domenica 30 novembre 2008

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XVII — AUTOSTRADE DELL'INFORMAZIONE

Adesso noi vediamo come in uno specchio, col profilo sbagliato; allora diventa mio amico comunista e ci vediamo su facebook.
Antonio Gramsci a Gesù di Nazareth, e-mail da second death, ed. Vallasapé, Sim City 2008, p. 33.

Indovina il titolo del film e aggiungi tre francobolli alla tua collezione.

P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso l'ufficio postale e possono essere consultate qui. Ma se ti senti retrò, puoi sempre usare i segnali di fumo.



ATTENZIONE: LA PARTITA SI È CONCLUSA LUNEDÌ 1 DICEMBRE ALLE 23.16.
LA LETTERA PNEUMATICA È STATA AFFRANCATA DA BIANCA, CHE CON TRE FRANCOBOLLI RAGGIUNGE UN PUNTEGGIO A DUE CIFRE E SI AVVICINA PERICOLOSAMENTE ALLA VITTORIA DEFINITIVA.
IL TITOLO DA INDOVINARE ERA "BACI RUBATI" DI FRANÇOIS TRUFFAUT.
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ DOMENICA 7 DICEMBRE. LA POSTA IN GIOCO E LA VALUTA SONO ANCORA IN FORSE.

L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA

bianca: 10 francobolli.
arcomanno: 6
francobolli.
andrea: 2
francobolli.
desaparecida: 2
francobolli.
orsopio: 1
francobollo e mezzo.
rabbi: 1
francobollo e mezzo.
adlimina: 1
francobollo.

sabato 29 novembre 2008

Dacci un Taglio

carton nosferatu.jpg

Nosferatu il vampiro (Nosferatu, eine Symphonie des Grauens, 1922) di F.W. Murnau.

giovedì 27 novembre 2008

Le parole e le cose

Sei Shonagon, damigella d’onore della principessa Sadako all’inizio dell’XI secolo, aveva la mania delle liste: lista delle “cose eleganti”, delle “cose desolanti”, o ancora delle “cose che non vale la pena fare”. Un giorno ebbe l’idea di scrivere la lista delle “cose che fanno battere il cuore”.
Voce narrante in Bez solntsa — Sunless — Sans soleil (Chris Marker, 1983).

Una volta, alla metà del XIX secolo, tutte le cose più preziose al mondo venivano raccolte nel Palazzo di Cristallo a Londra: il radiotelegrafo di Siemens, i coltelli di Solingen, le stufe di ferro britanniche, divani con portacatino in cartone, cannoni Krupp (allora non in commercio). Questi erano gli antenati di tutti i prodotti moderni. Nel 1937 l’edificio andò distrutto dalle fiamme, esattamente quattro anni dopo l’incendio del Reichstag. Da allora le cose non hanno più un parlamento.
Il narratore ne La forza dei sentimenti (Alexander Kluge, 1983).

… notoriamente, non c’è classificazione dell’universo che non sia arbitraria e congetturale. La ragione è molto semplice: non sappiamo che cosa è l’universo. "Il mondo" scrive David Hume, "è forse l'abbozzo rudimentale di un dio infantile che lo abbandonò a metà dell'opera, vergognandosi della sua esecuzione deficiente; è fattura di un dio subalterno, del quale gli dèi superiori si burlano; è la confusa produzione di una divinità decrepita, tenuta in disparte, che è già morta" (Dialogues Concerning Natural Religion, V, 1779). Si può andare più lontano; si può sospettare che non vi sia universo nel senso organico, unificatore, che ha questa ambiziosa parola. Se c'è, bisogna immaginare il suo fine; bisogna immaginare la parole, le definizioni, le etimologie, le sinonimie, del segreto dizionario di Dio.
Jorge Luis Borges, "L'idioma analitico di John Wilkins", in Altre inquisizioni (1952), trad. it. di Francesco Tentori Montalto.

martedì 25 novembre 2008

Dacci un Taglio

— Sei offeso, micione? Sei arrabbiato?
— Ma no che non è arrabbiato, il micione. È stanco. D’altronde lo hanno annunciato alla televisione: “I micioni sono stanchi”.
Clarisse (Michèle Mercier) e Charlie Kohler alias Edouard Saroyan (Charles Aznavour) in Tirate sul pianista (François Truffaut, 1960).

