ecco, vedi, lei era una bella pazzesca, infatti gli americani diventavano matti, si appiccicavano le sue foto dappertutto, sì, i manifesti, sì brava! è proprio quella che hai visto in quel film pazzesco di evasione bellissimo, bellissimo forse no ma diciamo bellissimo per il momento, ecco, nella realtà la appiccicavano persino sui bombardieri, infatti lei era una bomba, di una donna veramente molto sensuale si dice ora che è una bomba non a caso, non a caso, poi, cioè non poi prima di questo ha fatto un filmetto, non un brutto film ma insomma un filmetto dove cantava pure con una chioma nera però luminosa, insomma i capelli ma come una nappa di colore scuro abbagliante sul volto, nero luminoso capisci, forse se ci fosse stato il colore avrebbe avuto dei riflessi rossi, all'henné come si dice ora, cioè ora da molto tempo, e gli uomini ci impazzivano per quella cosa di luce cupa, capisci, gli uomini soprattutto americani magari piloti di aerei con bombe, lei era una bomba (non che fosse una novità, pensa nel medioevo, quelle navi con le sirene sulla prua, si chiamavano polene), sì, brava, come l'aeronave di Final Fantasy VIII, una polena, una bomba, insomma e lui se l'era sposata, non che fosse il grande amore, allora lui gli taglia tutti i capelli, quella chioma lì, là, quella nappa di scuro fulgente, là, e quel che resta lo fa biondo platino, ossigenato, e quindi comunque ormai lui non faceva mica quello che gli pareva come prima, i produttori volevano una scena dove lei canta, non che cantasse benissimo ma se c'era lei doveva cantare per far impazzire gli uomini soprattutto americani magari piloti di aerei, e quindi lui fa questa scena qua, capisci, un po' se ne fotte, e intanto fa tutto un casino, ricordi i film prima, ti dicevo, ricordi, la profondità di campo, i piani sequenza, l'organizzazione dello spazio, tu sai sempre dove ti trovi, e se non lo sai è perché lui vuole che tu non lo sappia, che tu ti perda, qui invece è tutto diverso, capisci, qui lui taglia tutte le inquadrature, a volte non si capisce perché lo fa o non lo fa, lo hai notato, vero, hai notato che della storia non si capisce nulla e non si capisce persino se c'è, la storia, è una cosa tipica del noir, che vuol dire nero, a volte luminoso a volte no, e allora insomma comunque qui è tutto una serie di stacchi senza senso, apparentemente senza senso, forse davvero senza senso, perché mica puoi fare un piano sequenza come e quando ti pare, se vuoi fare un piano sequenza ci vogliono tanti soldi, a lui i soldi non glieli davano più e quindi andava di stacchi, tutto un film di stacchi, no, ho detto una cazzata, non è vero, a volte fai un piano sequenza proprio perché è più economico, ora non lo sai ma lui ha fatto un piano sequenza pazzesco anni dopo, una bomba, no, non nel senso che c'è una bella donna, c'è proprio una bomba nel piano sequenza che lui ha fatto come piano sequenza proprio perché costava meno che fare tanti stacchi, nelle prossime settimane capirai, te lo spiego bene preciso come te lo sto spiegando adesso, dicono alcuni è il più bel piano sequenza della storia del cine, er mejo piano sequenza come direbbe Lucciconio in Ni No Kuni, quindi ora vedi guarda in questa scena tutto sembra normale ma improvvisamente vedi lui nella stiva mentre lei bomba canta ripresa dal basso, ricordi quello che ti dicevo sui soffitti nei film precedenti, be', un po' è quello è la stessa cosa un po' dimenticatelo è un'altra cosa, qui sta come cavolo a merenda, serve a squilibrare il tutto, a mostrare il turbamento, quel turbamento là che c'è quando una bomba lei pazzesca canta magari male e tutti impazziscono, i piloti di aerei e navi e carrozze, tutto si sbilancia, poi, ecco, ora guarda vedi attenta, vedi il rovescio, l'angolatura dall'alto, ecco, questo è importantissimo, perché lui sta salendo le scale, sta in qualche modo ascen elevand okay insomma, capisci, sta salendo salendo verso qualcosa che è alto, bello, giusto, gajardo come direbbe Lucciconio, e invece lui lo riprende, lui se stesso intendo, riprende se stesso che sale dall'alto, schiacciandolo insomma, capisci, come se la salita fosse una discesa insomma come dire, come dire che quella donna bella dea bomba forse non è proprio quella cosa là, giusta, bella e bionda, o bruna, o luminosa, e insomma è un filmetto, certo, ma non su quello che cercano di raccontarci, che come in tutti i noir nessuno sa mai cos`è né come né quando, è un film che racconta di gente che non capisce più lo spazio, cosa sta sopra e sotto e accanto, ecco, non so se mi sono spiegato ma questo volevo dire, insomma
