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giovedì 20 giugno 2013

Essere romantici, fumarsi l'anima

JAMES GANDOLFINI, 18/09/1951 - 19/06/2013

lunedì 19 marzo 2012

Basta un clic (un clic e basta)

Ancora oggi, a distanza di secoli, ricordo il brivido che corse lungo la mia schiena di ragazzino al fulmineo gesto di Desailly, quando infila la mano nel taschino della giacca per inforcare gli occhiali: a ricostituire un contegno borghese prima di avvicinarsi alla balaustra, per osservare dall'alto del terrazzo Dorléac che si allontana per sempre.
Ma solo oggi ho notato il clic che fanno gli occhiali estratti dal taschino, un clic al contempo preciso e innaturale – gli occhiali non fanno clic – nel quale è racchiusa l'idea stessa di quel film, la visione del mondo e del cinema di François Truffaut.

martedì 5 aprile 2011

Yolanda and the wolf

Esercizio 3, p. 111, punto "c)":
"Il y a un intrus dans chaque liste. Recopie les listes sans l'intrus."
sympathique — effrayant — rayonnage — citoyen — aboyer.
È già molto che sgrido figlia9, ma stavolta sono io a fare su e giù per il salone. Dopo molti huff and puff mi avvicino per abbaiarle (effrayant!): "Senti, lascia perdere, son già due ore che facciamo i compiti" (2, dopo ben 8 ore di scuola) quando improvvisamente, eureka! Basta incrociare la singolarità fonetica con quel che manca in casa e l'enigma è risolto.


mercoledì 9 marzo 2011

Tempo (inde)finito

Adesso è mezzogiorno, e siamo di fronte a Matera. I Sassi, visti da qui, con le loro architetture spontanee, merlettano la vista del canyon che li nasconde. La città nuova segna il limite del cielo.
Siamo seduti lungo un tavolo, accosciati per terra. Davanti a noi, grosse miche di pane, qualche cesto con la frutta: sono le prime pere di san Giovanni e le prime albicocche arrivate da Bari.
Noi apostoli non siamo tutti. Su un lato, Ferruccio Nuzzo che fa Matteo, poi Giovannino, il nipote di Elsa, Enrique che fa Cristo. C'è Pietro (il nome evangelico ha sostituito per tutti il nome proprio). C'è Agamben, e ci sono io. Agamben è innamorato: si dilegua facilmente, è distratto (aspetta sempre che G. gli telefoni, o magari che arrivi all'improvviso).
Alfonso, Alfonso Gatto, gli occhi celesti come il cielo delle sei della mattina al mare, è paziente più di tutti — lui, sant'Andrea. Gli chiedo, appena posso: «Andrea, dimmi "Sembianza"». E lui attacca: «Forse la luna è sorta / per dare la sembianza / d'una timida porta / alla tua cheta stanza…». Pier Paolo raccoglie quello che diciamo — sente sempre, qualsiasi cosa faccia, — e dice, pensando all'ermetismo: "È finito il tempo dell'analogica". E Alfonso, con eroica, dignitosa pazienza: "Non per tutti".
Siamo dunque intorno al tavolo. Giuda si preoccupa della battuta che dovrà dire. Gliel'hanno scritta male su un foglietto: s'impappina, mi guarda ridendo.
Per questo pasto in casa di Maria di Betania, che è Natalia Ginzburg, ci sono ospiti nuovi. C'è Gabriele Baldini, che ha ovviamente accompagnato Natalia, e che sulla tunica del costume, nelle pause, porta, appesa al collo, una macchina fotografica. Gabriele è un fotografo bravissimo e ora scatta qualche posa in gara con Ferruccio in attesa del ciak.
«Pronti!»
Da una porticina costruita fra due cumuli di pietra, entra Natalia, un manto in testa e una brocca di creta fra le mani. Entra spedita.
«Nooo!» Un grido ferito, di raccapriccio.
Natalia non si era tolta le sue scarpe, e le portava, visibilissime, sotto il costume. Bisogna ricominciare. E Gabriele ride di Natalia.
Enzo Siciliano, Campo de' Fiori.


mercoledì 1 dicembre 2010

La festa del grazie

In seguito all'inspiegabile e soprattutto immotivato[1] incremento di accessi, i G.O.D. (GhostwritersOnDemand) Dust, Mirumir e Sten accolgono in musica i nuovi lettori.