lunedì 24 novembre 2008

Ladri, briganti e maleducati

L'idea era che si lascia questo mondo a mani vuote e con dispiacere.
Otar Ioseliani

ioseliani2.jpg

Negli ultimi mesi mi è tornata in mente due volte una lunga intervista che mi rilasciò Otar Ioseliani nel 1997 e che pubblicò gentilmente la rivista "Cinecritica". La prima fu quest'estate, durante la "drôle de guerre" in Georgia, provocata da un pupazzetto imbecille confusamente pilotato dagli americani. Ennesima azione militare pensata a tavolino dall'amministrazione Bush, ed ennesima sconfitta. La seconda volta fu due settimane fa, quando lessi questa notizia.
Siccome il numero di "Cinecritica" è difficilmente rintracciabile, con qualche lieve correzione metto a disposizione il testo integrale dell'intervista in pdf. Per scaricarla, clicca sul link:
Intervista


domenica 23 novembre 2008

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XVI — BAD SANTA

— Presto avremo un bambino! Me l’ha detto il dottore. Sarà il mio regalo di Natale.
— Ma a me bastava una cravatta!
Louise (Janet Margolin) e Virgil Starkwell (Woody Allen) in Prendi i soldi e scappa (Woody Allen, 1969).


Locandina straniera di un blockbuster. Mi sono limitato a cancellare i nomi del cast e il titolo: indovinalo e metti tre pesos sotto l'albero!

P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso un notaio finlandese e possono essere consultate qui. Se non ti piacciono i miei regali, puoi rivolgerti alla Befana.

AGGIORNAMENTO (mercoledì 26 novembre): Premesso che la nazionalità del film non coincide con quella del poster (altrimenti sarebbe troppo facile), il seguente indizio riduce la posta a due pesos:
Come dicono i vecchi saggi di Chinatown: "Fatti non foste a vivel come bluti".

AGGIORNAMENTO (venerdì 26 novembre): Due nuovi indizi forniti incautamente da Stenelo nel terzo commento a questo post. La posta si riduce a un peso e mezzo.

ATTENZIONE: LA PARTITA SI È CONCLUSA SULL'ALTRO TAVOLO DA GIOCO VENERDÌ 28 NOVEMBRE ALLE 13.39.
IL VINCITORE È IL BELLI DEL XXI SECOLO, ORSOPIO, CHE SI AGGIUDICA UN PESO E MEZZO.
IL TITOLO DA INDOVINARE ERA "GREMLINS" DI JOE DANTE, DI CUI ORA POSSO MOSTRARE IL POSTER (POLACCO) SENZA MANOMISSIONI.
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ DOMENICA 30 NOVEMBRE. LA POSTA IN GIOCO E LA VALUTA SONO ANCORA IN FORSE.

L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA

bianca: 7 pesos.
arcomanno: 6 pesos.
andrea: 2 pesos.
desaparecida: 2 pesos.
orsopio: 1 peso e mezzo.
rabbi: 1 peso e mezzo.
adlimina: 1 peso.

sabato 22 novembre 2008

Dacci un Taglio

Silvio Berlusconi ha vinto la sua battaglia. Consentitemi di dire che l’ha vinta con grande coraggio, che l’ha vinta quasi contro tutto e quasi contro tutti. Perché? Perché l’ha vinta contro la gran parte della stampa, la gran parte dell’informazione radiotelevisiva. E l’ha vinta anche contro molti che gli consigliavano — in amicizia — di non fare questo passo.
Quasi contro tutto e quasi contro tutti, il giornalista Emilio Fede (Emilio Fede) la sera del 28 marzo 1994 in Aprile (Nanni Moretti, 1998).

giovedì 20 novembre 2008

Non ti preoccupare, quel tizio ci vedrà senz'altro

Ho sempre sognato di guidare un autobus in fiamme attraverso un muro di televisori con la testa avvolta in candelotti di dinamite.
Pinky, appendice parlante di Rocko, nella serie televisiva d’animazione creata da Joe Murray Rocko’s Modern Life (stagione II, episodio 2: “Pipe Dreams / Tickled Pinky”, 1994).




lunedì 17 novembre 2008

Stanley Kubrick for dummies

kubrick1.gif
Prima foto venduta dal sedicenne Kubrick alla rivista "Look".
Scattata il 12 aprile 1945, giorno della morte di Roosevelt,
fu inserita nel numero del 26 giugno 1945.


