lunedì 9 febbraio 2009

Un minuto di cinema puro

— C’è un odore che conosco bene, quello della passione e della paura.
— Che ne sai?
— Sono cresciuto in un paese cattolico.
Il cileno Juan (Daniel Smith) e il tedesco Hermann (Henry Arnold) nella serie televisiva Heimat 2 — Cronaca di una giovinezza in 13 film (Edgar Reitz, 1993; Secondo episodio: “Due occhi da straniero — Juan, 1960/61”).

Mi raccontava che quando arrivò a Roma dal profondo Sud, la prima cosa che voleva vedere era quel grande magazzino di cui giù al paese si parlava con stupefatta reverenza. Ma avendo ricevuto una buona educazione e non volendo essere riconosciuto come terrone, quando chiedeva informazioni badava bene a usare il determinativo "il" al posto del meridionale "u".
"Scusi, dov'è il Pim?"
Non m'intendo di moda, ma mi piace pensare che il maglione indossato dall'uomo che sento, anzi guardo, parlare sullo schermo del mio computer sia stato acquistato da Upim.
Dice poche parole, e non sai bene se è per nausea e malavoglia. O perché ormai gli sono rimaste poche certezze, pochi principi (e nessun valore, altrimenti il golfino lo comprerebbe altrove): per articolarle un minuto basta e avanza. Dice poche parole, e magari non sono neppure le parole giuste. Ma al cinema le parole spesso non importano, e i film ricchi di battute pungenti e memorabili sono raramente i migliori.
Dice poche parole, e guardando fisso in campo. Ha occhi allampanati, e impenetrabili. Puoi leggerci quello che vuoi, in quegli occhi. Una severa fermezza. Una sorda resistenza. Una rabbia contratta. Un furore civile. Forse un po' di tutto questo. Per esserne sicuri, bisognerebbe capire chi o cosa sta guardando, così intensamente, quest'uomo. Un minuto e diciannove secondi: e non batte mai le ciglia. Nell'iperuranio, esisterà un'idea della secchezza. Appena prima delle tre parole conclusive, sei secondi di silenzio. Hai l'impressione che non riaprirà più bocca per l'eternità.
Secondo me non sta guardando la macchina da presa, e neppure, per usare un altro termine astratto, lo spettatore. Secondo me sta guardando "una cosa mostruosa e libera". O un cuore di tenebra, se preferisci.
Dice poche parole, ma non sono tanto le parole che contano. Un minuto di cinema puro: anche se parlasse in sargoto trasmagnano, ne capiresti pur sempre il senso. È tutto in quegli occhi, in quel maglione, e nel timbro della voce: in una parola, nello stile.
Una lezione di eleganza. Scusi, dov'è il Pim? Qui.


27 commenti:

Anonimo ha detto...

[…]
Quasi emblema, ormai, l’urlo della Magnani,
sotto le ciocche disordinatamente assolute,
risuona nelle disperate panoramiche,
e nelle sue occhiate vive e mute
si addensa il senso della tragedia.
E’ lì che si dissolve e si mutila
il presente, e assorda il canto degli aedi.

Pier Paolo Pasolini, da "La religione del mio tempo", Garzanti 1961.

Bianca

Stenelo ha detto...

Già pubblicato il 3 luglio 2006, punto e virgola, parentesi chiusa.

Anonimo ha detto...

Non mi stupisce, ma dove? Non nei "Tagli", e neppure a casa dei godardi, dove a quella data nessuno sembra aver lasciato traccia di sè. Dove, allora, in quale puerto escondido si erano andati a ficcare i poeti italiani durante quell'infinitamente lontana estate?
Bianca

Stenelo ha detto...

La prima che hai detto.

arcomanno ha detto...

Io purtroppo ci vedo la nausea e tanta, tanta stanchezza. Come biasimarlo, del resto? Nessuno saprebbe o potrebbe fare meglio, oggi.

Stenelo ha detto...

Ci stanno anche quelle, ma non solo, perché altrimenti se ne starebbe zitto. Che sarebbe una scelta indubbiamente nobile. Basta sapere che se non parli tu, lo fanno loro.

Anonimo ha detto...

Nelle parole e nel suo sguardo anche il più lancinante Lorca:
"Aunque sepa los caminos
yo nunca llegaré a Córdoba".

