sabato 18 aprile 2015

Leggendo "La Carte et le territoire"

Quell'incrocio tra rue d'Assas e rue Vavin è un punto fermo della mia topografia anni Ottanta. A pochi metri (rue Vavin) si trovava il primo videoclub che frequentai, all'epoca ce n'erano pochissimi, una mezz'ora buona a piedi dal ciglio di Montparnasse, sul punto di diventare "Duroc": esisterà ancora, quel no man's land chiamato "Duroc"? e quel cinema storico, chiaramente una sala di teatro ottocentesco, dove rividi bambino, a colori, tutti i Jerry Lewis adorati pochi mesi prima a Roma sulla tv in bianco e nero? (Perché già allora non mi facevano più ridere? perché a quarant'anni, mostrandoli a mia figlia, mi fecero ridere di nuovo? E mi fecero ridere come una volta? O diversamente?) Come si chiamava? Le Ranelagh? Ma no, quello era dall'altra parte della città, all'epoca la padroneggiavo tutta, quell'immensa metropoli; poi qualche anno fa scoprii che non era affatto immensa; era piccolissima. È vero, te lo garantisco, Parigi è molto piccola, tranne il quindicesimo arrondissement che ha dimensioni variabili e infernali, ma quando feci questa scoperta, quando scoprii che il quindicesimo era infinitamente più grande di Parigi, non padroneggiavo più neppure il mio spazzolino da denti. Anche Le Dingue du palace era a colori, in quel cinema ("Les Ursulines"? macché). No, non è vero, The Bellboy l'ho scoperto con mia figlia pochi anni fa senza poterglielo spiegare, io ai bambini posso insegnare il cinema, non la lineare A.
Avrò avuto undici anni, al massimo dodici. È in quel negozietto che recuperai tutto Romero, Non aprite quella porta, The Toxic Avenger e tutto il peggiore orrore trash che puoi immaginare (ma anche Rohmer, Godard, La furia umana di Walsh, Buñuel, qualsiasi cosa mi capitasse a tiro). Mia madre mi lasciava prendere tutto, solo un film era verboten: Cane di paglia di Peckinpah. Ovviamente lo presi alla prima occasione buona, mentre lei era in viaggio.
A rue d'Assas invece c'era quel palazzo demente in mattoni rossi davanti al quale si siede il protagonista del romanzo di Houellebecq. Pochi anni dopo ci andai con Bohdan Paczowski, voleva fotografarla, non ricordo più perché. Ricordo (ma forse sbaglio) che era notte. Voleva fotografarla di notte? E perché?






sabato 11 aprile 2015

Una eternidad agradable



La casa di Lucah è in lavori perpetui.

Un flame demenziale, che arriva a 782 commenti, su Pisapia, expo e coca cola. Nel 2734 volano ancora gli stracci.

Due povere pazze litigano su uno screenshot e una foto, poi per metà del tempo i commenti di una delle due scompaiono. Poi il post ricomincia: screenshot, foto, i due casi charcotiani, scomparsa di una matta, ricomparsa, ecc.

Una battuta fulminante e originalissima si prende centinaia di like, fiottano :-D e ahah. Ogni settimana ricompare puntualmente, sempre identica, sempre massimamente esilarante, né più né meno.

Una battuta loffia scritta in lettere maiuscole e piena di errori di grammatica produce lo stesso identico effetto, seguendo il medesimo itinerario: è il pagliaccio Mariotto, simile a quei peluche che pigiavi la schiena, cigolio di ingranaggi e poi "Ciao sono l'orso Camillo e voglio bene a tutti i bambini buoni e cattivi".

A qualcuno muore un animale domestico, un non meglio definito "Ciccino". Pioggia di :-(, mi dispiace, abbraccio, :-(((, hugs, :-((. Ciccino muore una volta alla settimana, provocando infallibilmente un moto collettivo di sincero cordoglio.

Intanto Lucah mostra la cucina. Non è ancora finita, ma è comunque un bel progresso rispetto alla foto di tre giorni prima. Poi, inspiegabilmente, è di nuovo un cumulo di macerie ma Lucah altrettanto inspiegabilmente non si abbatte, per lui ricominciare da capo non è un problema, è un ragazzo pieno di buona volontà.

