La creatività dilata il tempo.
È solo la banalità, che lo contrae.
E poi alla fine sfugge del tutto.
Mimmo (Domenico detto "Mimmo" Scicchitano) al mostro di Frankenstein in Necropolis (Franco Brocani, 1970).
È solo la banalità, che lo contrae.
E poi alla fine sfugge del tutto.
Mimmo (Domenico detto "Mimmo" Scicchitano) al mostro di Frankenstein in Necropolis (Franco Brocani, 1970).
Un passaggio obbligato, letteralmente. La sinuosa e splendida erta, tutta tornanti da prendere in seconda ma meglio salirla a piedi, che unisce Monteverde e Trastevere, la casa dei miei nonni e il centro di Roma. Nelle lunghe passeggiate, soprattutto notturne, fino alle due del mattino and beyond, soprattutto con mio padre, che diceva sempre, quando la imboccavamo: "Via Dandolo, che visse sempre dandolo e dandolo morì". Di lunga erta montana. Quel pasticcione comunista di mio padre la adorava, quella poesia. Per la musica, per il ritmo. La sapeva a memoria, lui era della generazione che sapeva ancora a memoria le parole, che si portava intere biblioteche di Babele in testa. Ma lui più di altri: le parole, non le cose. La recitava a tutta velocità, senza punteggiatura. Musica pura. Come fosse un rap.