I
1951-1960


2001 è un’esperienza di tipo non verbale. Ho cercato di creare un’esperienza visiva che trascendesse i limiti del linguaggio e penetrasse direttamente nel subconscio con la sua carica emotiva e filosofica”: così Stanley Kubrick in un’intervista a "Playboy". Un’ambizione che percorre l’intera opera del prima fotografo e poi regista statunitense. Un cinema ‘non verbale’, seppur parlatissimo; fatto di lunghi carrelli, di movimenti labirintici che conducono al vicolo cieco del fermo immagine, del fotogramma (o del quadro, o del monolito) congelato; narrato con la paratassi tipica dell’infanzia e dei racconti fondatori, pensato per un pubblico adulto. I suoi “film-cervello” (Deleuze) sono ambigui, paradossali, sinuosi: comunque non verbalizzabili, se non affidandosi a ossimori. Dire che qui l’esigenza si coniuga perfettamente con la spettacolarità sarebbe poco meno di un errore. L’esigenza di Kubrick è naturalmente spettacolare, e lo spettacolo squisitamente esigente. Richiede eyes wide shut.

DAY OF THE FIGHT, 1949
A ventun anni, Kubrick abbandona la pur promettente carriera di fotografo. Per la sua prima prova cinematografica si ispira a una serie di clichés scattati per "Look”: la giornata del peso medio Walter Cartier, dal risveglio mattutino, tra i quattro muri dell’appartamento che divide col fratello gemello, allo scontro serale, nel quadrilatero del ring. Molto più che un’esercitazione, è una vera e propria sinopia dei grandi affreschi a venire. Le riprese di boxe colpirono Scorsese, che se ne ricorderà per Toro scatenato.

FLYING PADRE, 1951
Il reverendo Fred Stadtmueller guida personalmente un aeroplanino per coprire lo spazio che separa le sue parrocchie nell’arcipelago del New Mexico. Secondo cortometraggio del giovane Kubrick, che all’epoca non aveva paura di volare e sapeva pilotare un Cessna. Una curiosità.

FEAR AND DESIRE, 1953
Il primo lungometraggio, autoprodotto e subito ripudiato dallo stesso regista, che si rifiutò di mostrarlo (anche se di tanto in tanto qualche festival riesce a metter le mani su una copia, e credo sia stato trasmesso in televisione da Enrico Ghezzi). Non l'ho mai visto, ma da quel che ho letto sembra una bozza un po' verbosa dei temi a venire (il doppio, la guerra, la donna) e una sorprendente anticipazione di Full Metal Jacket.

THE SEAFARERS, 1953
Documentario industriale. Non l'ho mai visto, ma credo che il suo unico interesse sia quello di fornire a Kubrick l'opportunità di sperimentare per la prima volta il colore.


IL BACIO DELL’ASSASSINO (KILLER'S KISS, 1955)
Rinnegata la sua prima opera, il regista non andava fiero neppure della seconda. Sbagliava. L’inseguimento finale sui tetti, in una New York diurna eppure misteriosamente deserta (un labirinto a cielo aperto), la lotta nella fabbrica di manichini, i personaggi caratterizzati con l’accetta (in senso figurato e letterale: si veda il futuro Shining), il disprezzo della continuità temporale: un film scritto, fotografato, montato, prodotto e diretto da Stanley Kubrick.

RAPINA A MANO ARMATA (THE KILLING, 1956)
Sterling Hayden organizza un colpo grosso all’ippodromo: ha previsto e calcolato tutto, ma non la possibilità che il tempo impazzisca. La struttura narrativa esplode, e il vento sparpaglia le banconote. La rapina fallisce, ma il film è il primo capolavoro di Kubrick, che all’epoca disse: “Gangster e artista hanno una cosa in comune. Ammirati e idolatrati da tutti quando le cose vanno bene, sono i primi che poi il mondo vuol distruggere, l’uno per paura, l’altro per invidia”.