Di punto in bianco appare un paio di chiappe femminili eccezionalmente sode, destando l'ammirazione generale. Nel 2987 si presentano ancora perfette, la gravità non esiste più.

Per metà del tempo la home è piena di nuovi personaggi spuntati da chissà dove. Molti di essi si sono slucchettati "mercoledì".

Una roba chiamata "Baustel" vince un concorso, una volta alla settimana, per l'eternità.

Iniziano a spuntare post in cui vengono estratti "sassolini dalle scarpe". Ogni settimana, nei secoli dei secoli, rotolano a terra gli stessi identici sassolini dalle stesse identiche scarpe.

Ogni settimana, a un certo punto, Aldo "è a Catania". E ogni settimana, ma in un altro momento, Kaplan "torna da Catania". I due si incrociano senza incontrarsi mai.

Ogni cazzo di settimana Aretha Franklin compie cent'anni.

Lucah si informa su un'osteria tradizionale con ottima reputazione ma un po' fuori mano. Molti intervengono, Lucah si appunta tutti i consigli, tendenzialmente favorevoli se non entusiasti. Quattro giorni dopo ha provato personalmente e offre a tutti la sua recensione circostanziata e impeccabile. Tre giorni dopo torna impassibile a chiedere notizie.

In pratica sarebbe la gif animata più lunga della storia.

Ada nasce ogni settimana, la moglie di Jason è sempre incinta, Pancho Guerrero prende i preservativi e va e viene non parlando mai di Michelangelo.

Alcuni commentano solo le foto piccanti con fip e fap, in sostanza si masturbano compulsivamente per i secoli dei secoli senza mai riuscire a venire, altri invece rivendicano un risultato sempre raggiunto con "sborra": un disperato autoerotismo con da una parte solo le cause e dall'altra solo gli effetti.

porcaputtanalestronzate virgola (o punto) "per dire", solo che dicono porcaputtanasemprelestessestronzate una volta alla settimana, per un numero infinito di settimane, sempre virgola (o punto) "per dire".

In un thread della stanzetta dei bottoni lo scemo che dice la sua opinioncina sperando di renderla oggettiva con un "Punto." finale. La settimana dopo la ripete paro paro, sempre convinto di avere in pugno l'argomento definitivo.

Villa Manin è perennemente occupata da Patti Smith eppure a Codroipo non si registrano suicidi di massa.

Io sono condannato a indicizzare un libro senza senso imbattendomi sistematicamente in "Battistrada, Lucio 52, 60, 292, 316".

Matteo Renzi è un giovane Presidente del Consiglio per l'eternità, "piaccia o non piaccia". Mattarella Presidente della Repubblica per sempre, "poteva andare peggio". Maria Elena Boschi è "comunque bombabilissima" assolutamente. La disoccupazione crolla a picco grazie al Jobs Act o sale smentendo tutte le aspettative, tanto è uguale. Matteo Salvini usa in modo osceno, irrilevante, scorretto, pericolosissimo, monotono e scandaloso la parola "zingari" come già faceva sua nonna tutti i giorni tranne "martedì".

La cucina di Lucah è finita, ora ha addirittura un forno nuovo di zecca. Pochi minuti dopo, Lucah è costretto a mangiare dalla suocera pesce finto, riso in bianco e una mela perché nella casa nuova non c'è neppure l'elettricità, la allacciano domani prima di iniziare i lavori.

È curioso il fatto che una settimana rotatoria funzioni particolarmente bene con il Lucah quotidiano: lavoretti domestici, ristorantini, ricettine.