[1] Ah, capito.

martedì 7 settembre 2010

Good/Bad

No, poi stavo mangiando una pasta con sopra la fine di un vasetto di pesto tipo di marzo scorso che stava lì in frigorifero, davanti alla tv francese. Canale allnews perché in Francia oggi c'è stato casino grosso e io voglio essere informato come la madre di Moretti in Ecce Bombo anche se non leggo l'Espresso e Panorama. Poi c'è la pubblicità. E tra le pubblicità c'è 'sta roba. A voler esser filologici, quella che ho visto è una variante.
Una variante. Voglio dire, l'hanno addirittura diversificato, il concetto. Io di machine non ci capisco un cazzo, mai avuta una machina. Di questioni sindacali, di economia, di niente ci capisco un cazzo. Però dico: questi han fatto tutto 'sto casino a Pomigliano, han fatto tutto 'sto casino a Melfi, quello viene dall'America a CL senza scalo con la polo a rompere il cazzo, e tutto questo per good/bad?
Il pesto di febbraio. Lo sapevo che mi faceva male.
Poi cambio canale. La piscina. Romy Schneider in bikini nero che si strofina sul torace di Delon e dice cose pazzesche tipo: "Forse, domani pomeriggio, mi faccio una siesta".
Sento che reggerò il pesto di febbraio.
Poi però Delon dice a Ronet: "Che me lo fai provare, il tuo bolide?". E quelli sfrecciano sulla scogliera con una machina rossa. Romy si strofina, nuda, su una coperta tipo pelliccia di visone. Poi i due froci fermi nella machina, Ronet chiede a Delon: "Come va, ora che fai il pubblicitario? Hai lasciato perdere la letteratura, eh? Hai fatto proprio bene".
Ahi. Il pesto di gennaio.
Son serate che se uno non le vive: a) non ci crede; b) è uguale.

romy.jpg

sabato 29 maggio 2010

Not with a bang, but with a whimper

DENNIS HOPPER, 17/05/1936 - 29/05/2010

In anni pieni di attrazioni e seduzioni e ossessioni e relazioni e conoscenze pericolose e fatali e basiche e perverse e brutali nonché bigottissime, non dimenticherò mai questo film, che pur non essendo un capolavoro era certamente l'unico a farti sentire veramente the heat.



Non so dove ti trovi ora, ma spero sia un posto molto caldo dove puoi tranquillamente fuck everything that moves.

lunedì 14 dicembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXVIII — IL MEGLIO DI NOI

La rete, purtroppo, mostra ancora una volta di raccogliere il peggio di noi, ma politici e giornali hanno il dovere di non dare sponde, di essere seri e di capire che le giustificazioni ci portano su strade senza ritorno e che non si può continuare ad alzare il livello dello scontro.
Mario Calabresi, Gli indignati a senso unico, "La Stampa", 14-12-2009.

— Non sta bene?
— Come?
— Non sta bene??
— Sì, c'est le soleil qui tape. Mais à part ça, je ne me suis jamais senti aussi bien. Donnez-moi à boire.
— Cosa volete?
— Ce qu'il y a de meilleur.
— Va bene.
— Le meilleur.
Le meilleur, le meilleur…
La cameriera di un bar sulla spiaggia e Tom Ripley alla fine di Delitto in pieno sole (Plein soleil, 1960) di René Clément.

Una sponda a senso unico per chi riconosce il film a cui si ispira questo torpido remake.



ATTENZIONE: La partita si è conclusa martedì 15 dicembre alle 13.06. Riconoscendo Per qualche dollaro in più (Sergio Leone, 1965), arcomanno si ricolloca in prima posizione, ex aequo con bianca, e si aggiudica una sponda a senso unico.
La prossima sfida si terrà lunedì 21 dicembre.