Visualizzazione post con etichetta L'orgoglio degli Amberson. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta L'orgoglio degli Amberson. Mostra tutti i post
domenica 23 marzo 2014
lunedì 13 ottobre 2008
Orson Welles for dummies
HEARTS OF AGE, 1934
A soli diciannove anni, tra impegni teatrali ed esordi radiofonici, Welles cura un’edizione di Shakespeare e realizza il suo primo cortometraggio in 16 mm. Cinque minuti vagamente surrealisti: dalla valigetta del giovane mago, che si ritaglia la parte della Morte, escono maschere, pianoforti, scalinate. Saranno gli strumenti di futuri illusionismi in grande scala. E aspettando Rita Hayworth a Shanghai, il nostro chiude la prima moglie, Virginia Nicholson, in una bara.
A soli diciannove anni, tra impegni teatrali ed esordi radiofonici, Welles cura un’edizione di Shakespeare e realizza il suo primo cortometraggio in 16 mm. Cinque minuti vagamente surrealisti: dalla valigetta del giovane mago, che si ritaglia la parte della Morte, escono maschere, pianoforti, scalinate. Saranno gli strumenti di futuri illusionismi in grande scala. E aspettando Rita Hayworth a Shanghai, il nostro chiude la prima moglie, Virginia Nicholson, in una bara.
THE WAR OF THE WORLDS, 1938
“CBS presenta Welles e il Mercury Theatre on The Air in un adattamento radiofonico da La guerra dei mondi di H.G. Wells.” Molti si perdono le parole del presentatore e 1.750.000 ascoltatori credono alla fine del mondo. Involontario emblema (e critica) dei mass-media. Per Welles sarà il più gran successo della sua vita.
QUARTO POTERE (CITIZEN KANE, 1941)
Nasce il cinema moderno: in due ore Welles stravolge struttura narrativa, tempi del racconto, tecniche di ripresa e montaggio. Come un Dio bambino che su una slitta scivola sulla propria creazione: grande come il mondo, piccola come una sfera di cristallo. Un capolavoro di sprezzatura, opera di un genio del Rinascimento nato per errore nel Wisconsin. La cinepresa è il giocattolo supremo e il vero protagonista, demiurgo mosso da un’ambizione smisurata (e consapevole del proprio scacco): raccontare la vita di un uomo. Un uomo americano.
L’ORGOGLIO DEGLI AMBERSON (THE MAGNIFICENT AMBERSONS, 1942)
Quarto potere finiva con una slitta bruciata; gli Amberson iniziano con un contrabasso sfasciato. La vita di Charles Foster Kane iniziava in una catapecchia e finiva in un castello; George Minafer Amberson è suo figlio, nel castello c’è nato; la sua vita sarà una lunga discesa. Profetica metafora del regista stesso, che molti anni dopo dirà “I started at the top and worked my way down”. Fuori tutto cambia, arriva la “carrozza senza cavallo”, ma gli Amberson si chiudono nella loro dimora, dove tra posate d’argento, scale e boiseries batte un cuore di tenebra. Nasce il cinema post mortem; il narratore allestisce danses macabres; Hollywood non glielo perdona, massacra il montaggio e manda al macero i negativi originali.
IT’S ALL TRUE (È TUTTO VERO) (IT'S ALL TRUE, 1942-1993)
Welles accetta di girare un documentario sul Brasile: l’errore della sua carriera. La RKO approfitta dell’assenza per massacrare gli Amberson. A Rio de Janeiro le riprese sono nel caos, un attore muore, le comunicazioni con gli USA sono ardue. Il film non esce. Parte del materiale è ritrovata da Bill Krohn e montata con M. Meisel e R. Wilson: immagini a volte sbalorditive, tra cui una processione funebre che prefigura l’inizio dell’Otello.
