sabato 22 maggio 2021

La minaccia fantasma

Spesso a fine sequenza nei migliori film "di Sordi" c'è questo gesto del voltarsi indietro, guardando verso un alto a sinistra che non è la macchina da presa, né lo spettatore, né tantomeno "Dio", uno smarrimento "comunque sia", una diffidenza indifferenziata, mista alla convinzione ingiustificata di essere in grado di "prevedere" non si capisce cosa, qualsiasi cosa, ma forse non tutto. La paranoia in un'immagine. (Questa è presa da I magliari ed è narrativamente più giustificata di altre.)

giovedì 13 maggio 2021

In the Earth (Ben Wheatley, 2021)

Quatto quatto e per quattro sterline, Ben Wheatley (uno dei registi più interessanti degli ultimi dieci anni) ti rifila con In the Earth il primo film sulla pandemia.
Lo fa dimostrando che nel cinema la sceneggiatura conta poco o nulla: in questo caso fa acqua da tutte le parti. Regia e montaggio trasformano ogni singola falla nello scafo in nesso onirico. Il Covid-19 è un incubo, dove la coppia di turisti psicopatici di Sightseers finisce nell'huis clos a cielo aperto di A Field in England: l'inferno sono più che mai gli altri, anche se fortunatamente a Sartre non si pensa mai, piuttosto a Shyamalan, al Peter Strickland di Berberian Sound Studio, alle famiglie di attori scorrette, scorreggione, esilaranti e spaventose di Inside No. 9 e di The League of Gentlemen (qui rappresentata da Reece Shearsmith, forse il più Proteo di tutta la cricca, sempre irriconoscibile e immediatamente identificabile), forse agli splendidi The Battery, Tex Montana Will Survive! e After Midnight di Jeremy Gardner, nonché, ovvio, a tutta la tradizione british del folk-horror, rivisitata con massima sprezzatura e minimo disprezzo, così come di fatto quella tradizione ha sempre fatto nei confronti di se stessa, è la sua forza, è per quello che sopravvive e "a volte ritorna".
Un incubo, sì, ma un incubo cinematografico. Wheatley sa che è un ossimoro, perché l'incubo è squisita espressione soggettiva, mentre il cinema conosce solo il racconto in terza persona. Quindi anche David Lynch. Quindi anche Stanley Kubrick. E detto sottovoce, quatto quatto, molto Ben Wheatley.
(Cinque virgola due su imdb. Contenti loro.)


P.S.: L'immagine che ho scelto si trova poco dopo l'inizio – splendido e "seminale": una serie di incomprensibili variazioni sulla mascherina, chi ce l'ha, chi non ce l'ha, chi la toglie e chi la rimette: senza che mai si colga una logica sanitaria o narrativa – e credo sia quasi una costante nell'opera di Wheatley. Segue un movimento di macchina kubrickiano, di avvicinamento minaccioso o gnostico, ma senza che la distanza tra la cinepresa e i personaggi venga realmente colmata o anche solo ridotta. Mi son chiesto come si ottenesse quell'effetto, e rivedendo la sequenza un paio di volte credo che sia combinando un carrello avanti con una lievissima panoramica verticale verso l'alto, che di fatto "toglie la terra da sotto i piedi" dando l'illusione o la segreta verità di uno spazio umano che si riduce.

mercoledì 12 maggio 2021

sabato 8 maggio 2021

martedì 4 maggio 2021

Stenshots