lunedì 30 novembre 2009

Bara con nighthawk e cowboy

Don't that picture look dusty?
Jesse James (Brad Pitt) nell'Assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (Andrew Dominik, 2007).


Parlo da ex cinefilo e poi ex cinefago. Per entrambi, senza Hopper non si dà né lo Huston urbano di Città amara né il Malick agreste dei Giorni del cielo (dove la fotografia dell'ormai quasi cieco Almendros si nutre di moltissime altre influenze, da Vermeer a Wyeth). Ognuno parla guardando le storie, i film che si proietta: il che significa che ognuno parla senza ascoltare quel che dice. Proprio stasera, rivedendo un pezzo del would-be Malick ma non disonorevole Jesse James di Dominik, mi sono detto che se proprio si volesse fare un appunto a Hopper, esso muoverebbe da una blanda critica per un eccesso di nitidezza iperrealista, che sembra rassicurare sulla presenza viva dell'essere proprio mentre vorrebbe rappresentarne la sottrazione. Non dico che l'artista avrebbe avuto in pugno l'Unheimlich se si fosse limitato a rendere blurry le sue figure come nelle immagini di questo strano film dove il futuro assassinio di un uomo si rappresenta borgesianamente agli occhi dell'omicida come già compiuto, inesorabile: "His fingers skittered over his ribs to construe the scars where Jesse was twice shot. He manufactured a middle finger that was missing the top two knuckles. He imagined himself at 34. He imagined himself in a coffin. He considered possibilities and everything wonderful that could come true". È come se Hopper fosse scivolato sulla rutilante superfice della tradizione americana senza mai scrivere la propria Isola del tesoro, che infatti firmò uno scozzese ma in cui c'era già tutto Peckinpah, più classico di quel che si pensa, se "classico" significasse qualcosa. Raccontare the ultimate pirate story, sapendo che quel tempo è concluso, e integrare la consapevolezza di questa narrazione post mortem all'interno del quadro stesso.
L'isola del tesoro è scritto come in soggettiva, da una bara. Più che alla celebre sequenza di Vampyr, penso a Long John Silver e ai suoi pirati come a un mucchio selvaggio ante litteram o anche alla didascalia finale di Barry Lyndon, assente dal romanzo di Thackeray. E forse ci ho pensato anche perché sono convinto che la grandezza del romanzo di Stevenson risieda nella sua perfetta inadattabilità, nel suo essere un libro fatto esclusivamente di carta, che comincia e finisce in letteratura. Il fallimento dei vari adattamenti mi sembra confermarlo, e persino il Fleming richiede allo spettatore di non aver letto o di accantonare il ricordo del libro e di guardare esclusivamente Wallace Beery. Mentre in effetti ci sono pittori che sembrano aspettare di essere adattati (e risolti, spesso in modo migliore) al cinema, il che non toglie nulla al loro genio ma ai miei occhi li rende l'equivalente pittorico e "alto" di uno Stephen King, scrittore tutt'altro che spregevole, a scanso d'equivoci.



Ma d'altra parte, può darsi che Hopper abbia avuto l'intuizione della contemporaneità, qualcosa che Stevenson forse non poteva immaginare, ossia la presa del potere non da parte di Luigi XIV, e neppure da parte del "popolo" o del "cittadino", ma dell'ascensore, e che si sia adattato a rappresentare una metafisica d'ascensore, un'attesa dell'ascensore, un'assenza di Dio nell'ascensore.

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXVI — L'UOMO CHE C'ERA

Tre aggeggi a chi riconosce il film da cui ho estratto questo fotogramma. Nuova immagine giovedì, ma allora riceverai solo due robe. Ultima foto sabato: ti ritroverai con un coso tra le mani.
AGGIORNAMENTO (giovedì 3 dicembre). Fu un celebre scrittore a notarlo ed annotarlo per primo. C'era anche lui. C'erano tutti, prima che non ci fosse più nessuno. Due robe a chi lo ritrova.

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ATTENZIONE: La partita si è conclusa giovedì 3 dicembre alle 17.55. Il film da riconoscere era Zelig (Woody Allen, 1983). bianca ottiene due robe.
La prossima sfida si terrà lunedì 7 dicembre.