ORIZZONTI DI GLORIA (PATHS OF GLORY, 1957)
Una cerniera nell’opera di Kubrick, che per la prima volta parlò della sua volontà di coinvolgere il pubblico in un’esperienza il cui significato non fosse comunicabile verbalmente (si veda lo sconvolgente e ambiguo finale). Un teorema sul potere, realista e disincarnato. La guerra rivela e divide due spazi: lunghi carrelli in profondità nell’angusta trincea, carrelli laterali e avvolgenti negli immensi saloni dal pavimento a scacchiera del castello. A fare da pedine, gli uomini.

SPARTACUS, 1960
A riprese appena iniziate, l'attore-produttore Kirk Douglas sostituisce Anthony Mann con Kubrick, di cui aveva finanziato e interpretato Orizzonti di gloria. Il regista non gradiva la sceneggiatura progressista e metaforica del blacklisted Dalton Trumbo. Avrebbe voluto uno Spartaco più rozzo e feroce, conferendo al personaggio spessore, ambiguità e verosimiglianza. Le scene di battaglia restano comunque memorabili. Kubrick e Douglas non lavoreranno più assieme, ma grazie a questo kolossal il regista otterrà il potere e la libertà.

(CONTINUA)

Playlist con brani dai film citati. Puoi saltare da un filmato all'altro cliccando sui lati dello schermo.

domenica 16 novembre 2008

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XV — CHE VUOLE QUESTA MUSICA STASERA

— We don't have beer. Just tequila.
— What's tequila?
— Uh, it's like beer.
Un barista messicano e Ned Nederlander (Martin Short) ne I tre amigos (John Landis, 1986).

Oggi la soluzione sarà ricompensata con quattro pesos.

P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso lo studio del Console Firmin e possono essere consultate qui. Se preferisci il mezcal alla tequila, puoi rivolgerti a un'altra bodega.
AGGIORNAMENTO (mercoledì 19 novembre): Il titolo originale ha un rapporto con l'esergo. La posta scende a tre pesos.
AGGIORNAMENTO (giovedì 20 novembre): Il titolo originale e anche quello italiano hanno un rapporto con questo post. La posta scende a due pesos e mezzo.
AGGIORNAMENTO (sabato 22 novembre). Indizio geografico-esistenziale nell'altra bodega. La posta scende a due pesos.

LA PARTITA SI È CONCLUSA SENZA VINCITORI.
IL FILM DA TROVARE ERA STELLA SOLITARIA (LONE STAR, 1996) DI JOHN SAYLES.
TRE PESOS TORNANO IN PALIO PER LA
SFIDA DI DOMENICA 23 NOVEMBRE.


giovedì 13 novembre 2008

Elektra

LOS ANGELES - Le stelle di Hollywood non brillano più. Succede nella celebre Walk of Fame, il mitico marciapiede dove sono impressi i nomi delle celebrità del mondo dello spettacolo. La strada è davvero malridotta, tanto che la Camera di Commercio di Hollywood ha già disposto il restauro del pavimento della celebre passeggiata. Particolare attenzione meritano le stelle più “usurate”, quelle di Walter Matthau e Burt Lancaster. Nel complesso, ne saranno risistemate circa un centinaio per l'ammontare di 4,2 milioni di dollari. Creata nel 1958, la Walk of Fame tornerà all'antico splendore entro il 2010.
Hollywood - La via delle stelle cade a pezzi (articolo non firmato), “la Repubblica”, giovedì 24 luglio 2008, p. 41.


lunedì 10 novembre 2008

Voltati Stenelo

Questo albergo non è una casa, come dice da un'eternità Delbert Grady. Siamo in Colorado, mica a Riccione. Un fantasma e uno zombi nella stessa suite fanno a cazzotti. Così Stenelo e io abbiamo deciso di separarci. Ero stufo di doverlo sempre aspettare, nel labirinto di siepi. Gli ci vogliono cinque minuti per fare cento metri: quando e se si arrivava, la splendida festa di morti era già finita da un pezzo. Tanto non lo avrebbero mai fatto entrare perché è vestito uno schifo. E poi è sporco. E poi puzza.
Ma mi ci ero abituato, e un po' mi è dispiaciuto quando il 31 agosto scorso l'ho visto fare le valigie, con tutti i pedalini spaiati, le scarpe da tennis sfondate e i pantaloni pieni di chiazze sospette. Ha sollevato appena il cappello di paglia: "Ciao core, qui comincia a far freddo, me ne vado a vivere a casa d'amici, in un seminterrato zozzo, illuminato male". Chi vuole può ritrovarlo là, mentre si decompone inesorabilmente.