L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
arcomanno: 19 sponde a senso unico.
bianca: 19 sponde a senso unico.
afasol: 14
sponde a senso unico.
maxeramax: 3
sponde a senso unico.
YagaBaba: 3
sponde a senso unico.
gegio: 3
sponde a senso unico.
Andrea: 2
sponde a senso unico.

lunedì 16 novembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXIV — C'ERA UNA VOLTA UN PICCOLO NAVIGLIO

Cinque salvagenti che galleggiano (e non è una ridondanza) a chi riconosce il titolo di questo film. Giovedì vedrai un secondo filmato, e sabato un terzo, ma diminuiranno i salvagenti che galleggiano.
AGGIORNAMENTO (giovedi 19 novembre): Secondo filmato, quattro salvagenti.
AGGIORNAMENTO (sabato 21 novembre): Terzo filmato, tre salvagenti.





LA PARTITA SI È CONCLUSA SENZA VINCITORI.
LA SEQUENZA ERA TRATTA DA LA FORZA DEI SENTIMENTI (1983), FORSE IL CAPOLAVORO DI ALEXANDER KLUGE. IL FATTO CHE NESSUNO SI SIA NEPPURE LONTANAMENTE AVVICINATO ALLA SOLUZIONE MI FA VENIRE L'ASSURDO SOSPETTO CHE A PARTE ME NESSUNO LO ABBIA VISTO. NON È POSSIBILE, È CHE VOI SIETE DISPERANTI. PER VOSTRA EDIFICAZIONE LO CARICHERÒ TUTTO SU STENTUBE (AMMESSO CHE RIESCA A RISOLVERE STRANI PROBLEMI TECNICI).
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ LUNEDÌ 23 NOVEMBRE.

sabato 7 novembre 2009

Damfino

Un paio di settimane fa vedo con figlia7 Buster Keaton in The Boat, 1921 ("— Where are we? — Damfino!"). Ora, appollaiato sull'albero maestro, lui poggia lo stivale sul molo nel preciso istante in cui l'ultimo millimetro della sua barchetta a vela si inabissa. Penso che nel Rinascimento lo avrebbero considerato una perfetta allegoria della sprezzatura. Però nel fondale che ne so io (e Disney©) del Rinascimento? E allora le dico: "Vedi quello? Si chiama Johnny Depp. Ma nel film è Jack Sparrow. Sparrow in inglese vuol dire passero".


— Dove siamo?
— Non te lo so dire.
Alex Joyce (George Sanders) e la moglie Katherine (Ingrid Bergman) in automobile: prime parole di Viaggio in Italia (Roberto Rossellini, 1954).

lunedì 26 ottobre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXI — IL FUNERALINO

Tre bisous a chi riconosce il film da cui ho estratto questo spezzone senza sonoro. Nuovi indizi giovedì e sabato, ma allora sarò meno affettuoso.
AGGIORNAMENTO (giovedì 29 ottobre): Filmato più lungo, sempre senza sonoro. Un bisou di meno.
AGGIORNAMENTO (sabato 31 ottobre): I french kisses sono finiti tutti in questo lungo racconto morale. Ormai ne resta solo uno.



LA PARTITA SI È CONCLUSA SENZA VINCITORI.
LA SEQUENZA ERA TRATTA DA ARIANNA (LOVE IN THE AFTERNOON, 1957) DI BILLY WILDER. ECCOLA CON L'AUDIO RIPRISTINATO.
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ LUNEDÌ 2 NOVEMBRE (MI ASPETTO GLI AUGURI, EH?).

giovedì 8 ottobre 2009

Les Gauloises bleues (Libertango)

[…] Vana opera è quella
di chi pratica l'arte del futuro
e attende al fuoco e all'are! Se dai segni
trae nemiche le sorti, spiace a quelli
che ne hanno gli auspici. Se al contrario
vinto dalla pietà non dice il vero,
fa ingiustizia agli dèi.
Tiresia a Creonte in Euripide, Le Fenicie (trad. di C. Diano).

Vedo disastri. Vedo catastrofi. Peggio: vedo avvocati!
Cassandra (Danielle Ferland) nella Dea dell’amore (Mighty Aphrodite, 1995) di Woody Allen.