L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
arcomanno: 18 robe.
bianca: 16 robe.
afasol: 14 robe.
maxeramax: 3 robe
.
YagaBaba: 3
robe.
gegio: 3
robe.
Andrea: 2
robe.

lunedì 23 novembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXV — IL MEDIO HA UN MESSAGGIO

Quando il dito mostra la luna, l’imbecille fa uno zoom, come dice un proverbio cinese.
Jean-Patrick Manchette, “Charlie hebdo”, n° 539, 11 marzo 1981 (ora in Les Yeux de la momie, Rivages / Ecrits noirs, Paris 1997, p. 367).

Non puntarmi il dito contro, se non hai intenzione di usarlo.
Oscar Madison (Walter Matthau) a Felix Ungar (Jack Lemmon) nella Strana coppia (Gene Saks, 1968).

Invece di fare il permaloso, guarda stoltamente questo ditinofino. Indovina in che film viene mostrato e beccati tre narici in cui infilarlo. Giovedì vedrai un altro fotogramma ma ti ritroverai con due narici raffreddate. Sabato ci sarà una terza immagine, ma otterrai solo una narice. Tappata.
AGGIORNAMENTO (giovedì 26 novembre). L'indizio per eccellenza. Due narici a chi riconosce il colpevole.
AGGIORNAMENTO (sabato 28 novembre). Tre dita per una narice.

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ATTENZIONE: La partita si è conclusa domenica 29 novembre alle 18.41. Il film da riconoscere era M — Il mostro di Düsseldorf (M, 1931) di Fritz Lang. arcomanno conferma il suo primato aggiungendo una narice alle 17 e ritrovandosi quindi con nove nasi.
La prossima sfida si terrà lunedì 30 novembre.


L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
arcomanno: 18 narici.
afasol: 14 narici.
bianca: 14 narici.
maxeramax: 3
narici.
YagaBaba: 3
narici.
gegio: 3
narici.
Andrea: 2
narici.

lunedì 16 novembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXIV — C'ERA UNA VOLTA UN PICCOLO NAVIGLIO

Cinque salvagenti che galleggiano (e non è una ridondanza) a chi riconosce il titolo di questo film. Giovedì vedrai un secondo filmato, e sabato un terzo, ma diminuiranno i salvagenti che galleggiano.
AGGIORNAMENTO (giovedi 19 novembre): Secondo filmato, quattro salvagenti.
AGGIORNAMENTO (sabato 21 novembre): Terzo filmato, tre salvagenti.





LA PARTITA SI È CONCLUSA SENZA VINCITORI.
LA SEQUENZA ERA TRATTA DA LA FORZA DEI SENTIMENTI (1983), FORSE IL CAPOLAVORO DI ALEXANDER KLUGE. IL FATTO CHE NESSUNO SI SIA NEPPURE LONTANAMENTE AVVICINATO ALLA SOLUZIONE MI FA VENIRE L'ASSURDO SOSPETTO CHE A PARTE ME NESSUNO LO ABBIA VISTO. NON È POSSIBILE, È CHE VOI SIETE DISPERANTI. PER VOSTRA EDIFICAZIONE LO CARICHERÒ TUTTO SU STENTUBE (AMMESSO CHE RIESCA A RISOLVERE STRANI PROBLEMI TECNICI).
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ LUNEDÌ 23 NOVEMBRE.

sabato 14 novembre 2009

Dacci un Taglio

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I parenti di mia moglie (My Wife's Relations, 1922) di Buster Keaton.

lunedì 9 novembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXIII — A GAMBE LEVATE

In quel momento udimmo dei passettini strascicati sul pavimento. Mi voltai. Era Hitchcock, bello, roseo e rotondo, che mi veniva incontro a braccia tese. Non avevo mai visto neanche lui ma sapevo che mi aveva spesso lodato pubblicamente. Mi sedette accanto, poi pretese di stare alla mia sinistra durante la colazione. Con una mano intorno al mio collo, semisdraiato su di me, continuava a parlarmi della sua cantina, della sua dieta (mangiava pochissimo) e soprattutto della gamba tagliata di Tristana: “Ah, quella gamba…”.
Luis Buñuel, Dei miei sospiri estremi, SE, 1991.

Due stampelle a chi riconosce il film da cui è tratta questa inquadratura pazzesca.



ATTENZIONE: La partita si è conclusa giovedì 12 novembre alle 11.10. Il film da riconoscere era Broken Lullaby (Ernst Lubitsch, 1932). bianca si piazza in seconda posizione, ex-aequo con afasol (ma dove diavolo è finito?) tallonando il felino arcomanno.
La prossima sfida si terrà lunedì 16 novembre.