Un tempo Stenelo voleva fare l'attore. E anche lui avrebbe potuto avere il suo minuto di celebrità, in un film su persone più di là che di qua. Ma il regista giudicò l'interpretazione troppo monotona (mentre Sten la considera un capolavoro, brontolando che a Pittsburgh non capiscono il minimalismo kabuki) e ridusse l'inquadratura a meno di due secondi. Siamo tuttavia riusciti a ritrovare la sequenza originale e la diffondiamo a mo' di omaggio per un ospite non troppo gradito.



P.S.: Puoi sempre andare a salutare Stenelo cliccando sul suo ritratto, in alto a destra. Sempre che tu non abbia paura dei mozzichi.

domenica 9 novembre 2008

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XIV — BURNING DOWN THE HOUSE

Ma l'esserci, oltrepassando l'ente nel suo progetto di un mondo, deve oltrepassare se stesso per potere, da questa altezza, comprendere se stesso come fondo abissale. Ma a sua volta questa abissalità dell'esserci non è qualcosa che possa offrirsi a una dialettica o a una analisi psicologica. Lo spalancarsi del fondo abissale nella trascendenza fondante è piuttosto il movimento originario che realizza con noi la libertà, e perciò "ci dà a intendere", cioè ci prospetta come contenuto originario del mondo, che quanto più originariamente esso è fondato, tanto più semplicemente raggiunge, nell'agire, il cuore dell'esserci, cioè la sua ipseità. La malaessenza viene perciò soltanto oltrepassata, nell'esistere effettivo, ma mai eliminata.
Martin Heidegger, "Dell'essenza del fondamento" (1928), in Segnavia (trad. it. Giorgio Colli), Adelphi, Milano 1987, p. 130.

I due sesterzi di domenica scorsa restano in palio. Riconosci da che film è tratta questa sequenza e sono virtualmente tuoi.
Un primo indizio è nascosto nell'esergo.
Mercoledì ne aggiungerò un secondo e mi riprenderò mezzo sesterzo.
Venerdì ne spunterà un altro, ma sul piatto rimarrà una sola patacca: pare che a Porta Portese puoi comprarci ancora una bambolina bruciata.

P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso l'avvocaticchio di Patti e possono essere consultate qui. Ma se non ti fidi, puoi rivolgerti a un'altra caserma dei pompieri.

AGGIORNAMENTO (mercoledì 12 novembre). Un indizio sonoro, mezzo sesterzo in meno.




ATTENZIONE: LA PARTITA SI È CONCLUSA SULL'ALTRO TAVOLO DA GIOCO GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLE 23.52.
IL VINCITORE È "RABBI": SETTIMANE FA UN CERTO "RABBINOCAPO" SI ERA AZZARDATO A SCOMMETTERE. O LA GERARCHIA LO HA DECLASSATO, O SI TRATTA DI DUE PERSONE DIVERSE. IN ATTESA DI NOTIZIE DAL SINEDRIO, LO ISCRIVO IN GRADUATORIA COME "RABBI".
IL TITOLO DA INDOVINARE ERA "BADLANDS" (IN ITALIANO "LA RABBIA GIOVANE"), IL PRIMO FILM E A MIO PARERE IL MIGLIORE DI TERRENCE MALICK.
LA PROSSIMA SFIDA SI TERRÀ DOMENICA 16 NOVEMBRE. LA POSTA IN GIOCO E LA VALUTA SONO ANCORA IN FORSE.

L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA

bianca: 7 sesterzi.
arcomanno: 6 sesterzi.
andrea: 2 sesterzi.
desaparecida: 2 sesterzi.
rabbi: 1 sesterzo e mezzo.
adlimina: 1 sesterzo.

venerdì 7 novembre 2008

L'ultimo gioco in città: indizi per i sordi

Se ora non trovi la soluzione de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ puoi andare a farti benedire dall'otorino.

Dacci un Taglio

Dato che sono un duro non mi aspetto di piacervi! Ma più mi odierete e più imparerete! Io sono un duro però sono giusto! Qui non si fanno distinzioni razziali! Qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani! Qui vige l’eguaglianza: non conta un cazzo nessuno!
A Parris Island, scuola di addestramento marines, il sergente istruttore Hartman (Lee Ermey) fa regnare tolleranza e laicità in Full Metal Jacket (Stanley Kubrick, 1987).

giovedì 6 novembre 2008

Il cielo in una tazza

— Mr. Cooper, how do you take it?
— Black as midnight on a moonless night.
Pete Martell (Jack Nance) e l’agente speciale dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan) nella serie televisiva creata da David Lynch e Mark Frost Twin Peaks (Stagione I, episodio 2, 1990).