Bianca

arcomanno ha detto...

Hai ragione, c'è qualcos'altro ma io non vedo le luci in questi giorni.
Sai che? Mi piaci in questa tua nuova veste "ottimismo della volontà". Ogni tanto ci vuole. Sarà il maglioncino della Upim?

*il captcha è "mordesi". Ma in che senso?

Stenelo ha detto...

E te ce credo: una volta che hai visto l'Alcazar e la Mezquita (che però è proprio da sturbo, Calderoli dovrebbe farci una capatina), è un villaggio di puffi e si mangia da schifo. Meglio riprendere il treno per Siviglia, dove fanno tapas che ti raccomando.
P.S.: Comunque Lorca quel distico lo ha fregato a Warren Oates: "I've been no place I wanna go back to, that's for damn sure". (In questo capolavoro.)

Anonimo ha detto...

Certamente, così come Sam Peckinpah
ha copiato da "La testa perduta di Damasceno Monteiro" di Tabucchi, nella macchina del tempo di Paperino.
Bianca

Stenelo ha detto...

U Pim, Arco, U Pim, che te lo dico a fare.
"Mordesi" nel senso della lingua. Che quando stavo al liceo era l'unica cosa che disegnavo, compulsivamente (e malissimo, non son mica un pipistrello): il volto di un uomo, di profilo, a bocca aperta, denti aguzzi, tira fuori la propria lingua e se la stacca con un mozzico.
Ma se preferisci mordesi anche altro, ne "L'ultima casa sulla sinistra" di Craven, che però vidi molto prima, da bambino, al mare con mio nonno.

Bianca, il tempo non esiste, o se proprio vogliamo crederci, allora diciamo che Lorca era un precursore di Oates, mentre Pippo Pluto e Paperino si ritrovano a Berlino (ma anche a Pechino, ma anche a Portofino), mica a Cordova.

Anonimo ha detto...

Già, il tempo non esiste da un sacco di tempo. Almeno da quando in Italia non esiste più la sinistra.
Bianca

p.s.:
Che blog istruttivo, captcho! Anche questa settimana ho imparato una parolina nuova.

Stenelo ha detto...

E quale sarebbe la parolina nuova, stavolta? almareconmiononno?

Anonimo ha detto...

Come hai fatto indovinare? Non sarai mica un pipistrello?... Comunque sì, e mi piace.
Se fosse un film come la intitoleresti?
A me viene in mente "Chiedo asilo" di Marco Ferreri, che non ricordo mica perchè mi piacque così tanto e chissà se sarebbe lo stesso, rivedendolo oggi. Ma forse era quel mare alla fine del film... A pensarci, il mare alla fine dei film mi piace sempre. Ci sono un mare di film con il mare alla fine... Quanti film finiscono così tu lo sai? E a partire da quale? Quando ce lo regali un post dedicato al mare alla fine dei film?

Bianca

Stenelo ha detto...

Pensando a "L'ultima casa sulla sinistra", lo so io come lo intitolerei, ma mi astengo.
Invece, miii. Non ci avevo mai pensato ai film col mare alla fine. Ce ne sono un botto: letteralmente un botto. Se poi aggiungi quelli col finale che in realtà è una coda e il finale vero è la scena prima, tipo "Lebowski", allora facciamo due botti. Quale sarà stato il primo, lì per lì non saprei, anche perché ogni volta che ho scritto o pensato "quello è un film in cui per la prima volta...", sempre, a volte appena una settimana dopo, ho scoperto che c'era almeno un precedente. Posso solo dirti l'ultimo che ho visto, e infatti sono appena tornato dalla proiezione: è la seconda parte del "Che" di Soderbergh, che per fortuna è uno dei migliori film di SOderbergh, e purtroppo è un film di Soderbergh. Comunque alla fine si vede il Che giovane sulla nave che lo porta a Cuba, mentre guarda Fidel come un artista sotto la tenda del circo, solo che non sono sotto un tendone, sono sul mare.

Anonimo ha detto...

Eppure proprio l'ultima volta hai intitolato "La prima volta", ricordi? E ci siamo trovati di fronte a ben due prime volte!
Comunque sia, grazie di quel doppio sguardo portato dal tuo ultimo cinema.
Blanca

Anonimo ha detto...