Alla fine d'agosto, come capita a ciascuno di noi, la morte raggiunse Charles Foster Kane e mi si smagnetizzò il Bancomat. Telefonai alla mia banca italiana per chiedere, dato che vivo in un altro paese dell'UE, di spedirmi una nuova carta per posta. La richiesta parve esosa al bancario, particolarmente irritato: era chiaro che l'avevo smagnetizzata apposta, la carta. Alla fine desistetti, e mi limitai a comunicargli i miei dati.
O almeno ci provai. Un'impresa disperata, vista la furia del bancario.
E poi ormai ci ho fatto il callo: ho un nome difficile da capire (per non parlare del cognome).
— Mi chiamo Altiero…
— …
— … Vuole… che le faccia lo spelling…?
(tono piccato) No, guardi che ce la faccio benissimo da solo, signor Alfiero!
— … con la "t", veramente…
(seccatissimo) Alfieto!

Fleshbech.
Un mese prima.
Ho un amico con il quale non ho nulla in comune. È solo che si chiama Gualtiero, e allora ci siamo detti che la quasi omonimia bastava, se non per sigillare l'inizio di una grande amicizia (anni fa scrisse: "Come si fa sulla Terra a pronunciare la battuta 'Ricordo tutto di Parigi, i tedeschi erano in grigio, tu eri in blu'? Come si fa in un solo film ad avere due personaggi che si chiamano Ferrari e Renault? A Casablanca si può"), almeno per passare qualche giorno in vacanza assieme in una villa in campagna, dove ero ospite. (No, la casa non appartiene a Jack Nicholson.) Lo invitai. Commise l'errore di accettare.
In vacanza io mi sveglio nevroticamente tardi. Gualtiero si sveglia nevroticamente presto, sempre, non solo in vacanza. Si sveglia all'alba, per vederla, ma poi guarda sempre a ovest. Così, all'ora in cui le piante puzzano di rugiada, incontra un giardiniere che è solito bazzicare da quelle parti. E che gli chiede, insospettito dalla presenza di uno sconosciuto che volge le spalle al sole che sorge: "Mi scusi, ma dov'è finito il signor Gualtiero"?
Gualtiero, la fronte imperlata di sudore freddo, mi racconta tutto al mio primo caffè, verso le undici e mezza. Dice che non ha osato, che non ha avuto il coraggio, che le labbra gli tremavano mentre si tratteneva dal dire: 'Veramente… il signor Gualtiero… sarei io'.
Dice di aver pensato ad Alain Delon, in quel film di Joseph Losey: "Forse è meglio così, meglio tacere. Pensa, bastava che lui, la prima volta che glielo chiedono, avesse risposto: 'No, vi sbagliate, non sono il Monsieur Klein che cercate, mi avete confuso con un altro', e si sarebbe salvato".

Sempre così, in vacanza, d'estate: o si parla di calciomercato o si legge un'intervista a Rupert Everett sul supplemento di un qualsiasi quotidiano (è chiaro che Everett ha venduto una ventina d'interviste, tutte uguali, tutte insieme, a vari supplementi italiani: ne smaltiscono una all'anno, più o meno alla fine di luglio). Oppure si parla di universi paralleli, di casi nella vita, di destini incrociati. Io da anni vedo film senza guardarli e dimenticandoli immediatamente; Gualtiero non va al cinema dal 1996, ma si ricorda tutti i film che ha visto prima di quella data. O comunque si ricorda i film memorabili. Ci sono dei registi, magari non sono geniali "en el sentido nocturno y más alemán de esta mala palabra", come disse un tale a proposito di Quarto potere, ma sono dei registi intelligenti. Sono quelli che quando fanno un film lo girano in modo tale che esso produca memoria. Forse perché la loro vita o la loro opera o ambedue hanno proprio a che fare con la memoria, in qualche modo. Non lo so. E comunque non è questo il punto. Il punto è che subito dopo aver ricordato Mr. Klein, Gualtiero aggiunge un altro esempio: "… o come l'inquilino del terzo piano. Pensaci, bastava che in quella scena avesse detto al tabaccaio: 'No, grazie mille, ma io fumo solo Gauloises' e il film finiva lì".

In questo tipo di storie, la figura prediletta è quella della metafora spaziale: bivi, incroci, ecc. Un tale, sempre lui, ci ha scritto pure un racconto in cui si immaginava un parco tutto così, fatto solo di biforcazioni, non ricordo come si chiamasse, la prossima volta che vedo il giardiniere glielo chiedo, magari lui lo sa.

