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mercoledì 9 marzo 2011

Tempo (inde)finito

Adesso è mezzogiorno, e siamo di fronte a Matera. I Sassi, visti da qui, con le loro architetture spontanee, merlettano la vista del canyon che li nasconde. La città nuova segna il limite del cielo.
Siamo seduti lungo un tavolo, accosciati per terra. Davanti a noi, grosse miche di pane, qualche cesto con la frutta: sono le prime pere di san Giovanni e le prime albicocche arrivate da Bari.
Noi apostoli non siamo tutti. Su un lato, Ferruccio Nuzzo che fa Matteo, poi Giovannino, il nipote di Elsa, Enrique che fa Cristo. C'è Pietro (il nome evangelico ha sostituito per tutti il nome proprio). C'è Agamben, e ci sono io. Agamben è innamorato: si dilegua facilmente, è distratto (aspetta sempre che G. gli telefoni, o magari che arrivi all'improvviso).
Alfonso, Alfonso Gatto, gli occhi celesti come il cielo delle sei della mattina al mare, è paziente più di tutti — lui, sant'Andrea. Gli chiedo, appena posso: «Andrea, dimmi "Sembianza"». E lui attacca: «Forse la luna è sorta / per dare la sembianza / d'una timida porta / alla tua cheta stanza…». Pier Paolo raccoglie quello che diciamo — sente sempre, qualsiasi cosa faccia, — e dice, pensando all'ermetismo: "È finito il tempo dell'analogica". E Alfonso, con eroica, dignitosa pazienza: "Non per tutti".
Siamo dunque intorno al tavolo. Giuda si preoccupa della battuta che dovrà dire. Gliel'hanno scritta male su un foglietto: s'impappina, mi guarda ridendo.
Per questo pasto in casa di Maria di Betania, che è Natalia Ginzburg, ci sono ospiti nuovi. C'è Gabriele Baldini, che ha ovviamente accompagnato Natalia, e che sulla tunica del costume, nelle pause, porta, appesa al collo, una macchina fotografica. Gabriele è un fotografo bravissimo e ora scatta qualche posa in gara con Ferruccio in attesa del ciak.
«Pronti!»
Da una porticina costruita fra due cumuli di pietra, entra Natalia, un manto in testa e una brocca di creta fra le mani. Entra spedita.
«Nooo!» Un grido ferito, di raccapriccio.
Natalia non si era tolta le sue scarpe, e le portava, visibilissime, sotto il costume. Bisogna ricominciare. E Gabriele ride di Natalia.
Enzo Siciliano, Campo de' Fiori.


lunedì 21 aprile 2008

Bamboccioni, chista gioventù...

Oggi hai sette anni. Ora sei un uomo. Seppellisci il tuo primo giocattolo e la foto di tua madre.
Nel deserto, El Topo (Alejandro Jodorowsky) impartisce ordini al figlioletto (Brontis Jodorowsky), completamente nudo a parte un cappello e un paio di mocassini in El Topo (Alejandro Jodorowsky, 1970).

L'emblema dei bamboccioni, non c'è dubbio, è la trilogia del Padrino, gran saga dei bamboccioni sulla famiglia bambocciona per eccellenza, delirante biografia di un bamboccione che vorrebbe andar via di casa ma non può (e sotto sotto, non vuole, perché è proprio un bamboccione). Logica opera del regista più bamboccione della storia del cinema, coll'ossessione di restare bamboccioni, di tornare ad esser bamboccioni, di non cessar mai di esser bamboccioni: Jack, Peggy Sue, Zoé, tutti quei bamboccioni della cinquantaseiesima strada, i Rusty James, e non torno a casa stasera, e you're a big boy now. Ah, youth without youth... E la figlia lo ha capito, che il target è quello, con la sua trilogia delle bamboccione, bamboccione provinciali, spaesate, coronate; bamboccione fino al limite estremo, fino al cuore di tenebra, fino all'apocalypse now, magari a Tokyo piuttosto che a Saigon (merda, sono ancora un bamboccione...), bamboccione fino al suicidio, alla decapitazione, con teste di bamboccione penzolanti, rotolanti...
E allora, il giovane don Vito, se gli hanno ammazzato la mamma, come può continuare a fare il bamboccione, dato che di mamma — lo sanno tutti i bamboccioni — ce n'è una sola? Va a teatro a broccolìn a vedere una napoletanata e a un certo punto che ti fa l'attore, bamboccione mélo? Si mette a cantare una roba che manco a farlo apposta (cioè facendolo appostissima, per il pubblico bamboccione che costruirà questo grande impero bamboccione che si chiama iuessei) si intitola "Senza mamma". E poi la rete, piena di informazioni, grassa di blog (che sono l'ultima, disperata spiaggia dei bamboccioni moderni) ti spiega che "Senza mamma" l'ha scritta tale Pennino, e che tale Pennino era nientemeno che il nonno della mamma di Coppola. Ah! La mamma! Il nonno! La zia! La pappa! Bamboccioni!
senzamamma.mp3