TERRORE SUL MAR NERO (JOURNEY INTO FEAR, 1943)
“Welles e Del Rio insieme! Come l’Uomo Terrore contro la Donna Leopardo!” gridava lo slogan. Terza opera del contratto con la RKO: sebbene la regia di questo gradevolmente assurdo spy-movie sia firmata Norman Foster, Welles girò alcune scene e nell’insieme una sua soprintendenza è probabile. È un’esotica serie B, il cui basso costo avrebbe dovuto rimborsare il denaro perso da Quarto potere. Non andò così, ma la troupe del Mercury Theatre è quasi al completo, Welles è l’improbabile Colonnello Haki, capo dell’ovviamente feroce polizia segreta turca, tutti si divertono e noi con loro. Film così non se ne fanno più.
LO STRANIERO (THE STRANGER, 1946)
Welles vuole apparire agli occhi di Hollywood come un regista capace di rispettare tempi e preventivi. Il film risente dell’influenza dell’hitchcockiano L’ombra del dubbio, interpretato quattro anni prima dall’amico Joseph Cotten: in ambedue una tranquilla cittadina americana nasconde senza saperlo un mostro. Welles interpreta un criminale di guerra nazista smascherato da Edward G. Robinson: il Male si rivela nei lapsus, nei tic, riemerge come un’acidità di stomaco, si impossessa dell’uomo e lo dirige come fosse il diavolo nel campanile. Ma chi conta le ore ha le ore contate.
LA SIGNORA DI SHANGHAI (THE LADY FROM SHANGAI, 1948)
Il matrimonio con Rita Hayworth permise a Welles di tornare alla regia. Gilda era entrata nell’immaginario collettivo sfilandosi lunghi guanti di seta nera, ma a cristallizzare l’oggetto dei desideri era la lunga chioma rossa. Il marito la fece tagliare cortissima e la ossigenò. Rese la moglie una perfida assassina che abbindola un improbabile marinaio (Welles) in un noir dalla sceneggiatura pretestuosa e la lasciò morire da sola in una galleria di specchi infranti. Ancora una volta, il film subì pesanti tagli, ma alcune sequenze e soprattutto il finale sono da antologia. Hollywood non apprezzò, Rita nemmeno: doppio divorzio.
MACBETH, 1948
Welles riuscì a spillare una cifra irrisoria alla Republic Pictures, specializzata in serie B: dopo poche settimane di ripetizioni, girò il film in ventitré giorni. Il risultato sconcertò: i personaggi sono rivestiti di grezze pellicce e si muovono in una densa nebbia i cui vapori nascondono una scenografia di cartapesta, che più che a una reggia fa pensare alle grotte di Lascaux. Il testo shakespeariano si trasforma in dramma primordiale, cupo e brutale; Macbeth e la sua corte sembrano esseri pre-storici, armati di lance nodose come clave e soverchiati da forze ctonie.
IL TERZO UOMO (THE THIRD MAN, 1949)
Harry Lime è la migliore interpretazione e il massimo successo cinematografico di Welles, che nel 1951 resuscitò il truce ma simpatico trafficante in un ciclo di avventure scritte in buona parte da lui per la radio inglese. Dato per morto ma nominato continuamente, Lime appare improvvisamente a metà film, totalizzando sullo schermo una presenza di appena 5 minuti. Il capolavoro di Carol Reed vortica attorno a un’attesa che l’arrivo di Welles esalta, dalla gran ruota del Prater alle fogne viennesi. Per chi volesse vedere il vero Welles, senza trucco, questa pare sia l’unica occasione (anche se alcuni sospettano un naso finto).