"Qualunque sia la settimana che passeremo insieme, sarà piacevole soltanto se non ci sentiremo costretti a occupare bene il nostro tempo." Quindi Lucah funziona meglio di altri, perché la sua avventura è costituita da microperipezie (acquisto del frigo, trattamento del parquet, verniciatura del soffitto) comuni e irrilevanti, almeno per uno spettatore esterno: non è comunque casa sua e sono eventi di importanza nettamente minore rispetto a, mettiamo, il settimanale massacro in Kenya (147 morti). Eppure, con il passare degli anni, la ripetizione produce un'entropia in cui tutto si ritrova alla medesima temperatura media, sia i traumi sia le inezie, a ovvio beneficio delle seconde. E mentre ci si abitua a quel "genocidio di palestinesi" sistematicamente annunciato in Siria che non si produce mai, nei secoli suscitano un torpido divertimento i piccoli progressi descritti dal nostro, divertimento associato al leggero disagio di vedere sistematicamente e incomprensibilmente tracollare quella narrazione simbolo dell'ascesa borghese, come in un pauperistico e ridicolo mito di Sisifo.

Poi ci sono dei punti di riferimento zen: colti in stato di atarassia dalla casuale "istantanea ebdomadaria", garantiscono un'immobile continuità. Quello che sta solo "leggendo Bagnai": tutti i giorni. Quello che retwitta phastidio e basta: tutti i giorni. Una non fa altro che strapparsi i capelli e piangere per la "chiusura di ff", un posto "molto molto" importante per lei che sta malissimo anche perché oggi ha "mal di testa". Solo che "oggi" è: tutti i giorni. Un'altra scrive solo post in cui strilla e inveisce contro "i grillini" e "gli sciichimisti", scrive "gombloddo" e "ka$ta" e nessuno le risponde, forse sta rivolgendosi a un campione di umanità non rappresentato nell'isola e di cui secoli dopo si son perse le tracce. A quel campione sembra comunque rivolgersi, tutti i giorni, una delle tante emanazioni di quelle certezze monolitiche, inossidabili, letteralmente "assolute". Da secoli gli osservatori chiamano questi strani esemplari: gli dei.

Una con un nome chiaramente falso scrive "ciao sono nuova qui che si dice?". Tre giorni dopo viene riportata una frase della stessa persona, da facebook: "La chiusura di Friendfeed mi ha fatto scoprire che un discreto numero di persone non accetta ancora l'imposizione nome/cognome di Facebook, complimenti compagni, ci sono battaglie degne di essere combattute." La continuità lascia interdetti gli studiosi. Nel 3721 si ripristina l'ordine corretto: prima il post proveniente da fb, poi l'allegra comparsa su ff. L'incartamento viene fatto slittare dal reparto metafisica a quello psichiatrico, dove sembra essersi arenato da tre secoli.

Una povera schiantata dall'italiano stentato, tale "Marilia Bubic", riceve vari commenti tanto salaci quanto inconsistenti: infatti continua a "zercare marito" sperando di ammaliare il malcapitato passante offrendogli santini di Gromyko.

Si rintracciano lacerti di una religione poco decifrabile, una religione al negativo, costruita intorno a un'immagine del Male, chiamata "marcoscud", e che (forse seguendo la particolarissima logica di un Tertulliano) non necessita di alcuna giustificazione. "marcoscud" per alcuni sembra essere il Satana indiscusso di questo universo settimanale.

martedì 31 marzo 2015

Rampini nel vuoto

Nella notte del 30 marzo 2015, durante la trasmissione "Piazza Pulita" condotta da Corrado Formigli si poteva ascoltare l'intervento di tale Severgnini, non ricordiamo su quale tema comunque di scarso interesse per gli studiosi.

 

 Pronta la risposta di Federico Rampini, all'epoca editorialista del defunto quotidiano "la Repubblica", in collegamento satellitare da New York.
Questa è una provocazione sul futuro diciamo digitale. Severgnini ha detto una cosa interessante – sì – citando crozza [impossibile ritrovare oggi il significato del lemma "crozza"], cioè, la tachipirina, no? Be', guardate che in America già adesso il primo medico di famiglia è diventato google. Nel senso che l'americano medio quando ha dei sintomi influenzali prima di tutto va sul motore di ricerca google consulta l'enciclopedie mediche e si fa l'autodiagnosi poi semmai va dallo specialista. Ora questo non è attenzione a… a non essere a non demonizzare queste innovazioni perché attraverso eh… il motore di ricerca attraverso l'accesso al sapere che ci offre internet si sono anche evitati molti errori medici. Perché…
Intervento di C. Formigli: "Allora fermiamoci qui."
F. Rampini e C. Formigli [in coro] : "… la classe medica a volte sbaglia. / Fermiamoci qui Rampini."