L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
arcomanno: 17 stampelle.
afasol: 14 stampelle.
bianca: 14 stampelle.maxeramax: 3 stampelle.
YagaBaba: 3
stampelle.
gegio: 3
stampelle.
Andrea: 2
stampelle.

domenica 8 novembre 2009

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XXXII — PULL ZE STRINGS!

In occasione della mia festa, ben sette pensierini a chi riconosce il film da cui ho estratto questa immagine. Ogni giorno della settimana, fino a lunedì prossimo, apparirà un nuovo fotogramma. Ma anche il cervello degli zombi si decompone, e i pensierini si riducono nel tempo.
AGGIORNAMENTO (martedì 3 novembre): Seconda immagine. Ho perso un pensierino.
AGGIORNAMENTO (mercoledì 3 novembre): Terza immagine. Un sobrio ringraziamento alla Corte di Strasburgo riduce i pensierini a cinque.
AGGIORNAMENTO (giovedì 4 novembre): Quarta immagine, quattro pensierini. My mind is going...
AGGIORNAMENTO (venerdì 5 novembre): Quinta immagine. Nancy, Nancy, give me your answer do... I'm half crazy all for the love of you... You'll look sweet upon the seat of a bicycle built for three little thoughts...
AGGIORNAMENTO (sabato 6 novembre): Sesta immagine. Mi sento sempre più come Homer, quando dice a Marge: "Voglio restar solo col mio pensiero".

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ATTENZIONE: la partita si è conclusa sabato 7 novembre alle 12.59. Due pensierini per bianca.

Il film da indovinare era Carrie — Lo sguardo di Satana (Carrie, 1976) di Brian De Palma.

Tutti i fotogrammi (tranne il terzo, la coincidenza casuale era troppo ghiotta) sono tratti dalla stessa sequenza, summa magistrale del cinema secondo De Palma. Gli effetti più kitsch (ralenti, split screen, dettagli torbidi, shock e pop) vengono sbandierati, senza alcun pudore. De Palma è Hitchcock, certo, ma un Hitchcoch degradato. Meglio ancora: la sua continuazione ideale, fantasmatica, a partire da Frenzy, ultimo film veramente controllato di Sir Alfred, quello in cui il maestro tratta frontalmente il tema formale del brutto, e di cui si impossessa il suo discepolo per imbastirvi la sua diseguale e sgradevole opera. (Quasi tutti i miei amici odiano Il fantasma del palcoscenico, lo considerano "invecchiato", "vieilli", quando in realtà il film era in partenza un musical deliberatamente marcio, un osceno, stucchevole, scoppiettante e geniale "musichevole", come gracchia Lina Lamont alla fine — De Palmiana ante litteram — di Cantando sotto la pioggia, visto stasera con figlia7.) Hitch passò buona parte della sua vita alla ricerca dell'ur-bionda. Era Grace Kelly. Il tempo che gli restava lo spese a rimpiangerne la perdita. Con le vittime proletarie e sgraziate di Frenzy passò decisamente ad altro. Allora cercava quello che De Palma fabbricherà in Carrie: l'ur-cozza in fiore, straordinariamente incarnata da Sissy Spacek, gran signora (le dobbiamo David Lynch, mica pizza e fichi).
Poi c'è quello che sapete ormai a memoria: in De Palma split screen e ralenti servono a decomporre analiticamente una matassa di visioni, tutte accomunate dall'angoscia e dal desiderio: l'intera sequenza è un susseguirsi cubista di dettagli, soggettive e primi piani di sguardi: Nancy Allen sotto il palco tira le fila della propria vendicativa sensualità; Amy Irving intuisce la goliardica macchina, mezza copulante e mezza celibe, che trova il suo punto di depressione ciclonica in un secchio dove il sangue suino, ondeggiando, compie i cicli della nevrosi: Betty Buckley vede Amy Irving ma sovrappone all'ansia della sua studentessa mai abbastanza innocente l'inane ansia d'ordine e di giustizia della professoressa di ginnastica; i membri della prom night vedono William Katt e Sissy Spacek; William Katt vede solo i flash e Sissy Spacek non vede nulla.
Cala il sipario, pull ze strings e bucket of blood. E a quel punto Carrie vede tutti e tutto, contemporaneamente, in un'ubiqua paranoia (gli split screen, i "they're gonna laugh at you", memori del buñueliano El). Tutto tranne se stessa, la propria follia, ossia sua madre. L'unico a vedere per intero tutta la scena, con al centro questa spaventosa chimera che riesce a essere al contempo Marion Crane, Norma e Norman Bates è lo spettatore, qui invitato a gioire della propria sadica pedofilia con una violenta sfacciataggine, pensabile solo nel delirante cinema USA anni Settanta.
Carrie, ovvero il controllo assoluto della realtà fisica. A quella psichica ci penseranno, pochi anni dopo, i teleapatici di Scanners (David Cronenberg, 1981): e a me la musica di Shore sembra la continuazione ideale di quella di Donaggio. Poi
non resteranno altri territori da esplorare. Almeno al cinema.