OTELLO (OTHELLO, 1952)
Genio del montaggio, Welles sfrutta l’avventurosa eterogeneità delle riprese dando al film un ritmo rapidissimo. Non può più affidarsi alla fluidità del piano sequenza, ma a bruschi tagli di montaggio e inquadrature espressive, spesso oblique e dal basso. I dialoghi sono declamati a tutta velocità da attori che passano all’interno della stessa frase da uno sfondo di bifore veneziane a una fortificazione araba, da una scogliera a una reggia. Più che un adattamento, l’Otello secondo Welles è un incubo evocato da Shakespeare, e del sogno possiede l’ubiquità e il segreto rigore degli eventi, la cui successione obbedisce meno alla logica che a un movimento inesorabile di volti, pietre, luci.
"DON QUIXOTE", 1955-1973
Un progetto portato avanti girando il mondo con la cinepresa e impressionando pellicola quando le circostanze lo permettono. Welles non riuscirà a terminare l’opera, che ribattezzò When are you going to finish Don Quixote?: il più celebre di una lista preoccupante di film incompiuti. I materiali sparsi sono piuttosto deludenti; il montaggio del 1992, ad opera dell'aiuto regista Jesus Franco resta il più diffuso.
RAPPORTO CONFIDENZIALE (MR. ARKADIN / CONFIDENTIAL REPORT, 1955)
L’ubiquità come immagine del Potere. La storia di Arkadin era già stata scritta da Welles per una delle puntate radiofoniche di The Adventures of Harry Lime. Come Quarto potere, il film inizia dalla fine: un jet senza pilota né passeggeri vola alla deriva. Arkadin è ovunque e in nessun luogo, tutti e nessuno, colosso dal passato d’argilla. Appare e scompare, maschera carnevalesca tra Ensor e Goya, in Grecia, Spagna, Monaco, Parigi, Roma. Ma non riuscirà a salire sull’ultimo volo. Nel mondo moderno, non vi è più spazio per i giganti shakespeariani: troppo character. Se un tempo si era pronti a dare un regno per un cavallo, tutta la fortuna di Arkadin non basterà a procurargli un biglietto aereo.
L’INFERNALE QUINLAN (TOUCH OF EVIL, 1958)
Un ispettore razzista, corrotto e omicida, regna su una cittadina di frontiera tra Messico e Stati Uniti. Attraversa il film come un bolide impazzito, facendo tremare con la sua mole gigantesca bodegas che spacciano droga e tequila, commissariati da dittatura sudamericana e squallidi motel, vicoli oscuri e strade immerse nel sole abbacinante del deserto, succhiando caramelle e vomitando fiele, livore e odio. Un’insuperabile riflessione cinematografica sul Bene e il Male, con un ritmo incalzante che alterna lunghi piani sequenza e brevissime inquadrature, lampi di immagini violente e contrastate. Più che un film poliziesco, è un’allucinazione morale, e forse il capolavoro assoluto di Welles.
IL PROCESSO (LE PROCÈS, 1962)
Girato a Zagabria, Monaco, Roma e Parigi, dilata ed esaspera l’angoscia frammentaria di Otello. Gli spazi si affastellano come scatole cinesi: K. esce dalla sala del tribunale varcando una porta dalla maniglia a tre metri dal suolo, come nella biblioteca borgesiana percorre corridoi di archivi che sboccano su altri corridoi (gli uffici della Gare d’Orsay), finisce in una gabbia di legno, in una cattedrale barocca, all’EUR. Uno spazio-tempo concentrazionario, dove persino la vittima Anthony Perkins appare sgradevole, smarrita tra personaggi grotteschi interpretati da un cast eterogeneo, da Romy Schneider a Jeanne Moreau, da Akim Tamiroff a Elsa Martinelli, da Arnoldo Foà a Madeleine Robinson.
NELLA TERRA DI DON CHISCIOTTE, 1964
Documentari per la Rai tra Pamplona e Siviglia, bevendo Jerez a ritmo di flamenco. Nella vita Welles fu il massimo rappresentante moderno della sprezzatura rinascimentale. Non girava il mondo: lo divorava. La mitologica stazza raggiunta nell’ultimo ventennio di vita testimonia dell’ingordigia: nella cavernosa risata del titano finivano piatti succulenti, cattedrali, mulini a vento.