One more cup?

mercoledì 5 novembre 2008

Dacci un Taglio

Sono così felice, sono così felice! Nessuno può essere così felice senza essere punito.
La compagna Nina Ivanova Yakushova (Greta Garbo) in Ninotchka (Ernst Lubitsch, 1939).

martedì 4 novembre 2008

Dacci un Taglio

DUTTON PEABODY (Edmond O’Brien): Datemi da bere!
TOM DONIPHON (John Wayne): Il bar è chiuso. Per disposizione del signor Stoddard, il bar è chiuso. Richiedono altro, le elezioni?
RANSOM STODDARD (James Stewart): Nient’altro, legalmente sono concluse.
TOM DONIPHON: Allora il bar è aperto!
Elezione dei delegati nell’unico bar-saloon della cittadina di Shinbone, a sud del Picketwire e a ovest di tutto il resto: L’uomo che uccise Liberty Valance (John Ford, 1962).

lunedì 3 novembre 2008

Il naso di Obama

“Il film Zombi 2 di Lucio Fulci è un’ucronia in via di costituzione” scriveva Jean-Patrick Manchette. E subito aggiungeva, nel caso qualcuno non capisse: “È vietato ai minori; saggia decisione; un’ucronia in via di costituzione non è uno spettacolo per bambini.” Di Lucio Fulci ci occuperemo un’altra volta. Oggi parliamo di ucronie, quindi è meglio allontanare i bambini.


Ucronia è un concetto inventato nel 1876 dal filosofo Renouvier, sul modello di utopia: dal greco chronos, preceduto dal privativo ou. Letteralmente: non-tempo. Pertiene alla narrativa, ma dato che le sue origini sono filosofiche, è racconto filosofico, e la sua sede naturale è la letteratura fantastica. Consiste nel modificare un punto del passato e nell’osservare la conseguente catena di effetti. Più che un’universo parallelo, è una biforcazione che crea due realtà dove prima ce n’era una sola, e le guarda divaricarsi inesorabilmente. Affinché l’ucronia risulti interessante, essa tende a escludere quesiti del tipo: “e se ieri invece del tiramisù avessimo mangiato una panna cotta?”, perché i cambiamenti nello spazio-tempo sarebbero infimi, per non dire nulli: in ambedue i casi, oggi siamo più grassi. Fa eccezione il doppio film di Alain Resnais, Smoking/No Smoking, dove si fantasticano destini diversi a seconda che la protagonista scelga o meno di fumare una sigaretta, generando una serie di ipotesi narrative che però si concludono sistematicamente con una scena al cimitero.