Pochi anni dopo, ritroviamo F. Rampini nella struttura fortificata di Edonia, ricostruita in seguito alla sanguinosa guerra civile. Rampini sta perorando, in uno spazio circolare, in gilé rosso e mutandoni ascellari. Quegli unici indumenti nonché il corpo sono ricoperti di chiazze marroni, verdastre, o di transopaco unto. Si rivolge a una platea che solo lui conosce, ripetendo gli argomenti ascoltati in quella notte dell'inizio primavera 2015: il futuro diciamo digitale, "crozza", l'enciclopedie, ecc. Gli studiosi sembrano concordi nel rimandare l'intera (auto?)rappresentazione nonché il turbinare caotico di parole e sintagmi alla "libertà d'espressione", valore abbastanza riconosciuto negli anni che precedettero il cataclisma mondiale, di cui la guerra civile in Edonia fu solo una delle periferiche e trascurabili propaggini. Molti hanno notato la strana distorsione sonora, in cui le parole di Rampini si trovano ripetute, non tanto in "loop" ma con un effetto eco: "provocazione… cazione… azione…; autodiagnosi… diagnosi… gnosi…; americano medio… nomedio… dio…".
Improvvisamente la macchina da presa, con un repentino zoom verticale all'indietro, abbandona Rampini al suo appassionato intervento rivelando più precisamente lo spazio: un gigantesco tubo di lamiera qua e là arrugginito e trasudante umidità, di diametro congruo ma non ragguardevole, culminante in una ringhiera. Attorno a quella ringhiera: i mostri.
 Non sono mostri. Sono esseri umani. Gli ultimi esemplari? Mai dire mai, la nostra, dobbiamo prenderne atto, è una lotta che durerà secoli. Seminudi, scheletrici, inzaccherati di ogni possibile lordura, si aggirano intorno al tubo-baratro e ridono orrendamente, piangono, si strappano i capelli. Primi piani fulminei, quasi subliminali: quella bocca parzialmente sdentata e i denti rimasti accusano carie devastanti eppure quella bocca è ilare, quei piedi dai quali scoppiano vesciche con effetti sonori mai registrati dagli archivi di missaggio, una mano che strizza freneticamente e senza costrutto un'appendice floscia e sgocciolante (ma di cosa?) tra due cosce assurdamente adipose e forse purulente. Molti si sporgono verso il fondo, verso l'origine di quell'oscuro richiamo: non demonizzare… monizzare… are… Alcuni di essi sporgono l'ano cosparso di emorroidi e spruzzano misere gocce di feci verso la latrina gigantesca al centro della quale si staglia l'oratore Rampini (così si spiegano le sue molte chiazze?). Non intenzionalmente, si badi (è importante): il loro corpo rachitico è continuamente scosso da convulsi accessi di tosse, dilatando lo sfintere e provocando l'involontaria espulsione.
Ma costoro stanno realmente guardando in fondo a quel fosso? Stanno ascoltando? È ancora possibile garantire un'intenzionalità in questa sarabanda di cui gli odierni ricercatori rintracciano echi iconografici di Dürer, di Charcot, di Tod Browning, di Lovecraft e del film "Alien 3" (secondo l'audace interpretazione di HGVG XII tutti gli esseri viventi della struttura edoniana sarebbero cloni di "Danny Webb")? E ancora: questo ennesimo, fastidioso ma comunque in medio termine condannato bubbone di umanità provvede al proprio sostentamento? E come? Forse ricorrendo al cannibalismo? Oppure dobbiamo prendere in considerazione l'assurda eresia di JHGYE XYV, che dietro Rampini si illude di intravedere un rettangolo di luce, a livello del suolo, dal quale – ma è solo un'illazione pseudoaccademica – verrebbe passato "del cibo" non meglio determinato, in modo tale da assicurare la preservazione del "corpo Rampini" e quindi del valore "libertà di pensiero"? Abbiamo seri motivi di dubitarne.

mercoledì 4 marzo 2015

Su "Birdman"

I bambini ci guardano; e noi esegeti, noi camarlinghi dell’estetica cinematografica,
maneggiamo camorri verbali come valido e messaggio; estendiamo, fino a non capirci più nulla,
i participiali vibrante e allucinante (rampini nel vuoto), e alimentiamo il debole pensiero con troppo comode atmosfere e suggestioni.
Leo Pestelli, Parlare italiano, Longanesi & C., Milano 1967, p. 44.
 