A dire il vero, io una domanda ce l'avrei, Mr. Polanski. Giuro che non ha nulla a che fare con la sua predilezione per le fanciulle in fiore. Pensando piuttosto alla sua opera, che spesso, retrospettivamente, è sembrata a molti una strana e amara profezia della sua stessa vita: se quest'impressione ha qualche oscura fondatezza, come mai, il 27 settembre scorso, invece di fumarsi una Marlboro, si è imbarcato per Zurigo?

martedì 30 giugno 2009

Rondine

A ALAIN SOUCHON

lundi 10 juillet 78

XXXCher Alain,

XXXVoici le dialogue de quelques scènes du film concernant principalement J.-P. Léaud et Dorothée et aussi J.-P. Léaud et Monsieur Lucien. Et puis surtout la scène finale et le 2ème monologue concernant la photo déchirée.
XXXVous pouvez appeler Martine Barraqué, la monteuse, à 359.15.37. (L'Amour en fuite, salle Ponthieu, 36, rue de Ponthieu). Elle est au courant et vous montrera des morceaux, soit sur la table de montage soit en projection.
XXXJe suis certain que vous êtes en train de faire une belle chanson (Ça coule sur ta joue est très bien). Le personnage d'Antoine Doinel est toujours en train de courir, toujours en retard, un jeune homme pressé; sa fuite est à prendre dans tous les sens: fuite du temps présent, toujours projeté dans le futur, toujours anxieux (jamais content!) jamais tranquille et aussi l'amour qui fuit (Ça coule sur ta joue) et aussi la fuite en train; on peut essayer de fuir ses ennuis, ils vous suivent et poursuivent, etc. Il y a la fuite du dessinateur… la perspective… fuite… Est-ce que les femmes sont magiques? Antoine devrait s'arrêter… de fuir… profiter du moment présent… ne plus régler ses comptes avec sa mère à travers chaque fille qu'il rencontre…
XXXTant pis pour moi, pour vous et pour nous si je vous embrouille avec tous ses détails… Anyway, I trust you,

amitié,XXX

françois


Paris, le 19 septembre 1978

XXXMon cher Alain,

XXXSans nouvelles de vous, je me console en regardant la télévision, mais onze chansons de Bécaud pour une de Souchon, voilà un plaisir dispendieux.
XXXJ'espère que je ne vous ai pas blessé avec ma réserve sur le mot: "hirondelle". En réalité, cela vient de ma réticence à l'égard de Walt Disney qui a tant abusé de la comparaison entre hommes et animaux. A part cela, je me rends bien compte qu'en vous demandant de changer deux rimes à votre chanson, je me comporte comme la femme du monde qui reprochait à Van Gogh d'avoir peint un zouave.
XXXEn conséquence, "j'achète" votre hirondelle, sans regret et de bon cœur.
XXXJe pars de New York d'où je rentrerai début octobre, mais, dès que possible, je vous demande d'appeler aux Films du Carrosse Marcel Berbert, qui désire connaître le nom et les coordonnées de votre éditeur afin que Monsieur Bertrand de Labbey, qui édite habituellement la musique de mes films, prenne contact avec lui.
XXXA bientôt, mon cher Alain; n'attendons pas l'hiver pour dîner ensemble.

Amitiés,XXX

françois

domenica 28 giugno 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXIII — SHOCK CORRIDOR

Gli dèi rendono pazzi coloro che vogliono perdere.
Euripide: didascalia finale del Corridoio della paura (Samuel Fuller, 1963).

Saldi estivi: scopri il titolo di questo film poco noto e vinci quattro camicie di forza outlet. Mercoledì e venerdì appariranno nuove immagini, ma ovviamente i capi in vendita saranno diminuiti. C'è ressa, nel manicomio Italia.
AGGIORNAMENTO (mercoledì 1° luglio): È stato aggiunto un secondo fotogramma. Una delle camicie di forza è stata lacerata dai coltelli. Ne restano tre.

corridoi.jpg

igrandicoltelli.jpg

ATTENZIONE: la partita si è conclusa giovedì 2 luglio alle 12.39. Il film "poco noto" (un folle capolavoro) è The Unknown (Tod Browning, 1927), centrato da Bianca.
Il gioco chiude per l'estate.
La prossima sfida si terrà domenica 6 settembre.