Il terreno privilegiato dell’esperimento ucronico è la Storia. In tal senso, una delle sue illustrazioni più emblematiche è il pensiero sottilmente derisorio di Pascal: “Il naso di Cleopatra: fosse stato più corto, e l’intera faccia della terra sarebbe cambiata”. Sul concetto di ucronia esistono pochi testi. Uno di essi è il breve saggio Le détroit de Behring — Introduction à l’uchronie (Parigi 1986), del futuro romanziere Emmanuel Carrère. Qualche anno dopo scrisse uno dei suoi libri migliori, dal bel titolo Io sono vivo e voi siete morti. Philip K. Dick 1928-1982 (tradotto in Italia da Theoria). Non è un caso: Dick è l’autore di una delle ucronie più compiute e conturbanti. Nel libro L'uomo nell'alto castello (1962; da noi edito da Fanucci e precedentemente intitolato La svastica sul sole), immagina che nel 1947 l’Asse abbia vinto la guerra. L’America se la spartiscono tedeschi e giapponesi. Il punto oscuro di biforcazione sembra essere l’assassinio di Roosevelt, avvenuto a Miami nel 1933 (mentre Philip Roth, nel recente Il complotto contro l’America, immagina un incubo analogo, con l’aviatore antisemita e filonazista Lindbergh eletto presidente al posto di Roosevelt il 5 novembre 1940). Dico sembra perché lo stile, quindi la storia, è quello farraginoso, confuso, depresso e a tratti genialoide di Dick. Egli non mostra di interessarsi più di tanto alla sorprendente trovata: i suoi personaggi vi sono immersi come noi siamo impantanati nella realtà che ci è stata assegnata, non sono filosofi e le loro sono preoccupazioni psicologiche (dilemmi tiramisù/panna cotta, per intenderci).
Ma a un certo punto, Dick ha uno dei suoi lampi di genio. Uno scrittore è ricercato dalla polizia. La sua eresia: un libro dove si ipotizza che gli Americani abbiano vinto la guerra. Un’ucronia intitolata La cavalletta non si alzerà più. E qui tieniti forte: la favola narrata è certo molto più simile alla nostra realtà, ma con qualche variazione notevole (si accenna persino a un conflitto anglo-americano). Intanto, le peripezie dei personaggi proseguono desolanti; ma a un paio di essi è riservata un’esperienza singolare: camminando per strada, la realtà sensibile si sgretola, collassa, e nelle vie di San Francisco circolano automobili assai simili a quelle del 1962 “reale”, la gente passeggia spensierata, non si vedono né musi gialli né svastiche. Ma è un attimo di incomprensibile smarrimento, poi tutto rientra nella norma. Alla fine del libro un breve scambio di battute suggerisce che quanto racconta La cavalletta sia la verità, ma senza dire cosa si intenda per verità e come tale intuizione possa modificare il destino (non può, suppongo). Dick non amava le risposte semplici, chi è in cerca di spettacoli per bambini è libero di preferire Matrix.
Nella narrazione audiovisiva, infatti, la migliore trasposizione dell’immaginario dickiano non è un film, ma la serie televisiva West Wing. Descrive un mestiere, nella quotidianità dei suoi retroscena, delle sue regole, con l’inevitabile pizzico di vita privata e sentimentale (il tiramisù). Il mestiere è quello di Jed Bartlet, detto Potus, acronimo per “President of the United States”. La qualità è nella media dei serial degli ultimi vent'anni, ossia ottima: confezione impeccabile, dialoghi scoppiettanti, lunghi piani sequenza che inseguono gli indaffaratissimi membri dello staff presidenziale, interpretati da attori di prim’ordine. Bartlet è Martin Sheen (il capitano Willard di Apocalypse Now). Gli spettatori USA lo videro prendere le funzioni nel 1999. Clinton era uscito illeso dal Monicagate, le elezioni erano per l’anno seguente e Aaron Sorkin, autore della serie, puntò su una vittoria di Al Gore. Bartlet sarebbe stato un democratico sfegatato, un liberal. Alcuni diranno che non era una scommessa irragionevole e che se le cose andarono in modo diverso fu a causa di una truffa avvenuta a Miami, dove nel 1933 era stato ucciso Roosevelt. Può darsi, ma quel che è certo è che nel 2000 andarono in modo diverso. George W. Bush divenne presidente, mentre Bartlet proseguì il suo mandato e quattro anni dopo venne addirittura rieletto: un leader coltissimo, in lotta contro la lobby delle armi, favorevole all’estensione delle libertà individuali, uno che ci pensa due volte prima di invadere militarmente e senza validi motivi uno stato sovrano, ancorché canaglia. West Wing divenne un’ucronia, suo malgrado. A tratti inquietante: non so se si tratti di cattiva ricezione, ma spesso, guardando Bartlet e i suoi discutere nell’ufficio ovale, ho avuto per un attimo la sensazione che l’immagine subisse una lievissima distorsione, come una liquefazione, un tracollo. Chissà.