Non è tanto che scoprano solo ora il piano sequenza. È che scoprendolo male, senza porsi il problema di sapere cosa sia, le questioni che implica, quando è nato, come si è sviluppato e infine come è morto ECCO il punto è che lo scoprono da morto. Ricordo mesi fa una conversazione in un social network, qualcuno sosteneva che un virtuoso e lungo movimento di macchina girato al computer in non so quale produzione Marvel non fosse neppure lontanamente paragonabile, mettiamo, all'inizio de L'infernale Quinlan. E non lo è, si badi, a monte ma anche a valle (e a valle i commentatori digrignavano, lanciando "rampini nel vuoto"). Portando all'estremo quel discorso, direi che ormai il pianosequenza è un espediente kitsch, da sbruffoni maleducati, e probabilmente persino un De Palma oggi lo userebbe solo in quel senso (ma in realtà credo che lo abbia sempre fatto). Ma come, nel 2015 giri due ore e mezza senza mai tagliare e te ne vanti pure? Forse i piani sequenza che salvo sono ormai solo quelli "fantasticati in diretta" e che "in realtà" comportano un numero notevole di stacchi.




P.S.: La prima immagine della sequenza (inizia prima, ed è proprio l'inizio la parte più bella, ma purtroppo in rete non si trova intera) è un omaggio all'ultima scena di Barry Lyndon. Pochi giorni fa mi son reso conto che probabilmente in tutta l'opera di Kubrick non si trova un solo piano sequenza. Forse non era nel suo character.

giovedì 15 gennaio 2015

Same player shoots again?

"La laïcité point final."
Punto e basta. End of story.
C'est du jamais vu/C'est du déjà-vu. Un hebdomadaire (sept jours de réflexion, ça itch rien du tout?) qui se présente comme la résistance suprême aux pouvoirs, aux violences, aux pensées uniques et qui adopte la phraséologie de Tony Soprano et des polémistes les plus démunis des réseaux sociaux. Le tout pour ne rien ébrécher d'une "valeur" dont la solidité ne devrait plus être prouvée, et donc prête à affronter toute discussion avec une cargaison d'arguments relevants d'une sprezzatura universelle. Non, la laïcité-point-final est "intouchable", comme la mère de Bardamu et les vierges qui nous attendent dans l'au-delà.
C'est dément.


domenica 11 gennaio 2015

Fly me

– What in fact has been created? An international community. A perfect blueprint for world order. When the sides facing each other suddenly realize that they're looking into a mirror, they'll see that this is the pattern for the future.
– The whole world as the Village?


– That is my dream. What's yours?

mercoledì 7 gennaio 2015

Come se

Stavolta, invece di ipnotizzarvi come al solito sul momento della sigaretta o su quello della caffettiera bollente, guardate piuttosto come pazzi il modo in cui Fritz Lang inquadra durante i cinquanta secondi che precedono l’esplosione dell’automobile, la scena in cui Glenn Ford e sua moglie dicono buonanotte alla figlia, quella piccola correzione d’inquadratura, sembra che serva ad avvicinarsi a Glenn Ford, non sappiamo che serve ad avvicinarsi alla finestra oscura, è come se Lang ci dicesse che avremmo potuto prevedere, ma che non prevediamo mai. È terribile.
Jean-Patrick Manchette a proposito del Grande caldo (Fritz Lang, 1953), "Charlie Hebdo", n° 483, 13 febbraio 1980.