L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA

afasol: 14 camicie di forza.
arcomanno : 11 camicie di forza.
bianca: 6 camicie di forza.
YagaBaba: 3 camicie di forza.
gegio: 3 camicie di forza.
Andrea: 2
camicie di forza.
maxeramax: 2
camicie di forza.

lunedì 8 giugno 2009

Un risveglio 4: From Dusk Till Dawn

I (20.00-22.30) — IL FIUME ROSSO E L'USCITA POSTERIORE

I Tempi moderni coltivavano il sogno di un’umanità che, divisa in varie civiltà separate, avrebbe trovato un giorno l’unità e con essa la pace eterna. Oggi, la storia del pianeta è giunta a costituire un tutto indivisibile, ma ciò che realizza e assicura quest’unità così a lungo sognata è, ambulante e perpetua, la guerra. L’unità dell’umanità significa: non c’è possibilità di fuga, in nessun posto e per nessuno.
Milan Kundera, L’Arte del romanzo.

Gin outlet + Schweppes light, limone finito, niente fettina, due gocce di concentrato basteranno. Televisore acceso su canale di Stato francese, il cui processo di autononomia dal potere, ufficialmente avviato il 31 dicembre 1974, è stato arrestato qualche mese fa grazie a una riforma dell'audiovisivo applaudita da tutti. Ora la televisione è tornata a essere quella pre-'68: come fosse la RAI, di niente, di meno. Stasera Brice Hortefeux gongola. Penso che l'unica ragion d'essere al Governo di questo sinistro personaggio era garantire l'anello mancante tra Sarkozy e il Fronte Nazionale, nel 2012: just in (suit)case. (Ma non "full of blues", purtroppo.) Ora il Presidente non ha più bisogno di lui. Sono consolazioni.
Mia figlia intanto cerca di controllare una mandria di cavalli in fuga: devono attraversare il fiume che separa il salone dalla cucina. La guardo come fosse Monty Clift in un ultimo spettacolo: "Take 'em to Missouri, Matt". Le bambine sognano cavalli playmobil?
Ma sì, spegniamo la caja tonta. Andiamo in cucina. Uova, parmigiano, pepe da una parte. Pancetta (ma anche cipolla e vino bianco, sì sì, è la morte sua) dall'altra.
Mentre mangiamo la carbonara, decido che è giunta l'ora di mostrarle la seconda parte di quel film. Io avevo nove anni, quando lo vidi la prima volta. All'epoca, quando un film mi piaceva, tornavo a guardarlo. Quello lo vidi almeno 10 volte, in un solo mese. La prossima volta le farò vedere Il fiume rosso.
Arrivano le 22.00. Domani c'è scuola. Dovrebbe andare a letto. Ma non si può. A quel punto del film bisogna andare avanti per forza. Yahoo. Volume a manetta, finestre aperte, nessun vicino protesta. Ci alziamo e ci mettiamo a ballare, è la prima volta che lo vede, ma i gesti sono precisi, giusti: come se lo conoscesse a memoria. Sembra Joliet Jake: stessa leggerezza, stessa grazia, mentre cheek to cheek ci buttiamo saltellanti nella fossa dei leoni, dal podio alla rampa, in quel R'n'B, in realtà un tango camuffato, che infatti inizialmente pare fosse un ballo per soli uomini. Come faccia a conoscere i passi è un mistero. Deve essere un fatto ereditario, non c'è altra spiegazione.
Fino al minuto 5'36''. A partire da lì, il filmato è per soli adulti.



Visto? Bene. Ora: lavati i denti, spazzolali bene, ovunque, almeno due minuti, attenta che se bari me ne accorgo, sai, anche quando sono in cucina a lavare i piatti collosi di carbonara io ti vedo, ho un terzo occhio dietro la testa, io, come Peter Lorre. No, niente, lascia perdere, sbrigati, chi era Peter Lorre te lo spiego un'altra volta. Su, dai pigiama, a letto, presto. Dice "Scosta un attimo la tenda". Io "No, è ora di dormire e basta, domani c'è scuola". Lei: "Ti prego, un attimo solo, unattimosolounattimosolounattimosolounattimosolounattimosolo". Io scosto, e guardandola esasperato: "E allora?". "C'è ancora luce: è proprio estate!".