Nel 2004 Martin Sheen fece dichiaratamente campagna per John Kerry, che pare non perdesse un episodio di West Wing. E stavolta le cose andarono come dovevano andare, perché Kerry non capì che è impossibile modificare il passato e dimenticò di presentarsi come uomo di una vera alternanza. Oltre a Bartlet, avrebbe dovuto ascoltare le parole di un massimo esperto in biforcazioni temporali: “Negare la successione temporale, negare l’io, negare l’universo astronomico, sono disperazioni apparenti e consolazioni segrete. Il nostro destino non è spaventoso perché irreale; è spaventoso perché è irreversibile e di ferro. Il tempo è la sostanza di cui son fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco. Il mondo, disgraziatamente, è reale; io, disgraziatamente, sono Borges”.
Ma allora, mi chiederai, a cosa servono queste ucronie? A niente. Se non che l’altro giorno mi son trovato davanti a “Porta a Porta”, che è un talk-show condotto dal giornalista Bruno Vespa. Lo trasmettono in tarda serata; suppongo non sia spettacolo per bambini. Parlava l’onorevole Renato Schifani. Sarà perché ero stanco, ma per un istante mi è sembrato che l’immagine stesse sfarinandosi, come di realtà che collassa. È durato un nulla, ripeto, un bruscolino di tempo, ma ho spento il televisore e sono andato a dormire contento.

P.S.: Questo testo è ucronico: scritto in un punto imprecisato del passato, non ha modificato in alcun modo l'avvenire. Ora pare che Renato Schifani non sia più onorevole. Pare che sia diventato Presidente del Senato. Sì, bum! Addirittura. Mica mi lascio gabbare così facilmente. Lo so che il presente ha degli standard minimi di verosimiglianza, altrimenti collassa.
Lo so.

domenica 2 novembre 2008

L'ultimo gioco in città (LE SCOMMESSE SONO CHIUSE)

XIII — NIENTE DA VEDERE?

E allora infila le cuffie e sta' a sentire. Queste note al pianoforte si trovavano in un film. Anni dopo, le hai risentite (ma senza rancore) in un altro film. Due sesterzi, uno per ciascun film riconosciuto.
P.S.: Ti ricordo che le regole de L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ™ sono depositate presso il notaio Martellone e possono essere consultate qui. E che te lo dico a fare che il gioco si svolge anche in un altro juke-box?
AGGIORNAMENTO (Mercoledì 5 novembre): Due indizi.
Il primo lo trovi tra il titolo del post e la prima frase.
Il secondo è in una mia mezza bugia, inserita nei commenti al gioco stesso. Ho scritto: "Salvo smentite, di solito non ci sono indizi all'infuori del post relativo al gioco stesso, né su questo né sull'altro tavolo, e qualora ci fossero sarebbero del tutto involontari". È l'ora della smentita, ma ribadisco la mezza verità: qualsiasi aiuto risolutorio esterno a questo post è involontario. Ma stavolta c'è. E ci sarà anche venerdì, quando aggiungerò nuovi indizi, se nessuno trova prima.
AGGIORNAMENTO (Venerdì 7 novembre): Dovessi dare un titolo alla sequenza del primo film in cui si ascolta questa musica, sceglierei
Un urlo fantastico.
Mentre il secondo, filologicamente:
La vendetta del cinema muto.

SENTI E GIOCA

LA PARTITA SI È CONCLUSA SENZA VINCITORI.
I FILM DA TROVARE ERANO BLOW OUT DI BRIAN DE PALMA E GRINDHOUSE — A PROVA DI MORTE DI QUENTIN TARANTINO.
PUOI VEDERE QUI SOTTO LE DUE SEQUENZE CON LA STESSA MUSICA DI PINO DONAGGIO. MA ATTENZIONE: BLOW OUT È FORSE IL MIGLIOR FILM DI DE PALMA, E SE NON LO HAI MAI VISTO TI SCONSIGLIO DI GUARDARE IL PRIMO SPEZZONE. È QUEL CHE GLI AMERICANI CHIAMANO UNO "SPOILER".
I DUE SESTERZI TORNANO IN PALIO PER LA
SFIDA DI DOMENICA 9 NOVEMBRE.





L'ULTIMO GIOCO IN CITTÀ.
GRADUATORIA

bianca: 7 bomboloni.
arcomanno: 6 bomboloni.
andrea: 2 bomboloni.
desaparecida: 2 bomboloni.
adlimina: 1 bombolone.

sabato 1 novembre 2008

Halloween's hollow man

Per brindare alla mia salute avrei preferito un'altra sequenza ma gli zombi sono meno affidabili dei fantasmi e il putrido Stenelo mi ha rubato la perla per darla ai porci.
Non importa, tanto ce n'è sempre un'altra. Questa, ad esempio, mi sembra meriti di essere annoverata tra le scene più terrificanti della storia del cinema, se il cinema avesse una storia. Così, tanto per far rosicare Stenelo (o almeno i suoi vermi).