domenica 4 gennaio 2015

L'ultimo gioco in città

I – THE WIND DOESN'T BLOW

Chi non muore si rivede, come dice un vecchio proverbio haitiano. Tra i motivi dell'interruzione del quiz più in-famous della storia, la legge secondo la quale nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto è googlabile. Immagini e suoni vengono analizzati e subito riconosciuti dalla rete: imitati, duplicati e replicati in varie forme, assimilabili a nuove immagini, a nuovi suoni, della stessa opera. È il trionfo dell'altro e dello stesso. All'ossessione comune di una Deneuve moltiplicata sulla catena di montaggio di pacchetti di sigarette non resta che rispondere con il sublime feticismo di questi assurdi occhiali infiocchettati di rosa confetto. Una cozza, su questo non discuto, ma almeno unica, in un film senza donna. Se riconosci dove appare, ella sarà tua.
Aggiornamento 05/01/2015. Ice walk with me.
Aggiornamento 06/01/2015. Barbed wire and women are the two greatest civilising agents in the world!
Aggiornamento 06/01/2015. Let's have a game, a little lovely game of Roman ping pong – like two civilized senators. Roman ping… You're supposed to say roman pong.

https://picasaweb.google.com/lh/photo/141FMPfHHIrNYMUfxNhNuRThw7QbEpop4Blw07ajo60?feat=directlink



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martedì 26 agosto 2014

It's not personal. It's strictly business

Copincollo qui rielaborandole appena alcune mie riflessioni circa il video di James Foley, scritte a caldo nelle ore che sono seguite alla sua diffusione (tranne l'ultimo punto preceduto da asterischi, di oggi) in una conversazione a più voci che si può leggere interamente qui. Ho rivisto il video varie volte e ho cambiato idea varie volte, fino al punto in cui naturalmente non si hanno più idee. Prendi questo post come una sorta di storify.
Una sola considerazione preliminare: nei minuti successivi alla notizia si è immediatamente attivata in rete la gara allo statement "io non lo guarderò". Un amico retwittava alcune di queste dichiarazioni di fede nolente. Gli scrissi per due volte consecutive, con un'insistenza singolare per le nostre modalità di scambio, dicendogli che il video, stavolta, ci toccava vederlo. Capivo e condividevo la sua rabbia, ma sentivo anche che qualcosa non andava. L'indomani hanno iniziato a manifestare il medesimo atteggiamento giornalisti e opinionisti della comunicazione mainstream. Poi sono arrivati gli editoriali. L'informazione italiana, insomma, ci teneva a comunicare a tutti che non avrebbe studiato la fonte, non avrebbe visto il video (alcuni si son spinti iperbolicamente ad affermare che rifiutavano persino di guardare un solo frame), non avrebbe analizzato nulla, e quindi informava i lettori che si considerava libera dal dovere di fornire qualsivoglia informazione che non riguardasse se stessa e i propri "stati d'animo". Questa giunzione tra rete e mezzi di comunicazione, tra l'io del social network e quello della carta stampata, mi sembra chiudere in bellezza l'estate.

Gli snuff movie, nel nostro immaginario (ché nessuno li ha mai visti) puntano sulla continuità temporale, sul dettaglio cruento in bella mostra, su ciò che viene rappresentato e non sul modo in cui viene rappresentato. Puntare sul modo crea una distanza: perché volerla creare, qui? Non ci dovrebbe essere un alternarsi tra immagini iniziali graffiate "alla Grindhouse" (il discorso di Obama), come se appartenessero a un passato remoto, e immagini iperrealiste e patinatissime. In parole povere, uno snuff movie non è girato da De Palma. Questo video, invece, sembra girato da De Palma.

Se non guardi il video, inorridisci; ma se lo guardi, tutto è congegnato in modo da farti interrogare sulla sua fabbricazione.

L'interpretazione di "Le Monde" sarebbe che si è scelta una forma in qualche modo "soft" per non dissuadere eventuali nuove reclute. Di mio aggiungo la possibilità che le nuove tecnologie permettano ormai di ottenere in modo facile e rapido una qualità standard, che proprio in quanto tale si trova sganciata da qualsiasi intenzionalità: una forma insignificante, insomma (scienza senza coscienza ecc.). La maggior parte dei film oggi è così. Un tempo una carrellata poteva essere "oscena", "morale", ecc. Oggi la stragrande maggioranza di esse non è nulla. Ambedue le interpretazioni non spiegano però tutte le stranezze del video. Le stranezze restanti potrebbero essere spiegate da una soluzione agghiacciante, modello "fucilazione di Mario Cavaradossi".

