venerdì 10 aprile 2020

Il runner

Nel cinema degli ultimi cinquant'anni, un sintagma ricorrente è il carrello laterale di un uomo che corre. Non saprei spiegare il perché, ma se ci pensassi per un po' di tempo un motivo lo troverei, un motivo si trova sempre. Ma non ho tempo, il che è croce e delizia di tutti coloro che non hanno nulla da fare.
Questo che mostro è senza alcun dubbio tra i prototipi di quel sintagma cinematografico. Testimonia di una libertà esausta, vacua, fine a se stessa ma quindi assoluta: quell'uomo è un eroe. Però guarda come tossicchia, non si regge in piedi, è chiaramente febbricitante: quell'uomo è un traditore. O tutt'e due. Non saprei dire. Non ho tempo.

venerdì 3 aprile 2020

On sort ce soir?

Molti film sono "cult", pochi sono veramente belli. L'Acrobate di Jean-Daniel Pollet è tra questi. L'alter ego di Pollet sullo schermo si chiamava Claude Melki. Ai tempi del liceo già conoscevo la ludopatia, quindi a partire dall'una e mezza del pomeriggio passavo un'ora buona, a volte assieme a un amico di scuola e a volte solo, ma preferivo solo, nei due bar delle per me borgesiane "esquinas" tra rue saint-Dominique e avenue de la Bourdonnais. Nel primo bar c'era il flipper, nel secondo "Tetris". Il primo bar si caratterizzava per la costante presenza, per anni e anni, di un tizio sfracellato sul bancone con il suo ballon de rouge, l'immancabile bicchierino di disgustoso vino della casa tanto caro (o era inviso? non ricordo più) a Luis Buñuel. Quando ci andavo con il compagno di scuola, il compagno non sapeva ma io sapevo che quel nighthawk del primo pomeriggio era proprio Claude Melki in persona. Ma io preferivo stare solo. Io e il flipper. E Claude Melki.

giovedì 26 marzo 2020

It's the Same Old Song

Negli anni Ottanta in Francia la rivista di cinema non era "Première", pura promozione pubblicitaria, e non erano "Les Cahiers du cinéma" o "Positif", che avevano perso tutti i tram.
La rivista di cinema era "Starfix". Io ero abbonato. Per gli abbonati c'erano le anteprime, domenica a mezzogiorno, in un cinema di medie dimensioni sperduto nei Gobelins, l'Escurial, poi diventato Escurial Panorama.
L'Escurial domenica a mezzogiorno proiettava le anteprime di "Starfix". Per tutti gli anni Ottanta. Sabato a mezzanotte proiettava Eraserhead. Per tutti gli anni Ottanta. Io non mancavo nessuna domenica. E la mezzanotte prima, spesso ero là: per sghignazzare. Rovinavo la proiezione di Eraserhead, unico pischelletto a ridere a crepapelle in una sala sempre piena. La cosa femmina nel radiatore con i tumori alle guance canticchiava "tu hai le tue cosine e io ho le mie" spiaccicando quel verme di feto con le sue scarpette da mago di Oz e mi sganasciavo. Il buon Jack Nance lo accoltellava facendo sprizzare schizzi di muco sanguinolento e io mi rotolavo nella poltrona dalle risate. Ora a rivedere quelle immagini non rido più, ma ricordo quelle reazioni e ancora le capisco, anche se non sono più mie.

Bene.

Detto questo, voi non potete immaginare cosa passa nella testa di un tredicenne quando vede, primo tra pochi, quel carrello sul bancone del bar, che ostacolato dall'ubriaco sfracellato lo scavalca per proseguire la sua corsa. Un'idea del cinema, e del mondo, avrebbero detto i Cahiers se non avessero perso tutti i treni.
Molti anni dopo, davanti A propos de Nice di Jean Vigo, la panoramica sulle arcate, con la cinepresa che le segue facendo su è giù: ma è la stessa cosa, era già Blood Simple mezzo secolo prima! È la stessa "canzone"! Ma con un significato diverso!
Qui il finale: e anche quello, immagina l'effetto, allora, su un pischelletto.