FALSTAFF (CAMPANADAS A MEDIANOCHE / CHIMES AT MIDNIGHT, 1966)
Come L'orgoglio degli Amberson, anche Falstaff racconta la fine di un mondo: la Merry England, rappresentata da un'allegra brigata di “favoriti della luna”, ossia di ladri. Ma a differenza della cadaverica pseudoaristocrazia americana, il mondo di Falstaff è chiaramente quello in cui Welles avrebbe amato vivere. Falstaff è l’ultimo esempio sia pur degenerato degli ideali cavallereschi, un dolceamaro Don Chisciotte che crede solo alla fedeltà in amicizia. E quando nel tumulto della battaglia cerca solo un cantuccio per scolarsi l’ennesima bottiglia, nasce il sospetto che con l’avvento dei tempi moderni, la viltà possa essere, a volte, l’ultima, patetica maschera del coraggio e della generosità.
STORIA IMMORTALE (UNE HISTOIRE IMMORTELLE, 1968)
Quasi trent’anni dopo Quarto potere, ancora un uomo solo, nella sua villa sontuosa, tra lignee scale a chiocciola, gallerie di riflessi, cancelli da “non oltrepassare” ed Erik Satie in sordina: Macao, secondo Welles e Karen Blixen. Prodotto dalla televisione francese, è il primo film a colori del regista, qui nei panni di un ricco mercante: prima di esalare l’ultimo “Rosebud” vuol dar vita a una leggenda di marinai. Ma la materia di cui sono fatti i sogni si rivela argilla: nomen omen, il falso demiurgo ricorderebbe di chiamarsi Clay, se osasse ancora guardarsi allo specchio. Calare la fantasia nella realtà affinché sia registrata in eterno, come un atto notarile, come un film: falsificazione geniale e miserabile.
F PER FALSO (F FOR FAKE / VERITES ET MENSONGES, 1974)
Strano vero-falso documentario, a suo modo precursore del mockumentary: immagini d’archivio, considerazioni su Howard Hughes e sulla finta autobiografia scritta da Clifford Irving, un reportage di Reichenbach sul falsario Elmyr De Hory, numeri di magia. E un monologo davanti alla Cattedrale di Chartres, esempio supremo di arte senza autore.
FILMING “OTHELLO”, 1979
Raro esempio di making of d’autore. Welles medita sull’arte del montaggio ricordando le riprese di Otello: il lavoro interrotto continuamente, gli attori non più disponibili, Otello che passa da un palazzo veneziano a una piazza marocchina parlando con Iago, ossia una controfigura incappucciata. Mancano i costumi per l’assassinio di Rodrigo e la scena è improvvisata in un bagno turco, ricoprendo gli attori con asciugamani.
lunedì 7 luglio 2008
Orson Welles — Un fogliettone
IV
1941-1942: MA CHE DIAVOLO SEI ANDATO A FARE A RIO DE JANEIRO?
1941-1942: MA CHE DIAVOLO SEI ANDATO A FARE A RIO DE JANEIRO?
I started at the top and worked my way down.
Orson Welles.
Orson Welles.
Welles accarezzò l’idea di fare un film dedicato a Landru, ma alla fine vendette il soggetto a Charles Chaplin che lo realizzerà sei anni dopo (Monsieur Verdoux, 1947). A contrastare l’audacia di Quarto potere, come secondo film del contratto con la RKO Welles scelse infine di adattare un romanzo di Booth Tarkington, L’orgoglio degli Amberson (The Magnificent Ambersons), classica saga narrante la decadenza di una famiglia di ricchi possidenti e l’avvento della civiltà di massa, borghese e industriale, incarnata nell’automobile. Welles aveva già realizzato una versione radiofonica del libro, ed è l’unico film in cui il regista non compare come attore, ma sua è la voce del narratore. Doveva essere un film “normale”, ma con occhio spietato la macchina da presa osserva un mondo decrepito, dilaniato da passioni edipiche, presuntuoso, violento e ottuso, con una crudità davvero inusitata unita a una comprensione umana di rara raffinatezza psicologica e stilistica.