La prossima sfida si terrà lunedì 9 novembre.


L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA
arcomanno: 17 pensierini.
afasol: 14 pensierini.
bianca: 12
pensierini.
maxeramax: 3
pensierini.
YagaBaba: 3
pensierini.
gegio: 3
pensierini.
Andrea: 2
pensierini.

sabato 7 novembre 2009

Damfino

Un paio di settimane fa vedo con figlia7 Buster Keaton in The Boat, 1921 ("— Where are we? — Damfino!"). Ora, appollaiato sull'albero maestro, lui poggia lo stivale sul molo nel preciso istante in cui l'ultimo millimetro della sua barchetta a vela si inabissa. Penso che nel Rinascimento lo avrebbero considerato una perfetta allegoria della sprezzatura. Però nel fondale che ne so io (e Disney©) del Rinascimento? E allora le dico: "Vedi quello? Si chiama Johnny Depp. Ma nel film è Jack Sparrow. Sparrow in inglese vuol dire passero".


— Dove siamo?
— Non te lo so dire.
Alex Joyce (George Sanders) e la moglie Katherine (Ingrid Bergman) in automobile: prime parole di Viaggio in Italia (Roberto Rossellini, 1954).

venerdì 6 novembre 2009

A World of Shit

La battaglia di San Napolitano

(Il Presidente della Repubblica italiana)


Va bene così?

domenica 1 novembre 2009

Neorealisti forever ma non per sempre minchia






Morti politicamente scontate, irrevocabilmente corrette

Di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in quest'occasione.
Ignazio La Russa, ministro della Difesa della Repubblica italiana.

Lo sento dire queste parole l'altro ieri sera, al Tg1. E subito mi indigno: ma come si permette di giudicare prima ancora che siano concluse le indagini? La reazione, mi rendo conto (sì, lo so: mo' vieni) solo l'indomani mattina, è scontata ma irrazionale. Uno passa il tempo a blaterare di ucronie e a coltivare giardinetti biforcuti solo per farsi fregare dalla prima successione temporale, confidando nella sua natura crono-logica. Quella dichiarazione non viene dopo la morte di Cucchi, ma prima. Non è una conseguenza dell'omicidio, ma la sua vera causa.

Anni fa io quell'uomo lo incrociai per strada. Giolitti, lo storico gelataio di via degli Uffici di Vicario dove mio padre aveva pianta stabile (e prezzi di favore, sospetto), si trova a dieci metri da Montecitorio. Camminiamo, e a un certo punto ecco che mi trovo davanti Ignazio La Russa, come sempre ilare. Lo guardo negli occhi e istintivamente cambio marciapiede. Non per dichiarare la mia velleitaria opposizione, ma perché ho paura che mi picchi: quell'uomo la violenza ce l'ha stampata in volto.
(En passant, questo sembra essere un marchio lombrosiano di moltissimi ex-AN. Anche se i lombrosiani non mi sono mai piaciuti. L'ho rivisto nella faccia di Giorgia Meloni, in un video in cui il ministro della Gioventù della Repubblica italiana [non] risponde alle domande di una giornalista australiana.)

Prevedo che l'uomo si rassegnerà a imprese ogni giorno più atroci; presto non vi saranno più che guerrieri e banditi; dò loro questo consiglio: l'esecutore di un'impresa atroce immagini d'averla già compiuta, s'imponga un futuro che sia irrevocabile come il passato.
Jorge Luis Borges, Finzioni ("Il giardino dei sentieri che si biforcano"), Einaudi, Torino 1955, p. 82.