Vicino al mare più azzurro?
anonimo

Stenelo ha detto...

Un commentatore che cita questa rarissima perla di Boris Barnet meriterebbe di uscire dall'anonimato.
Ricordo che lo vidi all'Università, quasi vent'anni fa. E se non sbaglio, Godard ne mostra una brevissima immagine nelle "Histoire(s) du cinéma": lei che si strappa e getta a terra una collana: di perle, appunto.
Non ricordo neppure se finisca con l'immagine del mare, ma il film è del '36, quindi escludo sia il primo, ci saranno almeno centinaia di precedenti (senza esagerare: negli anni Venti e prima del sonoro, in termini quantitativi la produzione di film solo in USA ed Europa fa venire il capogiro).

Anonimo ha detto...

Io di tutto quel capogiro non conosco che una lieve vertigine. Infatti non accampavo alcuna pretesa di dare la Risposta; più banalmente è l'unico Barnet che abbia mai visto (su suggerimento) -e neanche tanto tempo fa. Il film si conclude coi due naufraghi che riprendono la via del mare per tornare a casa, appena ricevuta la cocente delusione d'amore.
Hana Bi si conclude (amaramente-placidamente?) in spiaggia.
a-non-imo (non imo ma quasi, afasol)

Stenelo ha detto...

Anche io, come sai la maggior parte di quei film sta a marcire in solai e cantine di campagna o nei manicomi e a meno di essere esperti in cinema delle origini (ce ne sono, ne conosco), i tipicomenoi ne vedono uno ogni morte di papa. Resta che in Italia ad aver visto quel Barnet saranno in cento. Io ho visto anche quest'altro (in francese si chiama "La jeune fille au carton à chapeau", in Italia sospetto che non sia mai stato distribuito in alcun modo), ma ricordo solo di averlo visto, appunto, e improvvisamente mi chiedo se non è da lì che Godard ha estratto l'immagine delle perle che rotolano a terra.
Quanto al mare, non si finirebbe più di finirci dentro. Solo per il gusto di rilanciare pigramente, potrei dire questo. Ma in questo caso, la fine era anche una promessa di nuove onde.

Anonimo ha detto...

Fiori di fuoco, che fuor di metafora significa "fuochi d'artificio" è un altro bel tema. Magari anche questi sul mare, seppur appena intravisto, come ad esempio in un bel film di Brian De Palma che non indovinammo, quella volta che Alt diede il la, e neanche un'ombra dil sol.
Bianca

Stenelo ha detto...

De Palma cammina quasi sempre sulle orme del maestro.

Anonimo ha detto...

Fantastico, è come dici, come sempre. Con la debita differenza semantica: l'esplosione di luci nel cielo di Hitch sembra quasi rinviare alla "piccola morte", mentre in Blow Out coincide con la morte tout court: vedi al tempo 6:45 del tuo stentube [ma come fate a mettere i link?] la struggente sequenza, girata dal basso verso l'alto, in cui J. Travolta prende in braccio la ragazza uccisa.
Bianca

Stenelo ha detto...

Sapevo che avresti notato la differenza semantica, ma stavolta mi ero pigramente preparato. Credo che sia nell'Hitchcock/Truffaut (l'unico libro di cinema che secondo me merita davvero di esser letto da tutti, anche da quelli che giustamente del cinema se ne fregano), che il gigante (o forse è Truffe, e Hitch conferma, l'ho cercato appunto appunto pigramente su Google, che spesso 'ndo' coje coje): "Je filme les scènes de meurtres comme des scènes d'amour, et les scènes d'amour comme des scènes de meurtre". Quindi De Palma esegue, a suo modo perverso (ma mai, mai quanto era e sarebbe stato Hitch, se avesse potuto vivere 150 anni, questo io lo so e lo sa anche Dio).
I link non posso spiegarteli, perché appunto blogspot interpreta il codice come link, e insomma è un circolo vizioso.

Anonimo ha detto...

Todo es muy claro, Alt, tranne Dio, che non c'è...
Bianca

Anonimo ha detto...

p.s.:
Comunque sia, e anche se giustamente a nessuno gliene importa niente, a me quella scena di Blow Out mi commuove. b.

Stenelo ha detto...

Secondo me è il più bel film di De Palma.