Ripeto, il modello potrebbe essere il filmato vero/finto finto/vero di De Palma, più che le serie tv. In soldoni: gli aguzzini chiedono alla vittima di pronunciare un testo/testamento distintamente, dopodiché lo decapiteranno per finta. E così avviene (la lama che non convince, l'assenza di sangue). Quindi lo decapitano davvero. Moglie piena e botte ubriaca: l'attore ha recitato bene, ora possiamo sbarazzarcene.

La fattura curatissima, ripeto, potrebbe essere legata alle esigenze descritte da "Le Monde", oppure essere frutto di una qualità indifferente, celibe. O un mix delle due cose. (O altro, certo: l'unica cosa sicura è che quella fattura è indiscutibile.)

Ho appena rivisto il video e non credo più all'ipotesi "macchina celibe". È costruito troppo bene, l'intenzionalità è evidente e solida. Colpisce, tra l'altro, l'uso perfettamente calibrato di tre registri d'immagini successivi. Prima la dichiarazione ufficiale di Obama, graffiata artificialmente come se fosse una vecchia vhs, reperto del passato ritrovato dagli alieni: i sogni telepatici inviati dall'avvenire in Prince of Darkness, le immagini mentali di Fino alla fine del mondo. Quindi gli infrarossi delle operazioni militari segrete, anch'esse con il loro retaggio storico e televisivo (ma anch'esse sembrano sfruttate con la consapevolezza delle successive destrutturazioni, compiute appunto da un De Palma e da altri). Infine la verità: spogliata di ogni orpello, "nuda": un mare di sabbia con due uomini al centro, sotto una luce metafisica, iperrealista. Gus Van Sant, mettiamo. I tre registri sono convenzionali, ovviamente, ma in qualche modo ancora efficaci. Ma perché siano efficaci, chi ha costruito il video deve sapere che sono convenzionali (come dire: deve sapere, ad esempio, che il "registro della verità" non è "la verità").

Quel che si ricerca, forse, è appunto l'immagine-archetipo, mentale, diciamo junghiana (se preferite: kubrickiana; Shining è il miglior film della storia sui fantasmi perché è girato da uno che ai fantasmi non crede affatto). Un artefatto assoluto, insomma: quindi fuori dallo spazio e dal tempo. Non colpisce nessuno e colpisce tutti. Tra pochi anni nessuno ricorderà il video di Pearl. Questo is here to stay, come il rock and roll versione horror dell'autoradio di Christine. Produce stupore, paura e recondita ammirazione. Una tragedia greca di due minuti, insomma. Le leggiamo ancora.

Penso che sia un prodotto occidentale, o che comunque attinga a piene mani al linguaggio cinematografico occidentale. È una "nostra" produzione. Il che non significa che non sia roba "loro". Noi, loro. Il problema (che il video curiosamente conferma) è che dei protagonisti del filmato (quel nero che parla da solo all'inizio, quel giornalista di cui si eran perse le tracce da due anni, il tizio incappucciato), per non parlare dei loro rapporti, conflitti, ecc., noi non sappiamo assolutamente nulla. È appunto un assoluto minimale.

C'è un'idea universale, assoluta. Non so neppure se sia un'idea dell'Islam. Io ci vedo l'Idea e basta. L'archetipo. Si può anche chiamarlo Vuoto, o Nulla, se si preferisce.

In questo senso, i due discorsi, quello di Obama e quello del condannato (peraltro il secondo è espresso in un inglese impeccabile, scritto e limato, con tutti gli effetti al posto giusto: si percepiscono tutti i nessi logici, si vedono i punti e virgola), ignorando tutto quello che ho scritto tra parentesi potrebbero essere sostituiti dalla lettura dell'elenco telefonico. Mi chiedo se l'effetto principale cambierebbe.