venerdì 20 marzo 2020

Stenshots











martedì 14 gennaio 2020

Stenshots


domenica 12 gennaio 2020

mercoledì 8 gennaio 2020

Stenshots

sabato 7 dicembre 2019

Ad Astra (James Gray, 2019)

Mi si è fatto notare che quando in un post su facebook facevo una battuta su James Gray che mi ruba l'idea del "noi siamo soli", è lo stesso regista a rivelare che l'idea era di Clarke: "There’s a quote by Arthur C. Clarke where he said either we’re not alone in the universe or we are and both notions are equally terrifying. So all of this went into the movie and the action beats really were an attempt only to illuminate and expand upon these ideas". Dando per scontato che il mio era fin dall'inizio uno scherzo, appena ho letto la citazione essa mi è suonata familiare: il fatto che l'abbia espressa in termini praticamente identici non lascia dubbi, l'avevo digerita a tal punto da essere convinto che fosse un'idea mia. Costruire un film su una simile idea è praticamente impossibile, mi si fa anche giustamente osservare: non puoi provare scientificamente l'inesistenza di qualcosa (e in Ad Astra infatti non succede esattamente questo: il film si limita a suggerirlo). Verissimo: ma proprio per questo è efficace. Se riesci a far funzionare sullo schermo (o sulla pagina) un'idea che nella realtà e nella logica non funziona, hai svoltato. Provocatoriamente: hai svoltato ancor più che se fai una storia in cui "noi non siamo soli".
Partendo proprio dall'idea di Clarke, si potrebbe dire che il punto del film non è comunque quello. Il problema di Gray forse è che il punto non è mai "questo" o "quello", senza che l'assenza di punto ti coinvolga veramente, oppure il punto c'è ma si riduce al "grosso tema" (la famiglia, padre-figlio, fratelli, ecc.), su cui Gray non riesce mai fino in fondo a dire qualcosa di essenziale o indispensabile, sembra ricamarci sopra più o meno bene (per esempio in We Own the Night meglio che in The Yards, in The Yards meglio che in Little Odessa, una messa a fuoco durata 15 anni, non sgradevole ma un po' sfiancante, dello stesso film), come se forse anche quello, in fondo, non fosse "il punto". Anche le citazioni più disparate non riescono a trovare una loro coerenza interna, si passa da Mad Max a 2001 e poi li si abbandona, la voce over di Brad Pitt è un po' Malick, un po' Blade Runner, un po' Apocalypse Now e incomprensibilmente un po' pura didascalia (Brad Pitt si prepara mettiamo un piatto di maccheroni burro e parmigiano e poi si sente la voce di Brad Pitt che con un tono californian-metafisico dice "Mi sto preparando un piatto di maccheroni burro e parmigiano"). Tra tutti, quello di Apocalypse Now è il riferimento più pesante, a volte il film assume le sembianze del pacchiano remake, simile a (ma non complice di, che lo renderebbe molto più simpatico) onestissime mezze ciofeche b-movie tipo Enemy Mine di Petersen che trasferiva nello spazio Duello nel Pacifico di John Boorman con un alieno di latex al posto di Toshiro Mifune. Segno che la fantascienza è più uno spazio (spesso degradato e finto) che un genere, un po' come il western, di cui certa fantascienza è un chiaro tentativo di farne rivivere i fasti, vedi appunto la parte alla Mad Max con la sparatoria sulla Luna con i pirati ecc. ecc., ma anche queste son tutte cose che sappiamo da sempre e alle quali Gray non solo aggiunge poco ma anzi sembra non volerci neppure provare, al massimo forse strizzare un pigro occhietto allo spettatore, come se volesse dirci che appunto son cose a noi tutte note da sempre e comunque "il punto non è quello", ma quale sia non si sa.
L'altro elemento che forse giustifica il prono appiattirsi su Apocalypse Now potrebbe essere quello di stabilire una giunzione con Lost City of Z, anche lì in cerca di un'autogiustificazione un po' raffazzonata della coerenza di un'opera "personale", laddove The Lost City of Z era un calco ancora più superfluo di Aguirre, film che a sua volta era il principale punto di riferimento di Coppola.

domenica 24 novembre 2019

mercoledì 20 novembre 2019