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sabato 13 novembre 2010

Time and again

Ad Orly, di domenica, i genitori portano i figli a vedere gli aerei in partenza. Di quella domenica, il ragazzo avrebbe ricordato spesso il sole fisso, la fine della rampa e un volto di donna. Nulla distingue i ricordi dagli altri momenti: solo più tardi si fanno riconoscere, dalle loro cicatrici. Quel volto che sarebbe diventato la sola immagine dei tempi di pace ad attraversare i tempi di guerra, egli si chiese a lungo se l’avesse visto veramente, o se avesse creato quel momento di dolcezza per puntellare il momento di follia che sarebbe sopraggiunto, con quel rumore improvviso, il gesto della donna, quel corpo che oscilla, il clamore della gente sulla rampa, confusa dalla paura. Più tardi capì di aver visto la morte di un uomo.
Voce narrante (Jean Négroni) di La jetée (Chris Marker, 1962).



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mercoledì 16 dicembre 2009

Come in uno specchio 4


In un tomo delle sue Lettere edificanti e curiose, pubblicate a Parigi durante la prima metà del secolo XVIII, il padre Zallinger, della Compagnia di Gesù, abbozzò un esame delle illusioni e degli errori del volgo della città di Cantòn; in una lista preliminare, annotò che il Pesce era un essere fuggitivo e risplendente che nessuno aveva mai toccato, ma che molti pretendevano di aver visto nel fondo degli specchi. Il padre Zallinger morì nel 1736, e il lavoro iniziato dalla sua penna rimase inconcluso; centocinquant’anni dopo, Herbert Allen Giles riprese l’opera interrotta.
Secondo Giles la favola del Pesce fa parte di un mito più ampio, che si situa nell’epoca leggendaria dell’Imperatore Giallo.
A quel tempo il mondo degli specchi e il mondo degli uomini non erano, come adesso, incomunicanti. Erano, inoltre, molto diversi: non coincidevano né gli esseri, né i colori, né le forme. I due regni, lo specolare e l’umano, vivevano in pace; per gli specchi si entrava e si usciva. Una notte la gente dello specchio invase la terra. Irruppe con grandi forze, ma dopo sanguinose battaglie, le arti magiche dell’Imperatore Giallo prevalsero. Egli ricacciò gl’invasori, li incarcerò negli specchi, e impose loro il compito di ripetere, come in una specie di sogno, tutti gli atti degli uomini. Li privò di forza e di figura propria, riducendoli a meri riflessi servili. Un giorno, tuttavia, essi si scuoteranno da questo letargo magico.
Il primo a svegliarsi sarà il Pesce. Nel fondo dello specchio scorgeremo una linea sottile, e il colore di questa linea non rassomiglierà a nessun altro. Poi verranno svegliandosi le altre forme. Gradualmente, differiranno da noi; gradualmente, non ci imiteranno. Romperanno le barriere di vetro o di metallo, e questa volta non saranno vinte. Al fianco delle creature degli specchi combatteranno le creature dell’acqua.
Nello Yunnan non si parla del Pesce ma della Tigre dello Specchio. Altri intende che, prima dell’invasione, udremo nel fondo degli specchi il rumore delle armi.
Jorge Luis Borges, Manuale di zoologia fantastica ("Animali degli specchi"), Einaudi, Torino 1962, pp. 19-20.