Non si è neppure addormentata che squilla il telefono. Un amico che fa il matematico nel deserto di Sonora. Non riceve la tv italiana, e non ha internet. Mi chiede dei risultati. "Non li conosco, e non me ne frega assolutamente nulla. Cosa? Eh? Parla più forte, c'è il vento che fischia nella cornetta. Eh? iesuichen? No no, guarda, non possumus proprio, ma manco per niente. Piuttosto six and three is nine, nine and nine is eighteen, gli altri calcoletti elettorali fatteli da solo e poi buttati nel Rio Grande".


II (08.00) — COME SE L'AVESSI LETTA E HO UN ALTRO PROGETTO

— Vorrei fare un gran colpo, e poi ritirarmi.
— Ritirarsi? E dove?
Pike Bishop (William Holden) e Dutch Engstrom (Ernest Borgnine) ne Il mucchio selvaggio (Sam Peckinpah, 1969).


Lei intontita dal sonno mangia biscottini davanti a "Dora l'esploratrice". È un cartone animato senza ubi consistam, se non la vaga intenzione di iniziare alla lingua inglese. A tre anni, lo guardava con passione. A quattro, ha iniziato a insultare Dora e i suoi amichetti ad alta voce. A partire dai cinque anni, lo guarda con un occhio solo, muta e con una smorfia sprezzante stampata sul volto. Dora pensa forse "non mi tenere il broncio", mentre dice sempre e soltanto la stessa frase, da almeno quattro anni: "letzgo". Non l'ho mai sentita pronunciare un'altra parola di inglese. Mentre bevo il caffè scorrendo i siti d'informazione, mi dico che forse dovrei scrivere agli sceneggiatori, per suggerire un'innovazione, mica si può andare avanti per anni con "letzgo". E poi per andare dove, questo penso mentre guardo le foto di una ripugnante cozza che all'anagrafe denuncia diciotto anni, ma io lo so benissimo che è un lifting, che in realtà quella non è sua figlia ma sua nonna, ritoccata dalla plastica playmobil. Allora appena ho il tempo, scrivo agli sceneggiatori di "Dora l'esploratrice", cerco di farli ragionare: tenuto conto che a) non c'è più nulla da esplorare, gli antropologi lo sanno da più di mezzo secolo, che i Tropici sono tristi; b) Dora è in missione per conto di Dio, ossia insegnare ai mocciosi l'inglish, provino a infilarle in bocca un bel: "Dear World, I am leaving because I am bored. I feel I have lived long enough. I am leaving you with your worries in this sweet cesspool. Good luck". Distinti saluti.
Bastano i titoli dei giornali, e le foto pornoelettorali. Via dalle pazze folli, andiamo su youtube. Su youtube c'è il canale di giuliodavid. Il migliore (assieme al mio, eh, che cazzo): Bene, Pietrangeli, Godard, Bergman, Fellini, Antonioni, Renoir, Sordi, Volonté, Guzzanti: di tutto, di più. Un anno fa, quando ero ancora molto maldestro, cliccai inavvertitamente su "contenuto offensivo", credo fosse in quella scena in cui lui dice: "Non sono d'accordo: andiamocene via". Gli scrissi scusandomi, lui Tranquillo, la RAI mi ha già chiuso il canale una volta, ormai sono abituato. Poi: Ma sei francese o italiano? Io: Italiano, purtroppo. Lui: Mi piace quel purtroppo.
Stamattina il mio canale mi avverte che giuliodavid ha messo su un film minore, bello solo a tratti. Ma questo, nella sua ovvia banalità, oggi direi che "ci sta".



08.25. È ora di andare a scuola. Ci incamminiamo come due zombi. Poi a un certo punto io comincio a canticchiarle all'orecchio: "Come on... baby don't you wanna go... back to that same old place... sweet home Chicago...". Lei non batte ciglio, una maschera di cera intontita dal sonno e con lo sguardo fisso sul marciapiede davanti. Ci riprovo: "Hidehidehidehi...". Le punto il dito addosso. Niente. Come onomatopare a un muro. "Hodehodehodeho." Peggio che andar di notte, l'inverno. "Hedehedehedehe." E lì, improvvisamente, spunta un mezzo sorriso. Poi si volta, e il mezzo diventa pieno, dentini compresi e forniti dalla ditta. Solitamente, quando arriviamo davanti al portone della scuola, lei scappa dentro tutta contenta, senza neppure salutarmi. Questo non lo ha preso da me. Andare all'asilo dall'età di nove mesi ti aiuta a sorridere al mondo, là fuori. Ma stavolta si ferma sulla soglia, si volta e mi dà un bel bacino.

