all'henné come si dice ora, cioè ora da molto tempo, e gli uomini ci impazzivano per quella cosa di luce cupa, capisci, gli uomini soprattutto americani magari piloti di aerei con bombe, lei era una bomba (non che fosse una novità, pensa nel medioevo, quelle navi con le sirene sulla prua, si chiamavano polene), sì, brava, come l'aeronave di Final Fantasy VIII, una polena, una bomba, insomma e lui se l'era sposata, non che fosse il grande amore, allora lui gli taglia tutti i capelli, quella chioma lì, là, quella nappa di scuro fulgente, là, e quel che resta lo fa biondo platino, ossigenato, e quindi comunque ormai lui non faceva mica quello che gli pareva come prima, i produttori volevano una scena dove lei canta, non che cantasse benissimo ma se c'era lei doveva cantare per far impazzire gli uomini soprattutto americani magari piloti di aerei, e quindi lui fa questa scena qua, capisci, un po' se ne fotte, e intanto fa tutto un casino, ricordi i film prima, ti dicevo, ricordi, la profondità di campo, i piani sequenza, l'organizzazione dello spazio, tu sai sempre dove ti trovi, e se non lo sai è perché lui vuole che tu non lo sappia, che tu ti perda, qui invece è tutto diverso, capisci, qui lui taglia tutte le inquadrature, a volte non si capisce perché lo fa o non lo fa, lo hai notato, vero, hai notato che della storia non si capisce nulla e non si capisce persino se c'è, la storia, è una cosa tipica del noir, che vuol dire nero, a volte luminoso a volte no, e allora insomma comunque qui è tutto una serie di stacchi senza senso, apparentemente senza senso, forse davvero senza senso, perché mica puoi fare un piano sequenza come e quando ti pare, se vuoi fare un piano sequenza ci vogliono tanti soldi, a lui i soldi non glieli davano più e quindi andava di stacchi, tutto un film di stacchi, no, ho detto una cazzata, non è vero, a volte fai un piano sequenza proprio perché è più economico, ora non lo sai ma lui ha fatto un piano sequenza pazzesco anni dopo, una bomba, no, non nel senso che c'è una bella donna, c'è proprio una bomba nel piano sequenza che lui ha fatto come piano sequenza proprio perché costava meno che fare tanti stacchi, nelle prossime settimane capirai, te lo spiego bene preciso come te lo sto spiegando adesso, dicono alcuni è il più bel piano sequenza della storia del cine, er mejo piano sequenza come direbbe Lucciconio in Ni No Kuni, quindi ora vedi guarda in questa scena tutto sembra normale ma improvvisamente vedi lui nella stiva mentre lei bomba canta ripresa dal basso, ricordi quello che ti dicevo sui soffitti nei film precedenti, be', un po' è quello è la stessa cosa un po' dimenticatelo è un'altra cosa, qui sta come cavolo a merenda, serve a squilibrare il tutto, a mostrare il turbamento, quel turbamento là che c'è quando una bomba lei pazzesca canta magari male e tutti impazziscono, i piloti di aerei e navi e carrozze, tutto si sbilancia, poi, ecco, ora guarda vedi attenta, vedi il rovescio, l'angolatura dall'alto, ecco, questo è importantissimo, perché lui sta salendo le scale, sta in qualche modo ascen elevand okay insomma, capisci, sta salendo salendo verso qualcosa che è alto, bello, giusto, gajardo come direbbe Lucciconio, e invece lui lo riprende, lui se stesso intendo, riprende se stesso che sale dall'alto, schiacciandolo insomma, capisci, come se la salita fosse una discesa insomma come dire, come dire che quella donna bella dea bomba forse non è proprio quella cosa là, giusta, bella e bionda, o bruna, o luminosa, e insomma è un filmetto, certo, ma non su quello che cercano di raccontarci, che come in tutti i noir nessuno sa mai cos`è né come né quando, è un film che racconta di gente che non capisce più lo spazio, cosa sta sopra e sotto e accanto, ecco, non so se mi sono spiegato ma questo volevo dire, insomma
Nel 1955 Welles iniziò a lavorare su un adattamento di Don Chisciotte, ambientato nel presente. Cercherà di portare avanti il progetto per oltre quindici anni, girando il mondo con la sua macchina da presa e impressionando pellicola ogni volta che le circostanze — tempo, denaro, attori — lo permettevano. Non riuscì mai a terminarlo: il film, che ironicamente Welles ribattezzò When are you going to finish Don Quixote? (“Quando finirete il Don Chisciotte?”) rimarrà incompiuto, e il materiale raccolto, variamente montato da altri, circolerà qua e là nei festival. È in assoluto il suo più celebre progetto irrealizzato, la cui lista immensa comprende il thriller The Deep (da un romanzo di Charles Williams che verrà portato sullo schermo da Philip Noyce, Ore 10: calma piatta, 1989), l’adattamento del racconto di Karen Blixen The Dreamers e The Other Side of the Wind, satira del mondo hollywoodiano con John Huston (nella foto) nei panni di un anziano regista, che Welles continuerà a girare e montare fino alla morte, aiutato dalla compagna Oja Kodar e dai registi Gary Graver e Peter Bogdanovich.