 ***

Ieri sera per una serie di cortocircuiti ho avuto per la prima volta il sospetto di un'altra stranezza, circa quel video. Vado subito al dunque: l'idea è la scarsa presenza di un messaggio religioso o pseudoreligioso che dir si voglia. A verifica compiuta, l'impressione è confermata ma resta tale o è comunque difficilmente argomentabile a parole. Nelle didascalie (sfondo nero iniziale, sottotitolo dell'immagine del bombardamento), il termine "Islamic State" appare 2 volte, "Muslims" 1 volta. Nel discorso di Foley non è rintracciabile alcun termine appartenente al registro religioso. (In alto a sinistra compare un piccolo logo, con una sorta di moschea sovrastata dall'inevitabile mezzaluna; il logo è spesso coperto da una bandiera svolazzante: è piccolo, ripeto, per posizione e dimensioni non deve distrarre l'attenzione dello spettatore; deve, sostanzialmente, passare inosservato.) Quando parla il terrorista incappucciato, abbiamo: "Islamic State" (2 volte), "Islamic Caliphate" (2 volte); "Islamic Army" (1 volta), "Muslims" (3 volte). Tutte queste occorrenze sono meri dati di fatto, non dichiarazioni di fede (dice "Islamic State" perché è un dato di fatto, così come immagino che sia un dato di fatto che le vittime dei bombardamenti USA fossero musulmane; o se si vuole esser più severi, siamo di fronte a una fraseologia di tipo performativo: nel momento in cui io pronuncio "Islamic State", lo Stato Islamico nasce ed è). Mai la parola "cristiani", mai "miscredenti", "infedeli", "guerra santa", "jihad", eccetera. In compenso, l'oscura e pesantissima accusa fatta agli USA di essere andati "far out of your way to find reasons to interfere with our affairs", laddove l'espressione volutamente ambigua "our affairs" sposa (e quindi condivide) un immaginario tipicamente occidentale, più precisamente americano o di stampo mafioso. Una dichiarazione politica scritta da Michael Corleone, per intenderci: e infatti anche lì la religione era usata sfacciatamente come copertura. 
(Non dimentichiamo che per l'americano medio la saga del Padrino è un po' la sua Iliade: e che se inizialmente la famiglia Corleone doveva raccontare metaforicamente, attraversandolo, il ventesimo secolo degli Stati Uniti, Coppola piegò il progetto fino a farlo diventare anche, com'era naturale che fosse, la storia di Hollywood.)

domenica 13 luglio 2014

This Land is My Lai

Warehousing is worse than apartheid. It does not even pretend to find a political framework for “separate development,” it simply jails the oppressed and robs them of all their collective and individual rights. It is the ultimate form of oppression before actual genocide, and in that it robs a people of its identity, its land, its culture and the ability to reproduce itself, it is a form of cultural genocide that can lead to worse.
Jeff Halper, Israel's message to the Palestinians: Submit, leave or die, "Mondoweiss", 11 luglio 2014.

1979 aura été une année cinématographique assez piteuse. Nous en retiendrons quelques films, probablement pas assez pour en faire une liste des top ten comme dans ma première jeunesse.
D'abord (chronologiquement), le Voyage au bout de l'enfer de Cimino, souvent très satisfaisant plastiquement, et qui traitait de questions de la première importance: Pourquoi les ouvriers acceptent-ils d'aller à la guerre? Et qu'est-ce que ça leur fait? En face de ces questions, l'agacement de quelques spectateurs de gauche, qui se plaignaient que Cimino eût caricaturé les militaires de l'autre bord, est ridicule.
Avec tous ses fastes technologiques, pécuniers et saignants, c'est Apocalypse Now qui est un supplément à ce Voyage, et non l'inverse, parce que Cimino pose les questions centrales, quand Coppola disserte (sur l'instinct de mort d'une société, d'un mode de production, et finalement de l'espèce) sans poser de questions.
Jean-Patrick Manchette, “Charlie Hebdo”, n° 475, 19 dicembre 1979 (ora in Les Yeux de la momie, Paris 1997, p. 125).