Scusate, non abbasso perché mi piace troppo. Volume a manetta, è vero che questa canzone è proprio bella bella bella.


domenica 7 giugno 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XX — AMORES PERROS

Con il passare degli anni, si finisce per amare profondamente il capriolo.
Un bonario zoofilo (Claude Chabrol) in Avida (Gustave de Kervern e Benoît Delépine, 2006).

Tre polpettine con vetro tritato a chi riconosce il film da cui è tratta questa scena di raffinato erotismo.



P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso il notaio Altamante Fruzzetti e possono essere consultate qui. Se non ti piace fare bau bau, vai a fare cai cai.

LA PARTITA SI È CONCLUSA SENZA VINCITORI.
IL FILM DA TROVARE ERA IL LUNGO ADDIO (ROBERT ALTMAN, 1973).
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ DOMENICA 14 GIUGNO.

lunedì 1 giugno 2009

A hundred is enough, figuriamoci duecento



AGGIORNAMENTO (lunedì 1° giugno). Erano almeno due mesi che aspettavo di scrivere questo post. E come diceva Fritz Lang nel Disprezzo di Godard, "Bisogna sempre finire quello che si è cominciato". Infatti L'Odissea non l'aveva né cominciata né finita. Un altro, splendido film inesistente.
Quindi ho fatto 'sto post, file under "me lo giro e me lo guardo".
Tanto da noi c'è sempre un condono, dietro la porta verde.

venerdì 15 maggio 2009

Dacci un Taglio

scampagnata.jpg

La somiglianza


Se la “scampagnata” è un genere, la scena che vediamo non è forse un compimento del genere? Queste due specie di oche che non sanno “accomodare” bene i propri occhi sarebbero (come tutti i presenti) la metafora resa visibile, trasformata in specie, delle signorine impacciate, scioccherelle e male in arnese – posso sempre immaginare di veder comparire, un giorno o l’altro, delle cugine di provincia che gli somigliano.
Questo quadro, dopo tutto conforme a un’arte – infatti basta che sia una composizione, che organizzi dei personaggi in determinate pose, che sistemi una scenografia —, forse è imbarazzante per l’eccesso stesso degli elementi accessori. Questo quadro – più che tutta la pittura dove la figura appare solo perché è stata in precedenza deformata per apparire — non è inverosimile: è la somiglianza stessa.
Il quadro somiglia perché ci fa orrore, oppure perché lo riconosciamo? E lo riconosciamo perché non vi siamo ancora entrati; altrimenti non potremmo identificarlo, e sarebbe lui a sceglierci.
La sua somiglianza è dunque qualcosa di ermeticamente chiuso in se stesso? Questo mondo – qui sta la sua follia – si somiglia all’infinito: qui sta il suo orrore.
Più che uomini e donne anormali, in queste interminabili infanzie vediamo degli animali lievemente eccentrici. Dimenticavo quella specie di pollo che se ne sta sdraiato in primo piano a fare un po’ di musica. Quest’uomo è troppo magro da mangiare? non si regge sulle sue esili gambe e così è destinato a passare da una barella all’altra, fino a esaurire la sua magrezza? tenta di ammaliare col suo strumento tre vampiri imbecilli o ha già trasformato altri mostri in questa trinità dischiusa dalla sua impotenza? Il tronco umano riserva a se stesso una parte che si trova nel Giudizio universale di Signorelli, cioè un colore aggiunto a questa scena dall’interno.
Certo, tutto questo non designa nessuno fuori dall’immagine, senza però riuscire a mostrarci “degli altri”; in maniera implacabile, in maniera solitaria fino al suono di un’armonica che percorre la tetra campagna, questa immagine racchiude in sé una somiglianza.

Jean Louis Schefer, L’uomo comune del cinema (traduzione di Michele Canosa), Quodlibet, Macerata 2006, p. 51.