Alla fine dell'anno, Welles tornò negli Stati Uniti per allestire il Re Lear, annunciato in pompa magna dal sindaco di New York in persona. La settimana prima del debutto, si ruppe una gamba. La sera della prima, zoppicante, si ruppe l’altra. Ma rispettò l’impegno e le rappresentazioni proseguirono, con Welles-Lear su un trono a rotelle. Quindi riallacciò i rapporti con Hollywood, recitando in film minori dove dondolava, gigione olimpico, la sua sempre crescente corpulenza, dicendo le battute a tutta velocità per poter tornare al più presto ai suoi molteplici progetti. Il 26 dicembre 1956, la Universal contattò l’attore Charlton Heston per chiedergli di recitare con Welles nell’adattamento di un giallo di Whit Masterson, Badge of Evil. Heston rispose che avrebbe accettato qualsiasi cosa pur di lavorare sotto la direzione del regista di Quarto potere. In realtà i produttori pensavano a Welles solo in quanto attore, ma era troppo tardi per chiarire il malinteso: Heston aveva appena interpretato Mosé nei Dieci comandamenti, ed era meglio non contraddire un uomo in grado di separare le acque del Mar Rosso. Convinto di essere agli inizi di una nuova carriera, Welles riscrisse in cinque giorni la sceneggiatura di Paul Monash, e in poco più di un mese terminò le riprese del film. Dopo due mesi di moviola, L'infernale Quinlan (Touch of Evil) era pronto. I produttori si aspettavano un normale poliziesco di serie B, e non erano preparati alla stralunata violenza visiva del film. Nominarono un nuovo montatore, vietando a Welles l’accesso alla moviola, fecero girare da Harry Keller scene aggiuntive fuori tono, imposero i titoli di testa sulla scena iniziale, passata alla storia come uno dei più straordinari piani sequenza mai realizzati. Il film uscì tagliato di una ventina di minuti; nel 1976 fu ripresentato in una versione più lunga, che nella sostanza si limitava ad aggiungere brutte inquadrature non girate da Welles. Fortunatamente il regista aveva scritto un disperato “memo” dove il suo montaggio era scrupolosamente dettagliato. Sulla base di tale documento, il montatore Walter Murch e il critico Jonathan Rosenbaum procedettero nel 1998 a una nuova edizione del film.
Collaboratore del Ministero della Giustizia messicana, Mike Vargas (Charlton Heston) è in viaggio di nozze con la moglie Susie (Janet Leigh) quando improvvisamente, a Los Robles, cittadina di frontiera con gli Stati Uniti, l’automobile del potente Linnekar esplode davanti ai suoi occhi. Vargas si trova così coinvolto nelle indagini, dirette dall’ispettore Hank Quinlan.(Orson Welles). Stimato da tutta la comunità, Quinlan ritiene che l’efficacia dei risultati vada ottenuta a scapito del rispetto della legge. Con metodi poco ortodossi, Quinlan arresta il giovane Sanchez, membro di una gang locale diretta da “Zio” Grandi (Akim Tamiroff), per l’omicidio di Linnekar. Fermamente convinto della supremazia del diritto, Vargas inizia a dubitare dell’integrità dell’ispettore, e sfugge per un pelo a un attentato. Quando la sua reputazione viene macchiata dal sospetto, Quinlan perde le staffe, e dopo aver fatto violentare e drogare la moglie di Vargas, in un raptus strangola Grandi e arresta Susan per l’omicidio. Vargas riuscirà a smascherare l’ispettore, ma affinché la legge trionfi dovrà scendere a patti con la propria morale. E, Quinlan morto, si scoprirà che il colpevole dell’omicidio di Linnekar era proprio Sanchez.
Nell'Infernale Quinlan Welles offre una delle sue più riuscite prove d’attore: trasudante grasso da tutti i pori, Quinlan è un ispettore psicopatico, razzista, brutale, corrotto e omicida, che regna indisturbato su una cittadina di frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti. Un essere diabolico, che in nome della giustizia è pronto a fabbricare prove per incastrare i colpevoli, da lui riconosciuti grazie a un intuito tanto infallibile quanto moralmente osceno. Convinto che lo stato di diritto debba sempre prevalere sull’arbitrio, il regista Welles non ha tentennamenti nel tratteggiare la figura di un mostro; ma come attore, è tenuto a farsi l’avvocato di Quinlan, che un tempo era stato un poliziotto esemplare, onesto e coraggioso. Una contraddizione che fa dell'Infernale Quinlan un’insuperabile riflessione cinematografica sul Bene e il Male, con un ritmo incalzante ottenuto grazie a un alternarsi di lunghi piani sequenza e brevissime inquadrature, lampi di immagini violente e contrastatissime dovute al fotografo Russell Metty. Accompagnato dal rock latino di Henry Mancini, Quinlan attraversa il film come un bolide impazzito, facendo tremare con la sua mole gigantesca bodegas che spacciano droga e tequila, commissariati da dittatura sudamericana, squallide stanze d’albergo, vicoli oscuri e strade immerse nel sole abbacinante del deserto, succhiando caramelle e vomitando fiele, livore e odio contro tutti (è il titolo italiano del romanzo di Masterson). Finirà abbattuto dal suo migliore amico e collega in una lurida pozzanghera, mentre non lontano risuona la pianola meccanica della chiromante zingara la cui maschera di cera nasconde un’irriconoscibile Marlene Dietrich, con la sigaretta perennemente pencolante dalle labbra sporche di rossetto. E guardando Quinlan riverso nel fango — ossia l’amico Welles, che vent’anni prima si divertiva, da esperto illusionista, a segarla in due per il divertimento dei G.I. —, sarà proprio la Dietrich a chiudere il film, con una formula definitivamente ambigua: “He was some kind of a man”. L'infernale Quinlan non è un film poliziesco; è un’allucinazione morale.