Welles ne curò le riprese di giorno, tra la fine del 1941 e l’inizio del 1942, mentre durante la notte produceva e interpretava la terza opera prevista dal contratto, Terrore sul Mar Nero (Journey Into Fear): il sospetto che spesso il mediocre regista Norman Foster abbia lasciato Welles libero di dirigere questo gradevolmente assurdo spy-movie è più che lecito. “Welles e Del Rio insieme! Come l’Uomo Terrore contro la Donna Leopardo!” gridava lo slogan. È un’esotica serie B, con la troupe del Mercury Theatre quasi al completo: Welles è l’improbabile Colonnello Haki, capo dell’ovviamente feroce polizia segreta turca, tutti si divertono e noi con loro. Film così non se ne fanno più, anche se il regista-produttore non doveva essere particolarmente interessato al progetto, pensato come una serie B il cui basso costo avrebbe rimborsato il denaro perso da Quarto potere restituendo a Welles un valore contrattuale incrinato.
Nel frattempo l’America era entrata in guerra. Per partecipare allo sforzo bellico, Welles accettò di girare un documentario in tre parti sul Brasile, It’s All True. Lo scopo era di rafforzare le relazioni inter-americane. Il 1° febbraio 1942 terminò le riprese di Terrore sul Mar Nero. Il 2 e il 3 si trovava a Miami per dare precise indicazioni a Robert Wise, montatore de L’orgoglio degli Amberson. Finita una prima versione, Wise avrebbe raggiunto Welles in Brasile, dove il lavoro doveva essere portato a termine. Il 4 febbraio Welles partì per Rio De Janeiro. Commettendo il più grave errore della sua carriera. In Brasile, l’organizzazione delle riprese era nel caos totale, l’équipe tecnica non era al completo, mancavano le luci, un attore protagonista morì in mare, le comunicazioni con gli Stati Uniti erano difficilissime. Wise non riuscì mai a recarsi in Brasile, dove Welles rimarrà intrappolato per più di cinque mesi a causa delle leggi speciali riguardanti i trasporti in tempo di guerra. Intanto alla RKO era avvenuto un cambio di direzione: al posto di George J. Shaefer, protettore di Welles, era subentrato Charles J. Koerner, per il quale il regista di Quarto potere non era che un presuntuoso provocatore, buono solo a far perdere soldi. Wise terminò da solo il primo montaggio, di 132 mn, seguendo in buona parte le indicazioni fornitegli dal regista. E il film venne presentato il 17 marzo al pubblico di Pomona per una proiezione-test.
Quarto potere era genialmente irruento e “barocco”; L’orgoglio degli Amberson potrebbe essere considerato il suo opposto, una tragedia camuffata da melodramma in tre atti, solo in apparenza semplice e lineare. L’ultima parte del film doveva essere la migliore, di una cupezza insostenibile: lo spettatore assisteva alla fine di ciascun personaggio, votato alla solitudine, alla malattia, alla morte. Insostenibile, appunto: così verrà giudicato il film dalla maggior parte degli spettatori invitati a dare la loro opinione. Vennero eseguiti alcuni tagli (17 minuti in tutto), e il 19 marzo il pubblico di Pasadena reagì positivamente. Ma ormai per Koerner tutta la vicenda aveva assunto i tratti di una questione personale. La RKO decise allora di rimontare il film, massacrandolo. Nuove sequenze vennero girate da Wise e da registi infimi, e soprattutto l'intera ultima parte venne troncata e sostituita con un lieto fine assolutamente incongruo: il film fu ridotto a 88 mn. L’orgoglio degli Amberson resta un capolavoro, ma cosparso di ferite aperte e di vistose cicatrici. Uscirà in due sale a Los Angeles, in doppio programma con Mexican Spitfire Sees A Ghost, una commedia dozzinale con l’attrice messicana Lupe Velez: inutile dire che non ebbe alcun successo. L’integrità del film è irrimediabilmente perduta: il 10 dicembre, la RKO mandò al macero il negativo scartato. Terrore sul Mar Nero fu un fiasco. It’s All True non uscì mai. Parte del materiale girato in Brasile sarà ritrovata da Bill Krohn nel 1985 e montata assieme a Myron Meisel e Richard Wilson [It’s All True (È tutto vero), 1993]. Hollywood non è un quartiere di Rio de Janeiro, e il cinema non è un carnevale brasiliano: la RKO reputò che lo scherzo era durato abbastanza, e il 1° luglio 1942 fece cacciare il Mercury Theatre dai propri studios.
(CONTINUA...)
Iscriviti a:
Post (Atom)